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    COME SI DICE SPARARE AI MANIFESTANTI IN KAZAKO? “RISTABILIRE L’ORDINE” - IL PRESIDENTE KASSYM-JOMART TOKAYEV ANNUNCIA DI AVER RIPRISTINATO LA CALMA E “L’ORDINE COSTITUZIONALE” DOPO GIORNI DI DISORDINI E 26 “CRIMINALI” AMMAZZATI NEGLI SCONTRI. E MOSCA ESULTA: PUTIN SOGNA IL RITORNO ALL’OVILE DELLA EX REPUBBLICA SOVIETICA. ECCO PERCHÉ HA INVIATO SOLDATI RUSSI A SEDARE LE RIVOLTE… - VIDEO


     
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    QASYM-JOMART TOKAYEV QASYM-JOMART TOKAYEV

    1 - KAZAKHSTAN: PRESIDENTE TOKAYEV, ORDINE È STATO RISTABILITO

    (ANSA-AFP) - Il presidente del Kazakhstan, Kassym-Jomart Tokayev, ha dichiarato oggi che l'ordine è stato per lo più ristabilito nel Paese, dopo giorni di disordini senza precedenti.

     

    "Le forze dell'ordine stanno lavorando duramente. L'ordine costituzionale è stato per lo più ripristinato in tutte le regioni", ha detto Tokayev in un comunicato aggiungendo che le operazioni di sicurezza continueranno "fino alla distruzione totale dei militanti".

     

    2 - KAZAKHSTAN: UCCISI '26 CRIMINALI ARMATI' NEGLI SCONTRI

    statua di nazarbayev abbattuta statua di nazarbayev abbattuta

    (ANSA-AFP) - Il ministero kazako degli Interni ha comunicato oggi c he "26 criminali" sono stati uccisi e 18 feriti in giorni di disordini. Nel comunicato si specifica che tutte le regioni del Kazakhstan sono state "liberate e poste sotto maggiore protezione" con 70 checkpoint installati nel Paese.

     

    3 - KAZAKISTAN, ARRIVANO I RUSSI LA POLIZIA SPARA SUI RIVOLTOSI

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    Giuseppe D'Amato per "il Messaggero"

     

    I primi paracadutisti russi sono già arrivati in Kazakistan. A darne notizia è il ministero della Difesa di Mosca. La forza di pace, viene specificato, è inquadrata nelle truppe del Patto di sicurezza collettiva (Odkv), una specie di Patto di Varsavia a livello ex sovietico.

     

    «Gli aerei dell'Aviazione si legge nel comunicato stampa hanno trasportato la parte principale del contingente di pace dell'Odkv». La decisione di intervenire è stata assunta su richiesta del presidente kazako Kassym-Jomart Tokajev - che due giorni fa aveva denunciato pubblicamente «un assalto di bande armate addestrate all'estero» - La scelta di agire d'urgenza è stata resa nota dalla Presidenza di turno dell'organizzazione militare, dal premier armeno Nikol Pashinjan, che ha aggiunto: l'azione «avrà un tempo limitato».

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    Di «tentativo ispirato dall'esterno con metodi violenti in uno Stato amico», parla il ministero degli Esteri russo, che conferma la versione ufficiale kazakha.

     

    BAGNO DI SANGUE

    Poco prima dell'atterraggio del contingente di pace in Kazakistan, dove è stato dichiarato lo stato d'emergenza ed il coprifuoco, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko ha affermato che i rivoltosi ad Almaty, il maggiore centro finanziario del Paese, e nella capitale Nusurtan hanno cercato invano di evitarne l'arrivo.

     

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    Nelle ultime febbrili 48 ore scorse nel Paese asiatico - per tre decenni conosciuto per la sua stabilità politica e per i suoi successi in campo economico anche rispetto alle altre repubbliche ex sovietiche vicine si è registrato uno spaventoso bagno di sangue, i cui contorni potranno essere chiariti soltanto nelle prossime settimane. Si ha solo notizia, confermata da fonti ufficiali kazake, che i morti sono decine, forse centinaia, e i feriti migliaia.

     

    «Decine di assalitori sono stati eliminati e le loro identità sono in corso di accertamento», ha detto il portavoce della polizia che ha parlato di «azione anti-terrorista», condotta dalle forze dell'ordine. Gli insorti, in numerose città del Paese, hanno tentato di occupare i palazzi amministrativi.

     

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    Ad Almaty, il Municipio e la residenza della Presidenza della repubblica entrambi gli edifici sono stati incendiati. Per ore è stato occupato anche l'aeroporto, tanto che tutti i voli sono stati sospesi. Ma poi tutto è rientrato sotto il controllo dello Stato. Un po' ovunque nel Paese le forze anti-sommossa hanno sparato ad altezza uomo, come mostrato dalle tante immagini televisive in onda sui circuiti internazionali e dai video, non verificabili, caricati sui social media. Internet in Kazakistan non funziona più.

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    Le strade di Almaty, come riportano testimonianze locali, sono piene di veicoli bruciati. Parte della popolazione si è barricata in casa, terrorizzata dai rumori degli scontri. Nelle cittadine vicine gruppi di vigilantes sono entrati in azione per evitare saccheggi. Le uniche code, che si vedono, sono alle stazioni di rifornimento di carburante.

     

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    I bancomat non funzionano più. A scatenare la protesta, iniziata nell'ovest del Paese - nella città di Mangistau -, è stato il forte aumento dal primo gennaio del prezzo del gas Gpl, utilizzato come combustibile per le automobili. Il Kazakistan, ricchissimo di materie prime, ha circa il 3% delle riserve mondiali di petrolio e dispone anche di enormi quantità di carbone e gas, la cui vendita è, però, più conveniente all'estero.

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    Da qui la rabbia popolare. Nel giro di poche ore le richieste della gente da economiche sono diventate politiche. I kazaki, soprattutto le nuove generazioni, hanno chiesto un cambiamento della classe politica. Nel 2019 il padre della Patria, Nusurtan Nazarbaiev, ha lasciato - dopo un trentennio - il potere ad un suo fedelissimo, appunto il presidente Tokajev, pur mantenendo il controllo dell'influente Comitato di sicurezza nazionale.

     

    ESECUTIVO PROVVISORIO

    Nell'ultime ore, con la massima fretta, Tokajev ha licenziato Nazarbaiev e ha fatto formare un Esecutivo provvisorio, che ha cancellato l'aumento del gas, causa delle proteste. L'Unione europea osserva gli eventi preoccupata. L'intervento delle truppe russe e degli alleati ex sovietici, ha sostenuto un portavoce dei Ventisette, «dovrebbe rispettare l'indipendenza e la sovranità del Kazakhstan».

     

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    Bruxelles, come anche l'Italia, invita alla «moderazione» e alla «risoluzione pacifica» della crisi. «L'Ue è stato aggiunto condanna gli atti di violenza e deplora la perdita di vite umane». Fonti occidentali hanno fatto rilevare che né il presidente Tokajev né nessun altro politico kazakho hanno dimostrato l'affermazione di essere sotto attacco da parte di gruppi estremisti, organizzati all'estero.

     

    4 - IL NUOVO COLONIALISMO DELLO ZAR COSÌ PUTIN SOGNA IL RITORNO DELL'URSS

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    Anna Zafesova per "La Stampa"

     

    «Un gruppo di studenti, incitati da elementi nazionalisti, è sceso nelle vie di Almaty manifestando la loro disapprovazione... Vandali, parassiti e altre persone antisociali hanno approfittato della situazione per azioni illegali contro i rappresentanti della legge e dell'ordine. Hanno dato fuoco a un negozio di alimentari e ad automobili private, e insultato i cittadini...».

     

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    Questo dispaccio della agenzia ufficiale Tass non è stato scritto ieri, è stato battuto il 17 dicembre 1986, quando sulla piazza centrale di Almaty - oggi intitolata alla Repubblica, allora portava il nome di Leonid Brezhnev - scoppiò la prima protesta di piazza della Perestroika, contro la nomina di un capo russo che non aveva mai messo piede in Kazakhstan. La manifestazione venne repressa con la forza: un numero tuttora sconosciuto di morti, centinaia di feriti, migliaia di arrestati.

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    La Glasnost era agli esordi, e della protesta si parlò pochissimo. Oggi, in Russia non se la ricordano in molti, ma in Kazakhstan viene celebrata come il Zheltoksan, la rivolta di dicembre, l'evento fondante dell'indipendenza. Fu la prima rivolta di una colonia contro Mosca, che inviò un commissario russo in una repubblica di lingua, etnia, storia e religione diversa, per bloccare l'ascesa proprio di quel Nursultan Nazarbaev che sarebbe diventato il "padre della nazione".

     

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    Fu il primo di una serie di errori di Mikhail Gorbaciov nel sottovalutare il desiderio di autonomia delle province, e nel sopravvalutare la tenuta del melting pot sovietico, che portò al collasso dell'Urss cinque anni dopo.

     

    Ora a Mosca si esulta per l'invio di soldati russi a domare la rivolta, e la responsabile del canale RT Margarita Simonyan, twitta entusiasta le condizioni del ritorno del Kazakhstan all'ovile: ritorno all'alfabeto cirillico e alla russificazione totale, riconoscimento della Crimea annessa dall'Ucraina e politica estera "fraterna".

     

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    Prende in giro «l'indipendenza ridicola» del Kazakhstan ed estende il monito a «tutti gli altri quattordici», cioè tutti gli Stati ex sovietici, inclusi i tre Baltici ormai entrati nell'Ue. Può essere una provocazione per attirare like, ma espressa dalla influente responsabile della propaganda statale russa esprime un umore di rivalsa presente al Cremlino. Come lo esprime Aleksandr Lukashenko, che ieri ha dichiarato che «il Kazakhstan non si poteva dare via, regalare alla Nato, come l'Ucraina», come se fosse un oggetto.

     

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    Come lo esprime il deputato putiniano Biysultan Khamzaev, che propone alla Duma un referendum per annettere il Kazakhstan alla Russia, e i social pieni di video dei parà russi che promettono di «fottere i kazaki». È l'esultanza di chi non ha imparato nulla, e se Vladimir Putin considera la fine dell'Urss una «catastrofe geopolitica», per una sua ipotetica rifondazione i propagandisti moscoviti propongono un colonialismo suprematista russo nemmeno più abbellito dall'internazionalismo proletario dei comunisti.

     

    Tokaev ha rotto un tabù inviolabile per 30 anni di indipendenza: non chiamare in soccorso i russi. Fu il grande errore di calcolo commesso da Putin nel 2014 nell'Est ucraino, dove gli alleati dell'ex presidente Viktor Yanukovich non hanno accettato le offerte di aiuto del Cremlino, costringendolo a importare i capi dei "ribelli del Donbass" da Mosca.

     

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    Un semplice calcolo di rischio e beneficio: la storia del Patto di Varsavia, l'unica alleanza militare che ha attaccato soltanto i propri membri, insegna che i tank di Mosca sono poi recalcitranti a tornare a casa, e perfino Lukashenko non li ha (finora) mai invitati. Non è ancora chiaro quale pericolo è stato considerato da Tokaev talmente enorme da firmare una cambiale imperiale con Putin.

     

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    Però ha appena dimostrato di non avere una presa forte sul proprio Paese, governato da un'élite con legami internazionali "multivettoriali" e abitato da un popolo che non ha manifestato alcuna nostalgia. La propaganda putiniana sogna una nuova Urss, ma ricostruire un nuovo impero con un gruppo di dittatori in preda a una crisi di nervi non sarà facile.

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