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    UN INDULTO PER L'IPOCRISIA – SALLUSTI: "DI MATTEO E BONAFEDE SI SONO ARRESTATI TRA LORO E INSIEME HANNO SMASCHERATO L'IPOCRISIA DEL LORO MEGAFONO. TRAVAGLIO HA SMENTITO ANNI DI DURO LAVORO SUO E DEI SUOI GIORNALISTI SGUINZAGLIATI A INSEGUIRE TUTTI I TEOREMI GIUSTIZIALISTI E PISTAROLI POSSIBILI E IMMAGINABILI" – DALLE RIVOLTE IN PRIGIONE ALLE DIMISSIONI DI BASENTINI: COME SI È CREATO TUTTO ‘STO CASINO? L’UNICA COSA CERTA È LA SEQUENZA TEMPORALE DEGLI EVENTI 


     
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    1 – BONAFEDE & C. IL PIÙ GRANDE SPETTACOLO DOPO IL BIG BANG

    Alessandro Sallusti per “il Giornale”

     

    ALFONSO BONAFEDE MARCO TRAVAGLIO ALFONSO BONAFEDE MARCO TRAVAGLIO

    TRAVAGLIO BERLUSCONI TRAVAGLIO BERLUSCONI

    Il caso Bonafede, ministro della Giustizia finito nel tritacarne delle guerre tra magistrati, è l' emblema dell' epopea grillina, un mix di incapacità, demagogia, moralismo, giustizialismo, sete di potere e di soldi. L' altro giorno Antonio Padellaro, giornalista di lungo corso e presidente de Il Fatto Quotidiano, scriveva a proposito della situazione politica: «Vorrei aver visto la faccia di Sallusti quando Berlusconi, senza avvisarlo, ha detto che il governo Conte non deve cadere». Ecco, detto che Berlusconi può dire ciò che crede, io avrei pagato per vedere la faccia di Padellaro quando Travaglio ha scritto, senza avvisarlo, che se un magistrato suo amico (Di Matteo) accusa un politico suo amicissimo (Bonafede) di presunte collusioni con la mafia, che sarà mai, «si tratta solo di un equivoco».

     

    Padellaro e Travaglio Padellaro e Travaglio

    In poche righe, e all' insaputa di Padellaro, Travaglio ha smentito anni di duro lavoro suo e dei suoi giornalisti sguinzagliati a inseguire tutti i teoremi giustizialisti e pistaroli possibili e immaginabili. Ma com' è la storia? Se un killer pentito di mafia, tale Spatuzza (che partecipò al sequestro del bambino sciolto nell' acido), dice di aver sentito dire che Berlusconi è stato amico di un mafioso, significa che Berlusconi è mafioso: se invece un famoso magistrato antimafia dice che un ministro ha trattato con la mafia, è solo un innocuo gioco tra bambini.

     

    PRIMA PAGINA DE IL FATTO QUOTIDIANO 8 MAGGIO 2020 PRIMA PAGINA DE IL FATTO QUOTIDIANO 8 MAGGIO 2020

    nino di matteo alfonso bonafede nino di matteo alfonso bonafede PRIMA PAGINA IL FATTO QUOTIDIANO 7 MAGGIO 2020 PRIMA PAGINA IL FATTO QUOTIDIANO 7 MAGGIO 2020

    Il problema non è se Bonafede, detto anche mister boria, è o no colluso con la mafia (non lo è) o se Di Matteo sia o no un grande magistrato erede di Falcone (certamente non lo è). Il problema è quanto stupidi e pericolosi siano questi professionisti dell' antimafia, politici o giornalisti o magistrati che siano, rimasti vittime dei loro stessi giochini e delle loro ossessioni. Vederli in mutande arrampicarsi sui vetri per spiegare balbettando che lo scambio di accuse tra Bonafede e Di Matteo avvenuto in diretta tv da Giletti è stato «un equivoco» è lo spettacolo dell' anno, che ci ripaga di tante sofferenze. Anzi, come canta il grande Jovanotti è «il più grande spettacolo dopo il Big Bang».

     

    ALFONSO BONAFEDE NEGLI ANNI '90 QUANDO FACEVA IL DJ ALL'EXTASY ALFONSO BONAFEDE NEGLI ANNI '90 QUANDO FACEVA IL DJ ALL'EXTASY

    Di Matteo ha passato (inutilmente) la vita a voler far fuori Berlusconi e in due minuti ha bruciato la carriera del suo amico e sodale Bonafede; Bonafede voleva affidare il Paese ai magistrati manettari ed è riuscito ad azzoppare per sempre il magistrato numero uno dell' antimafia, ieri scaricato anche dal moralista Davigo. Dei veri geni, si sono «arrestati» tra di loro, Bonafede e Di Matteo (le rispettive carriere finiscono qui, al di là del fatto se rimarranno ancora per qualche tempo al loro posto) e insieme hanno smascherato l' ipocrisia del loro megafono Travaglio. Neppure Paolo Villaggio ha avuto tanta fantasia nel descrivere le bislacche disavventure di Fantozzi.

    francesco basentini 1 francesco basentini 1

     

    RIVOLTE, CIRCOLARI, LETTERE: COSA C'È DIETRO IL CASO SCARCERAZIONI

    Claudio Tito per “la Repubblica”

     

    «Un decreto per rivalutare la scarcerazione dei boss». L' altro ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha tentato di chiudere con questo annuncio la polemica che stava infuriando sul trasferimento agli arresti domiciliari, causa pandemia, di diversi condannati per mafia. Ma come si è arrivati a questa decisione? Cosa è accaduto da marzo fino a ieri? Tutto è stato eseguito nella trasparenza? I rapporti tra il Dap (il Dipartimento dell' Amministrazione penitenziaria) e il Guardasigilli sono stati corretti? Ci sono state delle mancanze o delle approssimazioni? Le violente rivolte registrate nelle carceri hanno svolto un ruolo diretto o indiretto?

     

    MARCO TRAVAGLIO ALFONSO BONAFEDE MARCO TRAVAGLIO ALFONSO BONAFEDE

    La sequenza temporale degli eventi è l' unica certezza da cui partire. Si tratta di una catena di episodi che conferma tutti gli interrogativi. Inizia nella prima settimana di marzo. Quando l' emergenza Coronavirus si trasforma in allarme sociale e istituzionale. In quel momento, in diverse case circondariali del Paese scattano delle vere e proprie rivolte. Da Salerno a Napoli, da Roma a Milano. Il primo incidente risale al 7 marzo. La tensione resta altissima per quattro giorni. I morti sono 12.

     

    Molti dei quali tossicodipendenti, i detenuti più deboli all' interno della società carceraria e i più "sacrificabili" nelle logiche malavitose. Il sospetto di molti è allora che i tumulti siano orchestrati dai gruppi più facilmente attivabili: quelli della criminalità organizzata. I più agitati, gli affiliati a camorra e mafia. In silenzio, quelli della 'ndrangheta. Nelle prigioni calabresi non si muove un dito, ma nei canoni delinquenziali viene considerato un segnale ulteriore.

    carcere 1 carcere 1

     

    il carcere di san vittore in fiamme 2 il carcere di san vittore in fiamme 2

    Negli stessi giorni, il 9 marzo, il governo annuncia il lockdown. L' 11 le rivolte vengono sedate. Sei giorni dopo l' esecutivo approva il primo decreto per affrontare la crisi: il Cura Italia. È il 17 marzo e in quel testo compare la prima norma sui detenuti. Per evitare il sovraffollamento durante il picco dei contagi, si prevede la scarcerazione di chi ha una pena residua non superiore ai 18 mesi e comunque non condannati per delitti gravi.

    Da quel momento quasi sei mila reclusi vengono liberati. Ma non, appunto, quelli macchiatisi dei reati più pesanti. Non quindi i mafiosi.

    detenuti evadono dal carcere di foggia 4 detenuti evadono dal carcere di foggia 4

     

    Passano altri tre giorni e il Dap, guidato allora da Francesco Basentini, emette una circolare sulla base dell' unità medica interna, in cui si segnalano i rischi sanitari per chi è affetto da alcune patologie. L' elenco riguarda i malati oncologici o quelli affetti da Hiv, ma anche chi presenta «malattie dell' apparato cardiocircolatorio» o «malattie croniche dell' apparato respiratorio». Da quel momento si susseguono le decisioni dei magistrati di sorveglianza. Il "confine" dei condannati si allarga. Fino a contemplare, appunto, la scarcerazione di boss di chiara fama.

     

    francesco basentini alfonso bonafede francesco basentini alfonso bonafede

    Ogni provvedimento è motivato dalla pandemia e dal pericolo determinato dalla difficoltà di mantenere il distanziamento sociale. Due dati, però, fanno riflettere: al 31 marzo, dopo dieci giorni dalla circolare del Dap, i carcerati contagiati dal Covid ammontano a 19 su una popolazione carceraria di quasi 61 mila persone. Gli agenti penitenziari colpiti dal virus sono 116 su un corpo di 37 mila unità.

    nicola morra foto di bacco (1) nicola morra foto di bacco (1)

     

    Resta il fatto che dal 21 marzo le maglie della scarcerazione si dilatano. Al punto che il 22 aprile il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, scrive al direttore del Dap per chiedere spiegazioni e per conoscere «se vi siano state determinazioni di sorta che abbiano inciso su uno o più detenuti sottoposti alle misure di cui all' articolo 41 bis dell' ordinamento penitenziario».

     

    milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 11 milano, rivolta dei detenuti al carcere di san vittore 11

    Ancora Morra, due giorni dopo, manda una nuova lettera per sollecitare «i dati di cui dispone il Dipartimento ». Basentini risponde. Ma evidentemente per l' Antimafia non è esaustivo. Non tutto è chiarito e se ne lamenta platealmente facendo notare di non aver ricevuto l' elenco dei mafiosi liberati. Il 29 aprile allora spedisce un' altra missiva reclamando «i documenti relativi alle modifiche del regime penale intramurario per i detenuti condannati per i reati di cui all' art. 41-bis dell' ordinamento penitenziario».

    pasquale zagaria pasquale zagaria

     

    A quel punto Basentini manda a Morra la lista, poi pubblicata il 6 maggio da Repubblica . E «per conoscenza » la trasmette anche al capo di gabinetto del ministro Bonafede e al suo capo della segreteria. Il Guardasigilli, attraverso il suo staff, era quindi a conoscenza delle disposizioni assunte almeno dal 29 aprile.

     

    Il primo maggio - due giorni dopo -Basentini rassegna le dimissioni e viene nominato il due maggio il nuovo responsabile del Dap, Dino Petralia. Il ministro della Giustizia, però, fino al 6 maggio non adotta alcun provvedimento. E annuncia il decreto solo dopo che Repubblica pubblica l' elenco dei mafiosi scarcerati.

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