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    COME SONO DEMOCRATICHE LE FEMMINISTE: INNEGGIANO ALLA MORTE DELLA PRIMA PREMIER DONNA IN ITALIA – ALLA MARCIA DI IERI POMERIGGIO A ROMA SONO SPUNTATI CARTELLI E STRISCIONI CRUENTI ALL’INDIRIZZO DELLA DUCETTA: “TI MANGIAMO IL CUORE”. IL TUTTO IN MEZZO A CORI MOLTO INCLUSIVI, COME “MELONI FASCISTA, SEI LA PRIMA DELLA LISTA”; “TI FAREMO LA GUERRA”. ALLA FINE È INTERVENUTA LA DIGOS...


     
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    Domenico Di Sanzo per “il Giornale”

     

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    Rieccolo, il cortocircuito. Slogan violenti contro la prima donna presidente del Consiglio della storia d'Italia durante una manifestazione contro la violenza sulle donne. Verrebbe da dire che se non ci fossero bisognerebbe inventarli, se solo non fosse stata costretta a intervenire la Digos. Il motivo? Uno striscione con una foto del premier e la scritta: «Ti mangiamo il cuore».

     

    Alla marcia femminista di ieri pomeriggio a Roma si mischiano foulard rosa e bandiere rosse. Ma soprattutto spiccano i cartelli cruenti all'indirizzo di Meloni. Difficile definire altrimenti lo slogan: «Fascista Meloni, noi donne ti farem la guerra». E ancora: «Meloni vattene».

     

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    Oppure gli slogan, presi in prestito dalla più trita paccottiglia degli anni '70. Due su tutti, scanditi in coro dalle manifestanti e dai manifestanti: «Governo Meloni preparati a tremare, siamo libere di lottare» e «Meloni fascista sei la prima della lista». Per le strade della Capitale è tornato indietro l'orologio della storia, nonostante le organizzatrici di «Non una di meno» siano convinte di lottare contro le politiche «reazionarie» del centrodestra.

     

    «Contro il governo Meloni che attacca l'aborto e l'autodeterminazione riaffermando il diktat "Dio, Patria, Famiglia"», si legge nel comunicato delle femministe. Una macedonia in cui il ricordo delle donne vittime di violenza si confonde con la guerra, il reddito di cittadinanza e la crisi climatica. E pazienza se Meloni abbia sempre precisato che la legge 194 sull'aborto non si tocca.

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    Inevitabili le reazioni del centrodestra. Matteo Salvini, leader della Lega, ministro e vicepremier, twitta: «Insulti contro di me a Milano da parte dei centri sociali, cori contro Giorgia al corteo di "Non una di meno" a Roma. Se a sinistra vogliono continuare ad aggredire e schiumare rabbia, facciano pure».

     

    «Non ci intimidiscono e siamo più determinati che mai», conclude Salvini. «Un corteo di violenza contro una donna non è accettabile», dice Augusta Montaruli, sottosegretario all'Università e Ricerca, esponente di Fdi, che parla di «brutalità inaudita». Francesco Lollobrigida diFdi, ministro dell'Agricoltura, commenta: «Manifestanti che partecipano a un corteo contro la violenza sulle donne espongono striscioni e intonano cori violenti contro la prima presidente del Consiglio donna italiana. Questo non è dissenso. Solidarietà al presidente Meloni. Ci aspettiamo ferma condanna da parte di tutte le forze politiche».

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    «Alla manifestazione contro la violenza sulle donne qualcuno ha voluto intonare minacce, addirittura di morte, contro Giorgia Meloni. Donne che odiano le donne. Gente che predica bene e razzola male. Alla premier va la mia più sentita solidarietà», twitta Licia Ronzulli, capogruppo di Fi al Senato.

     

    «Boldrini e femministe condanneranno l'episodio?», incalza la deputata di Fdi Grazia Di Maggio. Già, la sinistra. Nessuno fiata. Tranne Pierferdinando Casini (che proprio di sinistra non è ndr.) che scuote la testa: «Campagne isteriche contro la Meloni. Sono incivili. Puro autolesionismo politico dell'opposizione».

     

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    Solidarietà dal capogruppo di Fi alla Camera Alessandro Cattaneo, che invoca «tolleranza zero». Nel frattempo, dietro a bandiere inneggianti alla rivoluzione, una donna giustifica così il cartello con la scritta «Ti mangiamo il cuore»: «È una citazione del film "ti mangio il cuore" con protagonista Elodie». Dopo il pomeriggio d'odio viene in mente un'altra citazione, di Leo Longanesi: «Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola». Finito il corteo violento, tutti a cena. È pur sempre sabato sera, anche sotto il «regime» di Meloni.

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