Cristina Marrone per il Corriere della Sera
Per la prima volta in uno studio su pazienti, è stato scoperto da scienziati italiani il ruolo chiave di una piccola regione cerebrale, l’area tegumentale ventrale, nella malattia di Alzheimer. Se questa area (deputata al rilascio di una importante molecola «messaggera» del cervello, la dopamina, in neurotrasmettitore della felicità) funziona poco, ne risente il «centro» della memoria, l’ippocampo, quindi la capacità di apprendere e ricordare.
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Resa nota sul Journal of Alzheimer’s Disease, la scoperta potrebbe rivoluzionare sia la diagnosi precoce, sia le terapie per questa forma di demenza, spostando l’attenzione su farmaci che stimolano il rilascio di dopamina. Autrice dello studio è Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience (SITraN) in Gran Bretagna, che spiega: «la nostra scoperta indica che se l’area tegmentale-ventrale (VTA) non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, questo non funziona più in modo efficiente» e la formazione dei ricordi risulta compromessa.
STUDIO SU ESSERI UMANI
VILLAGGIO ALZHEIMER
Si tratta del primo studio al mondo che dimostra questo collegamento negli esseri umani. Venneri e Matteo De Marco della University of Sheffield hanno eseguito test cognitivi e risonanze magnetiche su 29 pazienti con Alzheimer, 30 soggetti con declino cognitivo lieve e 51 persone sane, trovando una correlazione tra dimensioni e funzioni della VTA con le dimensioni dell’ippocampo e le funzioni cognitive dell’individuo. Più piccola risulta la VTA, minori le dimensioni dell’ippocampo e la capacità del soggetto di apprendere e ricordare. La scoperta arriva a un anno dai risultati di esperimenti di laboratorio condotti presso l’Ircss Santa Lucia e l’Università Campus Bio-Medico di Roma. Coordinato da Marcello D’Amelio, lo studio (su Nature Communication) evidenziava anche l’effetto del mancato rilascio di dopamina da parte della VTA su un aspetto che accompagna spesso la malattia fin dalle sue prime fasi: la perdita di motivazione della persona.
SCOPERTA IMPORTANTE PER LA DIAGNOSI PRECOCE
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«La nostra scoperta - spiega Venneri - indica che se una piccola area di cellule del cervello, chiamata area tegmentale ventrale, non produce la corretta quantità di dopamina per l’ippocampo, un piccolo organo situato dentro il lobo temporale, questo non funziona più in modo efficiente. L’ippocampo è associato con la formazione di nuovi ricordi, per questo la scoperta è cruciale per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Il risultato mostra un cambiamento che scatta repentinamente e che può innescare l’Alzheimer». «Stiamo somministrando farmaci `agonisti-dopaminergici´ - spiega Giacomo Koch, Direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia Sperimentale dell’IRCCS capitolino - a pazienti con malattia di Alzheimer per osservare se questi farmaci stimolano la plasticità cerebrale e quindi la conservazione delle facoltà cognitive».
IL NODO DEI FINANZIAMENTI
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«Un altro possibile beneficio di questa scoperta è che potrebbe portare a un’opzione di trattamento differente della malattia, con la possibilità di cambiarne o fermarne il corso molto precocemente, prima che si manifestino i principali sintomi. Adesso - conclude Venneri - vogliamo stabilire quanto precocemente possono essere osservate le alterazioni nell’area tegmentale ventrale e verificare anche se queste alterazioni possono essere contrastate con trattamenti già disponibili». Ma la ricerca fa i conti con il ‘nodo’ dei finanziamenti. «Non è possibile quantificare il tempo necessario - conclude - perché tutto dipende da quanto verrà investito per finanziare la ricerca necessaria a portare a questo risultato».