Graziella Melina per “il Messaggero”
TEST E “PATENTE DEI GUARITI”
Che l'epidemia da coronavirus prima o poi allenterà le maglie e permetterà il graduale ripristino delle attività finora sospese è un'ipotesi, ormai non più remota, che sta arrovellando chi dovrà gestire il flusso produttivo e la ripresa lavorativa. Secondo Franco Locatelli presidente del Consiglio Superiore di Sanità, ci si potrà avvalere di test seriologici per determinare «la diffusione del coronavirus e avere informazioni rilevantissime sull'immunità di gregge, usando le informazioni per elaborare strategie fondate su dati per far ripartire il Paese, specie per le attività produttive. Prioritaria è la tutela della salute, ma bisogna contemperare gli aspetti di economia per evitare i problemi di una situazione economica difficile».
LE POSIZIONI
LUCA ZAIA CON LA MASCHERINA
Dal Veneto arriva intanto la proposta del presidente della Regione, Luca Zaia, di dotare i lavoratori di una cosiddetta «patente» che attesti di non essere contagiosi. Ma per poterla avere bisognerebbe passare il vaglio di un test rapido. «Immagino che una delle soluzioni sulla quale noi stiamo lavorando - ha spiegato Zaia - è quella del test sierologico, in maniera di andare a vedere se si sono formati gli anticorpi, e qui ci vogliono tempistiche, modalità».
La proposta del governatore veneto, però, secondo gli esperti non solo è fattibile, ma anche scientificamente efficace. «L'esperienza scientifica ci dice che questo approccio è corretto - spiega Maurizio Sanguinetti, direttore del dipartimento di Scienze di Laboratorio e infettivologiche della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma e presidente della Società europea di Microbiologia e Malattie infettive (Escmid) - è possibile utilizzare un macchinario, prodotto per esempio dall'azienda Roche, che fa circa 1400 test al giorno. Lo abbiamo comprato anche noi del Gemelli e arriverà la prossima settimana».
brescia tamponi
Si tratta di uno strumento che riesce a processare migliaia di test, senza sosta. Finora, invece, le strade utilizzate per effettuare le diagnosi sono due e sono complementari. «Da una parte c'è il test molecolare, che vede il virus, dall'altra il test anticorpale che rileva la risposta dell'individuo al virus», spiega Sanguinetti.
Il punto debole del test anticorpale è che se è fatto da solo non dà risultati certi. «Bisogna tenere presente che c'è una finestra di cinque giorni, in cui gli anticorpi non ci sono ma il virus ci può essere». Ecco perché è importante la controprova dell'altro test. «I test molecolari - continua Sanguinetti - danno la risposta in un'ora o anche meno, possono però saggiare un numero più piccolo di campioni».
LUCA ZAIA E LE MASCHERINE
LA NOVITÀ
La novità invece del nuovo strumento sta invece nel fatto che è possibile analizzare un grandissimo numero di test, in un tempo diverso: circa 400 campioni nelle prime 3 ore e mezza. «Lavorando sui grandi numeri quindi - assicura Sanguinetti - se ho per esempio una popolazione di 5 milioni di persone, non tutte sono sincronizzate con l'infezione. Ma se vado sul territorio a cercare quelli che hanno i sintomi da un periodo di tempo compatibile con la finestra, posso avere un vantaggio da questo approccio combinato».
tamponi on the road coronavirus
Il problema di questi nuovi strumenti tecnologici che scovano virus e anticorpi però non è solo economico - un macchinario arriva a costare circa 400mila euro - ma anche gestionale. «Utilizzarlo non è complicato, ma dipende da come si è organizzati dal punto di vista regionale, devi avere più centri che fanno questa attività e poi una strutturazione logistica dal punto di vista del laboratorio». Ma i risultati sarebbero forse risolutivi: «I risultati dei due test da soli valgono meno che se messi in modo combinato. I test anticorpali, per adesso, hanno un 20 per cento di falsi negativi. In questo approccio combinato si aumenta l'efficienza del sistema: non si arriva mai al 100 per cento, però si individuano molti più positivi».