consumismo in america
Federico Rampini per “Affari & Finanza - la Repubblica”
Il mio 11 settembre lo passai a San Francisco, quasi vent' anni fa. Fra i tanti shock, dopo la paura e il dolore immediato, ci fu anche uno spaesamento culturale. La città più radicale d' America, decisamente all' opposizione nei confronti di George W.Bush, d' incanto fu tappezzata di bandiere a stelle e strisce. Il patriottismo non era né di destra, né di centro, né di sinistra.
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I valori comuni esistevano e non ci si vergognava a difenderli. Famiglie i cui padri avevano fatto obiezione di coscienza e avevano rischiato (o scontato) il carcere per non andare a combattere in Vietnam, custodivano in casa delle grandi bandiere nazionali che affacciarono sui davanzali delle finestre. Ero commosso.
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Rimasi altrettanto sconcertato quando Bush lanciò uno dei primi messaggi dopo l' attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono: uscite e comprate, tornate negli shopping mall, fate vedere al mondo intero che gli americani non hanno paura.
Il consumismo come variante del patriottismo. A dire il vero, anche una parte degli americani furono in disaccordo. Nella seconda guerra mondiale - dissero ricordando Roosevelt - ci tassavamo di più per sostenere le nostre truppe e combattere il nemico, adesso il sacrificio è diventato andare al ristorante? Vent' anni dopo, rieccoci in una situazione quasi simile.
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Dico quasi, perché l' unità nazionale è svanita. L' appello a far ripartire l' economia, costi quel che costi, è venuto soprattutto da una parte dello spettro politico: Donald Trump e la destra. Però ci sono tante situazioni locali o settoriali in cui la sinistra fa proprio lo stesso appello.
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Per esempio: «Andiamo tutti a comprare un libro nella piccola libreria indipendente di quartiere». «Andiamo ad ascoltare un concerto all' aperto, tassandoci per mantenere gli artisti disoccupati». E così via.
In America spendere è un atto positivo, costruttivo, ottimista. Gli economisti - soprattutto keynesiani - condividono il messaggio. Proprio come Franklin Roosevelt, anche John Maynard Keynes sosteneva che la cosa di cui dobbiamo avere più paura è la paura stessa. Una paralisi dei consumi genera recessione, questa aumenta la disoccupazione, quindi riduce i redditi delle famiglie, il che si ripercuote in ulteriori tagli ai consumi.
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Il popolo americano sembra "keynesiano" fino al midollo. La ripresa dei consumi è in atto, anche se vi hanno contribuito quattro manovre di spesa pubblica che hanno sostenuto i redditi.
Storicamente gli americani hanno una propensione al consumo più alta di altre nazioni; di converso risparmiano una quota inferiore del proprio reddito. In un' annata normale - fuori pandemia - la tipica propensione al risparmio degli americani si situa fra un terzo e un quinto rispetto a quella di popoli di livello analogo come tedeschi e francesi (preferisco non fare paragoni in tempi di pandemia perché la quota di reddito familiare che viene risparmiata è stata innalzata artificialmente dai lockdown).
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E la Cina? La precoce e vigorosa ripresa della domanda cinese è stata in parte trainata dai consumi. Questo può ispirare un' analogia tra le due più grosse economie del pianeta. In realtà prevalgono le differenze. Tra i limiti della locomotiva cinese: la domanda interna, benché in aumento, non svolge lo stesso ruolo che ha nelle economie più avanzate.
I consumi delle famiglie sono il 40% del Pil cinese contro i due terzi nelle economie occidentali. Sulle famiglie cinesi pesa anche l' alto livello d' indebitamento, che ha raggiunto il 60% del Pil e quindi si avvicina gradualmente a livelli americani (76%).
Solo in quest' aspetto si può dire che i cinesi si stanno americanizzando: per la facilità con cui s' indebitano.
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Perché il capitalismo americano ha (quasi) sempre fatto affidamento su una superiore predisposizione al consumo, anche finanziato dai debiti? Quali fattori influenzino le scelte fondamentali degli individui - quanto risparmiare, quanto spendere per consumi - è un tema affascinante con il quale gli economisti si cimentano da generazioni. Per spiegare l' iperconsumismo degli americani, o la relativa parsimonia di altri popoli (europei o asiatici) sono stati invocati fattori strutturali o culturali.
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Degli italiani, per esempio, si disse a lungo che si portavano dietro una "cultura contadina", avversione al rischio e quindi ai debiti; nonché un' etica familistica per cui ogni genitore vuole lasciare qualcosa ai figli. La Cina da questo punto di vista si può considerare come una grande Italia: ex-contadini da una generazione, forte senso della famiglia.
L' America è all' estremo opposto perché è il Paese del capitalismo più sviluppato, e anche dell' atomizzazione individualistica. Ha fiducia nello sviluppo, quindi trova normale indebitarsi oggi per anticipare un reddito futuro. Ma altri fattori dovrebbero spingere gli americani nella direzione diametralmente opposta. Hanno un sistema pensionistico meno generoso di tanti Paesi; una sanità a prevalenza privatistica e più cara; un sistema universitario dalle rette stratosferiche.
Per tutte queste differenze di accesso ai servizi sociali che altrove sono pubblici e semi- gratuiti, gli americani dovrebbero spendere meno per consumi e risparmiare di più per la vecchiaia, la malattia, gli studi dei figli. Se non lo fanno, probabilmente un ruolo lo svolgono il sistema bancario, il credito al consumo, i servizi finanziari.
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L' America ha un' industria finanziaria piuttosto efficiente nel mettere il credito a disposizione dei consumatori. Quando la Fed ha spinto i suoi tassi a quota zero e ha lanciato forme sempre più espansive di Quantitative easing, il sistema bancario e le istituzioni erogatrici di mutui- casa hanno trasferito abbastanza velocemente i benefici sulla clientela e infatti il mercato immobiliare è ripartito.
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Lo stesso vale per il credito al consumo, finanziato attraverso carte di credito oppure pagamenti rateali di acquisti di automobili, elettrodomestici. Perfino gli studi universitari vengono finanziati con "student loans" molto diffusi. In generale, se una famiglia ha "troppi" risparmi su un deposito e pensa di usarli per estinguere anticipatamente un debito (per esempio il mutuo- casa), la banca stessa consiglierà invece di investire i risparmi in Borsa e mantenere un sano "leverage".
Questo comportamento viene incentivato anche dal sistema fiscale, che consente un' altissima deducibilità degli interessi passivi sui mutui. È un sistema costruito per dare carburante alla crescita, e un certo livello d' indebitamento è funzionale. Altre nazioni - come la Germania - hanno sempre gettato uno sguardo moralistico e pieno di disapprovazione, sul comportamento da "cicale" degli americani.
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Loro obiettano - keynesianamente - che chi risparmia troppo si condanna alla stagnazione. Oppure a farsi trainare dalla crescita altrui. Questo è il rovescio della medaglia: il consumismo americano genera deficit commerciali; questi ultimi sono stati per almeno tre quarti di secolo il motore trainante dei successivi "miracoli" economici tedesco e italiano, giapponese e infine cinese.
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