Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
LETTA FRANCESCHINI
Il centrodestra non riesce a separarsi, il centrosinistra non riesce a unirsi. E quando il fall out del Quirinale sarà terminato, si capirà che - da una parte - le minacce reciproche di Salvini e Meloni di far saltare l'alleanza celano solo lo scontro per il primato sulla fascia di elettorato che si contendono.
Mentre dall'altra, il tentativo di costruire una coalizione stabile tra Pd e M5S confligge con la debolezza strutturale del Movimento. Per ora nel centrodestra prevalgono le dichiarazioni bellicose, se è vero che all'idea del Partito repubblicano lanciata dal capo del Carroccio, la leader di FdI contrappone il disegno di un «Partito dei conservatori», anch' esso a vocazione maggioritaria.
Ma come separati in casa, entrambi sanno che il divorzio costerebbe politicamente troppo. Fra pochi mesi saranno chiamati al voto 970 comuni, tra i quali ci sono quattro capoluoghi di regione e ventuno capoluoghi di provincia: e siccome il modello elettorale impone la costituzione di alleanze, non presentarsi insieme vorrebbe dire consegnarsi alla sconfitta.
GIUSEPPE CONTE CON ENRICO LETTA
Non a caso Berlusconi ha contattato la Meloni, e dopo averle assicurato di non aver «mai messo il veto sulla tua presenza nelle trasmissioni Mediaset», ha preso a parlarle di Amministrative: «Senza il centrodestra la maggioranza degli italiani non sarebbe rappresentata». Messa da parte una certa irritazione, se il Cavaliere ha usato toni concilianti verso l'alleata è perché - come racconta un autorevole rappresentante forzista - «non possiamo permetterci di non stare insieme. Troveremo un modo, magari un altro modo. Ma ci arriveremo». Ci arriverà pure Salvini.
enrico letta e giuseppe conte 1
Malgrado abbia alzato la tensione anche nella giunta regionale lucana, dopo averlo fatto in Liguria, il Capitano ieri ha preannunciato che chiamerà la Meloni «nonostante gli insulti». «E alla fine - ammette senza entusiasmo uno dei maggiorenti del Carroccio - non so come si arriverà a una pace». Detto così somiglia più a un armistizio. Ma i leader non possono fare altro (anche) per la spinta dei territori, dove i dirigenti locali - specie quelli impegnati al voto - non sono disposti al suicidio. E infatti - a sentire fonti accreditate della Lega - «le trattative per le candidature in questi giorni non si sono mai interrotte».
Come non si è mai interrotto il tentativo del Pd di costruire un solido rapporto con i grillini. Ma il «campo largo» giorno dopo giorno si va restringendo. Certo, al Nazareno festeggiano il consolidamento del partito al primo posto nei sondaggi, ma è impressione (quasi) unanime tra i dem che gli alleati si stiano «liquefacendo». Non a caso Bettini, conscio di quanto sta accadendo, nell'ultima intervista proponeva l'aggiunta di un'altra stampella al centro per rafforzare elettoralmente la coalizione, tenendo il rapporto «anche» con Conte.
giuseppe conte enrico letta
A questo schema Franceschini non crede più. Il ministro della Cultura deve essersi convinto che il declino grillino non offra prospettive al Pd, altrimenti non sarebbe uscito allo scoperto per lanciare alla Lega la proposta di varare una riforma proporzionale del sistema di voto: un modo per scontrarsi nelle urne e (magari) incontrarsi dopo nel governo. Il proporzionale è l'exit strategy del Pd per staccare la propria sorte da quella di M5S, è l'approdo (difficilissimo) a cui la stragrande maggioranza dei democratici guarda: da Guerini a Orlando, passando per i giovani turchi.
giuseppe conte
Insieme accerchiano Letta, che dall'altra parte è pressato da Prodi. La riforma elettorale sembrava un tema di domani, ma il collasso in tribunale della leadership contiana rende la questione urgente. Anche perché da ieri il Pd non sa neppure con chi parlare nel Movimento, il cui vertice è stato decapitato. «Vorrà dire che cercheremo Crimi», sorride amaro un membro della segreteria dem: «La verità è che lì non tiene più nulla. Quello tra Conte e Di Maio non è uno scontro su una differente linea politica ma un conflitto di potere. Siamo alle comiche finali». E per quanto il segretario del Pd non intenda ingerirsi negli affari interni di M5S, è costretto a registrare una «situazione senza precedenti» che tocca una forza «alleata di governo»: è il fall out del Quirinale che sta «destabilizzando l'intero quadro politico». Ma soprattutto sta facendo saltare il disegno lettiano del «campo largo».
E IL PD SI RITROVA SENZA SPONDA
Mario Ajello per "il Messaggero"
Franceschini, Quagliariello e Letta
Sconcerto e raccapriccio in casa Pd. Già Conte aveva deluso, agli occhi dem e perfino a quelli del segretario Letta, nella partita del Colle, dove sulla Belloni aveva ricreato l'asse gialloverde con Salvini. Già nella lotta interna tra Giuseppi e Di Maio, le simpatie della sinistra erano andate in questi giorni più al ministro degli Esteri che all'ex premier, e per una ragione semplicissima: la paura del Nazareno che Conte voglia destabilizzare, di nuovo in accordo gialloverde con Salvini e in modalità di lotta e di governo, l'esecutivo Draghi di cui Letta è alfiere assoluto.
LUIGI DI MAIO - BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE
E ora? Sulla cancellazione almeno provvisoria della leadership di Conte «anatra zoppa» nessuno vuole infierire - anzi: rispetto assoluto per le traversie degli altri - ma l'effetto della decisione dei giudici napoletani è quello di far dire a molti big del Pd che ci si è sbagliati, e assai, nell'insistere con Conte come grande alleato. Fingendo di non vedere i suoi errori politici e a questo punto anche giuridici. Nessuno si sarebbe aspettato che l'avvocato avesse approvato uno statuto con un vizio di forma e che potesse essere vanificata la sua presidenza da un ricorso in tribunale.
E ora - ecco lo sconcerto dem - il «campo largo» con chi lo facciamo? Con Crimi di nuovo capo politico (e tutti a ridere), con Grillo tornato suo malgrado al centro di tutto, con Di Maio che ancora non ha scalzato, e chissà se ci riuscirà, Conte dalla tolda di comando? C'è chi la prende a ridere dalle parti di Letta (che non ride affatto): vabbé, il «campo largo» facciamolo con Rousseau, visto che la decisione dei giudici che ha cancellato Conte ha resuscitato la piattaforma dove andrà votato il nuovo leader.
bettini orlando
A sinistra è imbarazzante ciò che è accaduto a quello che veniva definito «il punto di riferimento fortissimo dei progressisti» (ovvero Conte). L'imbarazzo è questo: e adesso chi chiamiamo quando dobbiamo parlare con M5S? In realtà già da tempo, e anche nella partita del Quirinale, l'interlocutore privilegiato e più affidabile era diventato Di Maio. Soprannominato «quello della seconda telefonata».
Ovvero: la prima per formalità a Conte e la seconda, per decidere davvero le cose, a Di Maio. E soffriva il neoleader-exleader per questa situazione che si era venuta a creare. E' stato comunque, in qualche modo, anche se molti dicevano a Letta «non incaponirti nel sostegno a Conte che ormai è in declino», una sponda l'avvocato per il segretario del Pd. Ora anche la sponda è in sospeso: «Aspettiamo la decisione del giudice di merito», dicono infatti in casa dem.
goffredo bettini a stasera italia
Come se non bastasse la lotta civile Giuseppi-Luigi, che stava (e sta) facendo esplodere un partito alleato con ovvie conseguenze sull'alleanza, è piombato sulla testa di tutti il nuovo guaio. Che una conseguenza politica importante non potrà che averla: più sparisce la leadership di Conte, più s' ingarbuglia il percorso degli stellati, più non si sa oggi Grillo chi è e che cosa vuole fare, più diventa fondamentale per il Pd la creazione di una sponda nuova. Potrebbe essere quella del centro. Ma deve nascere questo centro e avere, nella sua equidistanza da terza forza, una tendenza verso il centrosinistra quando che sia: prima o dopo le elezioni del 2023.
compleanno bettini
TIMORI Il terreno minato dai giudici napoletani crolla dunque sotto i piedi di M5S ma anche in quel che resta dell'alleanza rossogialla. Il timore dem è in vista delle comunali di primavera (Palermo, Genova, Parma, Piacenza, Frosinone, Rieti, Viterbo, L'Aquila, Taranto, Lucca, Belluno, Padova, Verona e via dicendo). Già alle amministrative d'autunno i 5 stelle si sono rivelati ininfluenti per le sorti dell'alleanza, e ora che rischiano di arrivare decapitati o allo stato gassoso al prossimo appuntamento diventano ancora più inaffidabili.
giuseppe conte al compleanno di goffredo bettini 1
Il che cosa aspetta Letta a scaricare Conte è il tormentone che serpeggia e pone il Nazareno in una posizione non facile. E per esorcizzare il problema servono a poco le ironie che, sui social e nelle chat del mondo di sinistra, dicono per esempio così: «Ora Giuseppi è sospeso nel vuoto o, più esattamente, Giuseppi è il vuoto sospeso».