1 - «L’INVERNO DI PRAGA» GELA L’OCCIDENTE
Vittorio Macioce per “il Giornale”
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Piazza San Venceslao è un inganno e una speranza. A vederla, nel cuore di Praga, appare come un lungo viale di circa settecentocinquanta metri. Qui di solito passa la storia. È su queste pietre che in un pomeriggio di gennaio del 1969 Jan Palach sfidò l'imperialismo sovietico.
Si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale e posò il cappotto e la borsa, poi aprì con un coltellino una bottiglia di etere e ne annusò il contenuto, sollevò la tanica di benzina e se la buttò addosso e con un cerino prese fuoco. Quel rogo umano segnò la fine della «primavera di Praga». È in questa piazza che Václav Havel prese le redini, nel novembre del 1989, della «rivoluzione di velluto» che nel nome dei Velvet Underground chiuse i conti con la dittatura comunista. Adesso, e in un altro secolo, la piazza torna a riempirsi e lo fa senza inseguire in alcuna primavera.
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Non si sa quanti sono esattamente, forse settantamila, forse di più. Non hanno molto in comune se non la rabbia contro il governo conservatore di Petr Fiala e ciò che hai loro occhi rappresenta. Sono qui per sacramentare contro l'Europa, contro la Nato, contro l'appoggio all'Ucraina, contro le sanzioni a Putin.
L'America è il loro nemico giurato e il loro orizzonte è l'inverno. È la loro paura, che scorre sulle bollette del gas, sui prezzi che crescono al supermercato, sul salario che non arriva a fine mese. Non hanno più alcuna voglia di ragionare e ascoltano solo le parole di chi sa cavalcare la loro rabbia.
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I loro leader sono pezzi del vecchio partito comunista, che in questa rivolta trova sponde con euroscettici e ultranazionalisti e con i populisti di Tomio Okamura, che sbandierano i vessilli di «Libertà e democrazia diretta», uno slogan che a pelle piacerebbe ai Cinque Stelle italiani, se sotto quelle parole non ci fosse troppa destra. Quello che li accomuna, sotto le ideologie, è la simpatia per le ragioni di Putin, perché tutta questa storia è esattamente quello che il Cremlino stava aspettando.
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È l'Europa che va in frantumi, slabbrata, dilaniata, con le piazze che finiscono per tifare per Putin, l'uomo che ha in mano i rubinetti del gas e che porta avanti una guerra più grande di quella che si vede in Ucraina. L'obiettivo di Mosca è mostrare al mondo come ormai le democrazie occidentali non siano più in grado di rispondere alle sollecitazioni di questo tempo senza pace. Basta guardare a quello che accade negli Stati Uniti, dove Biden e Trump non si riconoscono più nella stessa America.
La fine del modello occidentale è la scommessa che lega, contro il passato, Mosca e Pechino. La mossa profonda è destabilizzare e il gioco è iniziato. Praga è la prova del fuoco. Ora l'obiettivo è arrivare a Parigi, Berlino, Madrid e Roma. Non importa che le piazze siano per ora solo una minoranza numerosa.
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La loro funzione è innescare la discordia, puntando sull’inverno che ci aspetta e delegittimando quell’Europa che non riesce a dare una risposta compatta alla paura delle masse. Ti chiedi se i governi dell’Unione sanno quello che stanno facendo. Se c’è la forza e la voglia di rispondere a Putin con azioni mirate, come quella del tetto sull’acquisto del gas, e si mettano da parte egoismi nazionali e rigidità formali. C’è da ripensate le politiche economiche e liberare i salari dalle tasse. Non basta chiedere sacrifici. L’inverno di Praga è una promessa di instabilità.
2 - I TEDESCHI VANNO IN PIAZZA: RIAPRITE IL NORD STREAM 2
Daniel Mosseri per “Libero quotidiano”
PROTESTE A LUBMIN GERMANIA
Cinquemila manifestanti (1.800 perla polizia) si sono radunati ieri in piazza a Lubmin, nell'estremo nordest tedesco, per chiedere l'apertura del gasdotto Nord Stream 2. La manifestazione era sostenuta dai circoli locali di AfD ma in giro non si sono visti simboli del partito sovranista. Le principali bandiere sventolate erano quella regionale (Lubmin è in Meclemburgo, il Land tedesco più povero e meno densamente abitato) e quella russa; numerosi i cartelli contrari allo spreco di denaro pubblico e inneggianti all'avvio del gasdotto.
Il Nord Stream 2 è la seconda pipeline diretta russo-tedesca, pensata per raddoppiare i volumi di gas pompati da Gazprom dentro alle caldaie e alle imprese tedesche. Se la pipeline da 55 miliardi di metri cubi di gas all'anno è stata inaugurata nel 2011, il suo raddoppio avrebbe dovuto essere pronto da mesi.
Pressioni dirette degli Usa hanno però spinto il governo del cancelliere Olaf Scholz a congelare il progetto alla vigilia dell'ingresso dei primi carri armati russi nel Donbass ucraino.
PROTESTE A LUBMIN GERMANIA
L'opera da 10 miliardi (gran parte dei quali spesi da Gazprom) resta così inutilizzata. La manifestazione di Lubmin, dove il Nord Stream 2 approda in Germania, è la prima a chiedere al governo di invertire la rotta. Per la seconda volta in poche settimane, Gazprom ha smesso di pompare gas nel Nord Stream 1: e se la prima volta lo stop è durato tre giorni «per manutenzione», questa volta il gruppo russo ha individuato «una perdita», interrompendo il flusso a tempo indeterminato. «Non hanno neanche il coraggio di dire: 2Abbiamo aperto la guerra economica contro di voi"», ha affermato il vicecancelliere tedesco Robert Habeck.
IL PACCHETTO
DOVE PASSA IL GASDOTTO Nord Stream 2
Sempre ieri Berlino (che fa sapere di aver raggiungo con largo anticipo lo stoccaggio di gas a quota 85%) ha reagito varando un nuovo pacchetto di aiuti: assegni famigliari più cospicui, fasce protette di energia più ampie, più sostegno ai pensionati, nuovi incentivi all'uso dei mezzi pubblici e una tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche che in questi mesi abbiano guadagnato dall'aumento dei prezzi di gas ed elettricità.
Uno sforzo da 65 miliardi «per superare l'inverno», ha dichiarato Scholz, consapevole delle paure degli elettori. Se il gas mancherà, interi settori dell'industria dovranno fermarsi. Al contrario, se il governo tutelasse le imprese, milioni di case resterebbero al freddo. Nel frattempo l'inflazione sale (era al 7.9% ad agosto) intaccando risparmi e salari.
manuela schwesig e il nord stream 2
Per i manifestanti di Lubmin, poco interessati alle sorti del Donbass o della Crimea, una soluzione a tutti i problemi è far arrivare più gas russo. Al governo, i pensionati del Meclemburgo hanno anche chiesto di non costruire rigassificatori sul mare del Nord e di non cedere più armi all'Ucraina. Il messaggio è per adesso monopolio delle frange politiche più estreme ma tre giorni fa il vicepresidente del Partito liberale, Wolfgang Kubicki, ha chiesto l'apertura di Nord Stream 2, subito zittito dal capo del partito e ministro federale delle Finanze, Christian Lindner.
le vie del gas russo manuela schwesig nord stream 2 nord stream 2