ALTOFORNO CREMATORIO - LA CRISI DELL'ILVA BY MANNELLI
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Festeggiano tutti, anche gli sconfitti, nel giorno del tormentato e ritardato via libera al decreto Rilancio che fa piovere sul Paese ben 55 miliardi. Eppure, il terremoto che ha squassato la fragile maggioranza rosso-gialla lascia crepe e macerie.
I 5Stelle che hanno tentato (inutilmente) di alzare un muro per impedire la regolarizzazione di migranti e colf, sono come un esercito in rotta. Numerosi in Parlamento, stritolati nella maggioranza. E divisi per bande: molti grillini nostalgici di sovranismo e salvinismo inquadrano nel mirino Giuseppe Conte, reo di «essere troppo vicino al Pd». Secondo alcuni addirittura «teleguidato».
Tanto più perché, questa è la mesta previsione che prende corpo nel Movimento, presto il premier gli farà ingoiare anche l'aborrito Fondo salva Stati (Mes). Non per sadismo verso chi l'ha portato a palazzo Chigi, ma perché così chiedono il Pd, Leu, Italia Viva. E così consiglia lo stato di necessità: ai 36 miliardi del Mes, non si stanca di ripetere il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, «non si può rinunciare».
conte di maio
Non solo. Nicola Zingaretti, vista la fragilità della maggioranza e confidando di poter sorpassare la Lega, torna a valutare l'ipotesi delle elezioni anticipate a ottobre. A emergenza Covid finita, si spera.
La giornata di ieri è cronaca della più grande arrampicata sugli specchi degli ultimi mesi. Con i grillini che cantano vittoria pur avendo fallito clamorosamente la prova di forza: dopo aver siglato domenica notte l'intesa sulla regolarizzazione di migranti e colf e dopo averla rinnegata la mattina dopo, Vito Crimi e con lui il vero regista dell'operazione Luigi Di Maio, alla fine hanno dovuto siglare un accordo molto simile a quello sconfessato. Perché il terrore del voto in autunno fa miracoli. E perché il Quirinale è stato chiaro: se cade Conte ci sono solo le elezioni. Nient'altro.
nicola zingaretti giuseppe conte
L'aria che tira per il Movimento è pessima. Mercoledì prossimo c'è il voto in Senato sulla sfiducia al Guardasigilli Alfonso Bonafede, con Matteo Renzi che ancora sfoglia la margherita: voto sì? Oppure voto no? Il leader di Italia viva scioglierà la riserva soltanto nel week-end, dopo un nuovo vertice tra la delegazione dei renziani e Conte: se il premier dirà sì all'accordo politico «per riconoscere dignità politica a Italia viva e alle sue proposte», Bonafede sarà salvo. Altrimenti il Guardasigilli e il governo a palazzo Madama rischieranno l'osso del collo.
Soprattutto, si diceva, con ogni probabilità i 5Stelle dovranno ammainare a giorni un'altra bandiera: il no al Mes che per anni hanno scolpito sulla pietra. Al pari del niet alla Tav. Certo, Conte farà di tutto per ottenere i recovery bond e allontanare l'amaro calice. Ma la trattativa europea è tutt'altro che semplice e si annuncia lunga, mentre i 36 miliardi del Mes per fronteggiare l'emergenza sanitaria sono lì, belli e pronti. E senza condizioni. Per capire il clima basta sentire il capogruppo dem in Senato, Andrea Marcucci: «L'accordo sui migranti e colf è la dimostrazione che il governo può stare lontano dalle urla belluine ed inconcludenti dei populisti di ogni risma». Notare bene: populisti sono i grillini per loro stessa ammissione.
alfonso bonafede luigi di maio
Insomma, è soltanto una tregua. Per di più armata. Crimi se la prende con il Pd, Leu e Italia Viva: «In tanti hanno cercato solo il loro tornaconto elettorale». Ma in molti, tra i gruppi parlamentari grillini allo sbando, attaccano il premier sospettato di puntare a un proprio partito e accusato di essersi ormai schiacciato sul Pd. Con il risultato di far perdere «peso politico» ai 5Stelle. Come dire: Conte traditore o quasi. Così il ministro grillino Federico D'Incà si lancia nella più classica excusatio non petita: «Conte è il miglior premier possibile».
LA TENTAZIONE DI ZINGARETTI
vito crimi reggente del m5s by osho
Qui si arriva al Pd. Dal Nazareno fanno sapere: «Noi tentiamo di reggere, in ogni modo». Traduzione di un alto esponente dem: «Noi sosteniamo Conte con convinzione, ma se il governo non ce la dovesse fare, l'unica opzione sono le elezioni anticipate in ottobre. Non ci sarebbero infatti le condizioni per un esecutivo di unità nazionale, anche vista l'indisponibilità di Mattarella».
Tutto dipenderà dall'epidemia e dai sondaggi: se in autunno non ci sarà una recrudescenza del virus e se le indagini demoscopiche daranno il Pd davanti alla Lega, Zingaretti punterà alle urne. Perché dopo il voto potrebbe essere il leader del maggiore partito. Quello che darà le carte per il nuovo governo e per il Quirinale nel 2022.