INDIVISIBILI
Marco Giusti per Dagospia
Venezia 73. Come la macchina da presa segue all’alba una serie di ragazze di vita sulla spiaggia e in piano sequenza si insinua nell’intimità della cameretta di due gemelle siamesi, Daisy e Viola, mentre una si tocca e l’altra no, prima di essere svegliate col caffè dalla mamma, abbiamo già capito che Edoardo De Angelis, con questo Indivisibili, suo terzo film da regista dopo Mozzarella Stories e Perez, presentato a Venezia alle Giornate degli Autori, fa sul serio.
INDIVISIBILI
Fa sul serio lui, il suo geniale direttore della fotografia, Ferran Paredes Rubio, i suoi sceneggiatori, Barbara Petronio e Nicola Guaglianone, autore anche del soggetto e già co-responsabile della sceneggiatura di Lo chiamavano Jeeg Robot. Certo, non si esce dal realismo garroniano, non si esce, anche giustamente, dalla ricerca di volti e voci della zona che si racconta, qui siamo in un hinterland napoletano dalle parti di Castelvolturno, ma almeno questo Indivisibili cerca di scrivere cinema, cerca di raccontare una storia particolare e assurda, più o meno alla Jeeg, con una messa in scena visiva e narrativa di invenzione.
INDIVISIBILI
E’ l’invenzione, ovviamente anche di soggetto, il supereroe del Tevere, le siamesi di Castelvolturno, a fare di questi nuovi film italiani qualcosa da osservare con cura. Perché con cura e con amore sono realizzati.
Ed è un peccato che, esattamente come per Jeeg un anno fa, anche stavolta sia ostacoloto il Concorso di Venezia a quello che ci pare uno dei film migliori, o almeno il migliore di quelli visti fino a qua, di tutta la compagine italiana. Daisy e Viola, le incantevoli Angela e Marianna Fontana, diciottenni canterine di Casapesenna, sono unite fisicamente e un po’ anche mentalmente e sono sfruttate dal padre Peppe, un torvo Massimiliano Rossi, e da una madre strafattona Titti, la Antonia Truppo cattivissima in Jeeg.
INDIVISIBILI
Ma hanno 18 anni e hanno cominciato a farsi delle domande. Soprattutto sul proprio futuro. E l’arrivo di un possibile salvatore, che si chiama Marco Ferreri come il regista della Donna scimmia, interpretato da Gaetano Bruno, e di un dottore che giura di poterle dividere in Svizzera, Peppe Servillo, mette nelle ragazze, o, almeno, in una delle due, ma fa lo stesso, visto che se una mangia troppo è poi l’altra che ha il mal di pancia, la voglia di fuggire dalla gabbia dei genitori sfruttatori, la voglia di dividersi e quindi di crescere. Perché? Perche voglio far l’amore.
INDIVISIBILI
E voglio far l’amore perché sono femmina. Indivisibili è una incantevole favola realistica che entra fin da subito nella spire della Nouvelle Vague italiana di questi ultimissimi anni, ma più che Nouvelle Vague sembra una voglia di undeground terzomondistico per questo parlavo di “cinema de invençao”.
Dominato a tutti i livelli da due meravigliose ragazze alla loro prima apparizione, e ancora una volta le esordienti nel nostro cinema vincono facile. Costruito con grande passione da Edoardo De Angelis, Nicola Guaglianone e da tutto il cast tecnico-artistico. Ancora una volta gli attori e i set napoletani fanno la differenza, la musica napoletana, di Enzo Avitabile, fa la differenza.
INDIVISIBILI - LOCANDINA
Qualcosa non funziona, purtroppo, nelle scene di fuga nella barca-bordello, anche il finale è un po’ precipitoso, ma l’idea di una delle gemelle fissata com “Mercedes Benz” di Janis Joplin è notevole. Sembra quasi impossibile, è vero, staccarsi dal realismo, qui come in Jeeg un po’ garroniano, come se quello è il vero nodo che rende tutto il nostro cinema indivisibile da qualcosa.
INDIVISIBILI
Come diceva Bertolucci, in Italia o fai realismo o fai commedia. In qualche modo il realismo e la commedia sono la coperta di mamma che ti protegge. Ma faremo fuori anche quello. E qui, grazo ea De Angelis e a Guaglianone siamo già un bel passo avanti. Assolutamente da concorso, ingiustamente schiaffato alle Giornate degli Autori (ma Jeeg venne scluso anche da lì…). Finora il miglior film di Edoardo De Angelis e uno dei migliori film italiani visti a Venezia.