(ANSA) - RAVENNA, 09 NOV - Dipendenti sferzati continuamente con insulti, prevaricazioni, gogne professionali, minacce di multe e di licenziamenti. Ma anche venditori costretti a fare le pulizie (pure dei bagni), a lavorare in piedi e a sottoporsi ai rapporti di un "mistery shopper", una sorta di cliente-spione ingaggiato dall'azienda per controllare il loro operato durante il lavoro.
mobbing
Un quadro di mobbing quello delineato dal giudice del Tribunale di Ravenna Dario Bernardi, costato alla Mobili Dondi srl una condanna a versare ad una sua ex venditrice di salotti del punto vendita di Faenza - una 58enne tutelata dagli avvocati Manuel Carvello e Silvia Dolcini - circa 60mila euro in totale tra le diverse voci.
La srl (avvocato Andrea Pezzi) dovrà inoltre pagare 5.000 euro alla cassa delle ammende per la "gravità dei fatti e della condotta processuale". Alla lavoratrice - come riportato dal Resto del Carlino - infine l'Inail (avvocato Gianluca Mancini) dovrà pagare circa 20 mila euro per la malattia professionale riportata secondo la consulenza tecnica disposta dal Tribunale: "Disturbo dell'adattamento con sintomi ansioso-depressivi". L'Inail avrà ora la possibilità di promuovere una azione di rivalsa contro la srl.
MOBBING
"Le condotte - ha scritto il giudice nella sentenza - lesive della dignità, dei rapporti umani e delle regole contrattuali", hanno riguardato "una pluralità di lavoratori" e "sono provate per tabulas: non è possibile comprendere la strenua resistenza negazionista" del datore di lavoro. La ricorrente era rimasta nelle fila della srl tra il 2008 e il 2021 quando erano state notificate le dimissioni per giusta causa . Nei suoi confronti risultano tre multe da 20 euro irrogate "senza alcun procedimento disciplinare: un comportamento inammissibile". Inoltre era costretta a "fare le pulizie, bagni compresi".
mobbing
E a lavorare in piedi, potendosi sedere al massimo "talvolta sul divano con il cliente all'atto della vendita". Tra le condotte riportate nella sentenza, spicca quella legata all'uso di un "mistery shopper", ovvero, come l'ha descritto un teste dell'ex area manager, "un elemento di controllo dell'azienda per verificare il comportamento del lavoratore dall'accoglienza al congedo del cliente". Non solo, ha proseguito il giudice, una pratica del tutto illegittima: ma i risultati "venivano condivisi con tutti i lavoratori in una ennesima gogna". Nelle carte agli atti, occupano spazio rilevante le numerose mail del datore con insulti espliciti, minacce di chiusura, fallimento o licenziamento specie in concomitanza con la pandemia da covid19.