Emilio Randacio per “la Repubblica”
piero fassino silvio berlusconi
Un estremo tentativo «per cercare di ottenere la gratitudine della famiglia Berlusconi e per migliorare la sua posizione ». Ecco il ruolo che Roberto Raffaelli, ex numero uno di Rcs (Research control system), società che affittava i macchinari per effettuare intercettazioni telefoniche alle procure, ha avuto nel processo a carico di Paolo e Silvio Berlusconi. A sostenerlo, è il gup di Milano, Alessandra Clemente, che ha condannato Raffaelli a un anno di reclusione per falsa testimonianza. Bisogna riavvolgere il nastro di esattamente dieci anni per spiegare questa storia.
Paolo e Silvio Berlusconi
Siamo alla vigilia di Natale del 2005. Silvio Berlusconi riceve nella sua villa di Arcore Raffaelli, che poche settimane prima aveva rubato ai pm milanesi, una intercettazione sulle scalate ad Antonveneta e alla Bnl. La telefonata riguarda l’allora numero uno dei Ds, Piero Fassino, e il presidente di Unipol Giovanni Consorte. «Allora, abbiamo una banca?», chiedeva Fassino al secondo, pronto a scalare Bnl. Conversazione non rilevante, ma che doveva restare segreta in attesa degli sviluppi dell’indagine sui «furbetti del quartierino».
fassino sfondo consorte da IlSole24Ore
Invece, tre giorni dopo quell’incontro ad Arcore, dalle colonne de il Giornale della famiglia Berlusconi, parte una campagna stampa contro i Ds. Oggi, a raccontare cosa è successo quella vigilia di Natale, sono le carte processuali. I fratelli Berlusconi, condannati in primo grado per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio, in appello sono stati prescritti. Fassino ha ottenuto dalla Cassazione, 80 mila euro per i danni morali. Raffaelli e tre imprenditori, sono usciti dal primo processo, patteggiando.
unipol giovanni consorte 001 lap
Ma l’ex manager Rcs – difeso dall’avvocato Luigi Liguori -, è stato nuovamente incriminato. Durante il processo a carico dell’ex Cavaliere, aveva sostenuto di non aver mai fatto ascoltare quel nastro al padrone di casa di Arcore. Tesi smentita in tutti i processi collegati. In realtà, uno dei presenti - scrive il gup Clemente -, ha anche «ricordato che Silvio Berlusconi appena sentita la frase abbiamo una banca, ha aperto gli occhi» per la contentezza.