Estratto dell’articolo di Paolo Condò per la Repubblica
victor osimhen
S i era detto che gennaio, col trittico Inter-Juve-Roma, sarebbe stato l’esame di maturità del Napoli, e in gennaio la squadra di Spalletti ha raccolto più punti di tutti: 12, contro gli 11 dell’Atalanta, i 10 di Inter e Roma, gli 8 della Lazio, i 7 della Juve, i 5 del Milan. La vittoria sulla tostissima Roma, che ha fatto quasi match pari cedendo al gol dell’anno di Osimhen — stop, aggiustamento e tiro al volo in mezzo metro quadrato, una giocata superlativa — e al guizzo finale di Simeone, racconta proprio con queste due firme il senso della superiorità dei suoi campioni e della sua rosa.
MASSIMILIANO ALLEGRI
Restano adesso tre partite prima dell’andata degli ottavi di Champions contro l’Eintracht del 21 febbraio, e Spalletti può pensarci con la necessaria concentrazione, perché in campionato sta filando col pilota automatico. Osimhen ormai non va distante da Haaland e Benzema nel ruolo di centravanti più forte del mondo (Mbappé lo teniamo fra gli attaccanti esterni): è il leader che serve per le ambizioni massime.
Se la sconfitta della Juventus, figlia di un primo tempo da dilettanti, ha una spiegazione scontata nello stress post-traumatico dovuto alla penalizzazione (la prima gara la giochi sui nervi, la seconda paghi), il Milan che sta precipitando in fondo al pozzo è molto più complicato da analizzare.
Rafael LEAO
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Il Milan è un mistero molto più profondo perché fino a tre settimane fa un gioco ce l’aveva, e per quanto il suo livello fosse inferiore a quello dell’anno scorso restava sufficiente per una corsa di alta classifica (non altissima, quella da tempo riguarda solo il Napoli). Da un ko all’altro abbiamo provato a spiegare in diversi modi l’incredibile verticalità di questo crollo: il contributo nullo del mercato, la stanchezza dei “mondialisti”, la perdurante assenza di Maignan, lo sfibrante rinnovo di Leao, la perdita di un capitano (anche) non giocatore del carisma di Ibra.
VICTOR OSIMHEN Rafael LEAO 1
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