Luca Giampieri per “la Verità”
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«Papà voleva chiamarmi Selvaggia, la mamma Angelica. Alla fine, hanno scelto Elettra. Aveva ragione papà». Si definisce un maschiaccio con un rifiuto fisiologico per la normalità, Elettra Lamborghini. Nipote ed erede di Ferruccio Lamborghini, affermato costruttore di macchine agricole che nel 1963, in seguito a una lite con Enzo Ferrari («che vuol saperne di auto, lei, che guida trattori?», sarebbe sbottato il patron della scuderia di Maranello all' indirizzo di Lamborghini, reo di aver mosso un appunto tecnico a una Ferrari 250 GT di sua proprietà), fondò l'omonima casa automobilistica divenuta simbolo del lusso italiano nel mondo, seppur oggi interamente di proprietà del gruppo Volkswagen.
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Nata sotto il segno del toro come l'imprenditore di Renazzo (Ferrara), quasi fosse stata concepita da papà Tonino e mamma Luisa con lo scopo di perpetuare quella storia zodiacale impressa sul cofano delle fuoriserie di famiglia, Elettra ha ricevuto in culla il secondo nome Miura, ulteriore omaggio al genio creativo del nonno.
«Miura è la razza di tori più prestigiosa e combattiva», puntualizza la ventiduenne ereditiera mentre, con una creanza ormai in disuso tra i ragazzi della sua età, fa gli onori di casa all' ingresso del quartier generale dei Lamborghini a Casalecchio di Reno, sui colli bolognesi.
ELETTRA LAMBORGHINI
Nel cortile che precede l'entrata, al mio arrivo, noto un'Audi A1 personalizzata bianca e rosa («più rosa di me, non c'è nessuna»): sulla carrozzeria posteriore, sopra i quattro anelli intrecciati, logo dell' azienda di Ingolstadt, è applicato il nome Elettra. Più tardi, dopo una lunga conversazione culminata tra pezzi di storia dell' automobilismo in una visita fuori programma al Museo Lamborghini, una trentina di chilometri dalla villa con piscina interna dove la famiglia è solita riunirsi, capirò che tutto ciò che di bizzarro ho visto nel corso di quel pomeriggio è, in realtà, espressione cristallina della personalità di colei che avrebbe dovuto chiamarsi Selvaggia.
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L'hanno definita «la Paris Hilton italiana». È un soprannome che le va stretto?
«Siamo molto diverse. Di giorno, io sono una ragazza tranquilla, mi piace vestirmi sportiva; la sera mi trasformo. Paris Hilton mi sembra il classico prototipo della bionda senza nulla di speciale».
Di speciale, se vogliamo, c'è il marketing che ha fatto del suo nome un marchio commerciale. Potrebbe pensare di seguirla?
«Perché no? Più avanti, magari, ora non è il momento».
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Ha un modello di riferimento cui si ispira?
«Non sono mai stata il tipo da poster in cameretta, non amo gli idoli. Preferisco concentrarmi su me stessa».
Come la Hilton, anche lei si è fatta conoscere grazie a una serie di partecipazioni a programmi televisivi: dallo spagnolo Super Shore al reality sui giovani rampolli di casa nostra, #Riccanza.
«Sì, ma nel frattempo sto studiando canto e recitazione. Mi piacerebbe proseguire su quella strada, anche se sono una che cambia idea in continuazione. Mi annoio facilmente».
C' è qualcosa che non la stanca?
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«I miei cavalli, ne ho tre. Appena posso, mi ritiro al maneggio: è il mio habitat naturale. Ho vinto anche un campionato regionale, qui in Emilia Romagna, in sella al mio Karack Silver».
Cavalli di razza, macchine di lusso la sua vita sembrerebbe corrispondere perfettamente al profilo della «figlia di papà».
«Lo sono. Sarebbe strano il contrario. Per questo non provo alcun fastidio quando me lo dicono: è la verità».
Lei è cresciuta a pane e motori. Che rapporto ha sviluppato con le automobili?
«Mi crede se le dico che non sono una fanatica? Ho una decina di Lamborghini custodite in un parcheggio. Potrei guidare un modello diverso ogni giorno, e invece giro sempre con l' auto che mi hanno regalato per i 18 anni. È la mia macchina da battaglia».
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E col denaro, invece, che rapporto ha?
«È una bella domanda alla quale non so rispondere. Credo di aver perso il senso del denaro. Per me il lusso è la normalità, ci sono nata dentro. Fatico a dare un valore a ciò che acquisto, non guardo neanche il prezzo sul cartellino: se mi piace una cosa, la compro».
Su Instagram, un account dal nome Rich kids raccoglie fotografie di ragazzi benestanti che danno sfoggio della loro agiatezza: dalla gita fuori porta sul jet privé, allo shampoo a base di champagne. Cosa ne pensa?
«Che, in gran parte, sono dei poveretti. Trovo volgare l'ostentazione dei soldi. Poi, per farsi vedere, prendono una bottiglia di Dom Pérignon in discoteca, fanno la foto allo scontrino e magari sono in 50 al tavolo».
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Non per fare del campanilismo, ma devo registrare che sono quasi tutti stranieri. Perché, secondo lei?
«In Italia siamo messi male. È il motivo per cui cerco di farmi notare il meno possibile: qui mi sento giudicata. Se vado in Paesi dove c' è maggiore benessere, posso lasciarmi andare di più».
A proposito di social network, la sua pagina Facebook è molto seguita. È soddisfatta della risposta che ottiene?
«Sì, ma non mi cambia la vita: non ragiono in base al numero di like che ricevo, credo che i motivi di orgoglio siano altri. E non ho il tempo per leggere tutti i commenti che mi scrivono».
Gliene riferisco uno che ho letto mentre venivo qui: «Non meriti il tuo cognome». La infastidisce?
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«No, non me ne frega nulla. Internet è piena di gente frustrata. Penso che le persone si rapportino con gli altri in base all' educazione ricevuta e alla vita che conducono. Sono consapevole di suscitare molte gelosie, ma non è un problema. Se non mi chiamassi Lamborghini, probabilmente sarei invidiosa anch' io».
Si sente in dovere di essere all' altezza del cognome che porta?
«Certo che sì, è ovvio. Però è una responsabilità talmente grande voglio dire, mio nonno era un genio. Io ci provo, ma non prometto nulla».
Le è mai pesato essere una Lamborghini?
«Prima mi pesava, ora me ne sono fatta una ragione. È una gran fortuna, quindi devo accettare anche i lati negativi. Ogni tanto, mi chiedo come sarebbe la mia vita se mi chiamassi Francesca Rossi, ma poi mi rispondo che va benissimo così».
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Ha avuto modo di conoscere suo nonno, Elettra?
«No, è mancato un anno prima che nascessi. Mi hanno detto che gli assomiglio molto, caratterialmente. Pare che fosse un po' pazzo come me».
Mi racconti una follia che ha fatto.
«Ho guidato da Bologna a Riccione completamente nuda. Dovevo pagare pegno per una scommessa persa. Ho perfino fatto una tappa da McDonald' s, lo sa? Mi sono fermata al McDrive, però (sorride)».
La famiglia rappresenta un valore importante per lei?
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«Fondamentale. I miei genitori mi hanno insegnato l' umiltà e le buone maniere, che non dipendono dai soldi. Da papà ho imparato il bon ton, a cominciare da come si sta a tavola. Difatti non sopporto chi, a tavola, non si sa comportare e, prima di iniziare a mangiare, grida "buon appetito". Per non parlare di quelli che dicono "piacere" appena ti vedono e ti danno la mano moscia, o che ti fumano addosso. Ho un' ossessione per il Galateo».
Ma lei che persone frequenta?
«A parte le amiche di una vita, in generale preferisco uscire con gente più grande, sui 40 anni, mi considero più matura delle mie coetanee».
Qual è il suo prototipo di uomo ideale?
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«Le mie amiche dicono che quelli che piacciono a me sono tutti brutti. Sono all' antica: voglio un ragazzo che mi corteggi, che mi apra la portiera della macchina e mi regali le rose. Un gentleman, insomma, come mio papà. Poi, però, perdo la testa per i bad boys (ride). È che con me si intimidiscono tutti, io ho bisogno di uno con le palle. E amo i logorroici: non voglio fare un monologo, se esco a cena».
Riuscirebbe ad avere una relazione con un uomo dal conto in banca modesto?
«In teoria, sì. In pratica, credo che finirei col sentirmi in una condizione di superiorità. Non funzionerebbe».
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Con un vip è mai uscita?
«Una volta sola. Un conduttore poco più grande di me, ma non le dirò il nome. Coi vip, va a finire che devono mettere in mostra ciò che hanno, entrano subito in competizione».
Meglio i rampolli, quindi?
«Sì. I famosi si rivelano spesso dei gran cafoni, e io tengo molto all' etichetta. Posso avere tutti i tatuaggi del mondo, ma sono una signora».
Quanto conta, per lei, l'aspetto esteriore?
«Le sembrerà strano: non è così importante. Ok, mi sono rifatta il seno, ma non ho la fissa della chirurgia estetica. Quando cominceranno a uscire le rughe e mi scenderà il culo, magari, ne riparleremo».
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È spregiudicata anche nel sesso?
«Sono piuttosto disinibita, sì. Non mi imbarazza la nudità, anzi, sono un' esibizionista.
Amo provocare, credo faccia parte della natura femminile».
Ci sarà qualcosa che la imbarazza
«Non ricordare i nomi. Ho un grave problema di memoria. Durante una serata, sono stata capace di presentarmi tre volte alla stessa persona».
Si direbbe che lei abbia avuto tutto dalla vita. C' è qualcosa che le manca?
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«Non saprei... a ognuno di noi manca qualcosa. Del resto, non si può avere tutto nella vita, non crede?».
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