Ilario Lombardo per “la Stampa”
di maio conte
Non è che altre volte fosse andata molto meglio. Solo nel 2019: in Abruzzo il M5S arriva terzo con il 20% dei voti (regione che erano sicuri di stravincere); in Sardegna terzo di nuovo ma il tonfo è ben più pesante all' 11%; e infine terzi in Piemonte al 13%. E ovviamente c' è quel 17% delle Europee che rende più complicata la ricerca di un colpevole fuori casa.
L' elenco delle ultime elezioni perse, quando i 5 Stelle andavano verso la disfatta alle urne in beata solitudine, è ben presente a Giuseppe Conte mentre al telefono ascolta le ragioni di Luigi Di Maio che, irremovibile, conferma: «L' esperimento con il Pd è finito. Ci danneggia».
I MEME SULLE REGIONALI IN UMBRIA - SPERANZA - ZINGARETTI - BIANCONI - DI MAIO - CONTE
Il capo politico dei 5 Stelle si fa forza su un sondaggio riservato che dimostrerebbe come il 30 per cento degli elettori umbri dei 5 Stelle si siano astenuti per la scelta di andare con il Pd. Dato confermato con cifre ancora più negative da Swg e Istituto Cattaneo secondo i quali un elettore su due che ha votato 5 stelle alle elezioni nazionali del 2018 ha disertato il voto.
Questa è la prova che Di Maio agita per spiegare la sua scelta. «Così per noi non funziona» dice a Conte. Il premier Conte ascolta, consapevole di un elemento incontrovertibile: è Di Maio a guidare un partito, con le sue convulsioni, le sue contraddizioni e tensioni. Di Maio deve trovare una sintesi tra anime diverse che compongono la polveriera grillina. Conte, per ora, rappresenta se stesso, anche se in Parlamento e fuori le cose si muovono e i gruppi guardano a lui sempre di più.
BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
«Sei tu il capo politico, Luigi. Io non posso intervenire in tutto questo. Sappi però - aggiunge il presidente del Consiglio - che io non mi farei fermare da questa elezione. Mi prenderei del tempo, per valutare il progetto, testarlo in sfide che sono più a portata». Insomma, l' Umbria non può essere fatale, secondo Conte. Perché era persa già dal principio e le condizioni erano chiare, dallo svantaggio di partire da uno scandalo sulla sanità che ha decapitato l' amministrazione regionale del Pd.
«Io in questo progetto ci credo, però» confessa Conte e spiega di considerarlo al di là delle singole elezioni regionali, seppur importanti. Conte ragiona a livello nazionale, «su una prospettiva più di lungo respiro». E lo dice anche chiaramente rilanciando l' azione di governo fino al 2023 e ricordando quell' elenco iniziale di sconfitte: «Il M5s anche in passato non ha avuto buone performance locali, ma il 4 marzo del 2018 ha avuto un grande successo a livello nazionale. Questo quadro d' insieme quando si fanno delle valutazioni va tenuto in conto».
«Pensaci» è quello che chiede Conte a Di Maio. Il leader sembra aver chiuso ogni possibilità di ripensamento ma non è detto che alla fine sarà del tutto così. Di certo, Di Maio si è fatto i suoi calcoli. Non è un caso che dopo l' Umbria abbia stoppato ogni altro remake del patto civico. Sa che alla prossime tappe l' accordo sarebbe stato molto più sofferto.
luigi di maio nicola zingaretti
E lo spiega a Conte: «In Emilia i miei non vogliono sentir parlare di Bonaccini (governatore uscente e candidato del Pd)».Nemmeno di desistenza. In Calabria, da Nicola Morra ad altri non se ne parla nemmeno di intese con i dem, anche se questa e la Liguria sono le regioni dove il Pd potrebbe lasciare al M5s il candidato. In Campania c' è il problema di Vincenzo De Luca, insormontabile per Di Maio.
Detto questo, Conte non dispera e crede che in futuro si possa replicare l' esperimento valutando di volta in volta. Anche perché sa che è quello che vuole Beppe Grillo. Una tenaglia che non sfugge a Di Maio e di cui però non vuole rimanere vittima. Ecco spiegato il motivo di tanta fretta nel liquidare il Pd. «Non sono stato io a volere questa alleanza. Me lo hanno chiesto loro (Conte e Grillo, ndr). Io ci ho messo la faccia ma non ne posso pagare da solo le conseguenze ».
Il capo politico aveva previsto l' orda di risentimento che si è scatenata contro di lui. Anche se totalmente Disarticolata. C' è chi come Gianluigi Paragone, Mario Michele Giarrusso e Barbara Lezzi chiedono assemblee e se la prendono contro i governisti Laura Castelli, Stefano Buffagni e Vincenzo Spadafora. Ma c' è anche chi è sempre stato un fedelissimo di Di Maio, come Sergio Battelli, ma non capisce perché buttare tutto via così di fretta. Molti la pensano come lui e danno sfogo alla propria frustrazione in chat. Di Maio tra i parlamentari è sempre più solo, distante.
barbara lezzi
Buffagni gli chiede di allargare la squadra ma dice a Conte di fare sponda di più con il M5S, perché se sarà una risorsa dei grillini, lo deve fare apertamente. Puntuale, poi, è tornato a farsi sentire Grillo. Lo sanno tutti come la pensa, da Roberto Fico, che la vede come lui, in giù. «Si continua con il Pd» è il messaggio che fa arrivare a Di Maio. Prima con un tweet sui risultati umbri («pensavo peggio») che cancella subito dopo. Poi con la citazione della canzone dei Soundgarden 'Black hole sun". Nel testo c' è scritto: «Il tempo è andato per gli uomini onesti». Il buco nero è lì di fronte a Di Maio.