Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
d'alema conte
«Mi sembra un argomento troppo delicato per affrontarlo così, su due piedi. Se ci saranno novità, ne parlerò in maniera approfondita nei prossimi giorni». Con tono cortese ma fermo, Michele Santoro respinge per ora al mittente le domande su un suo impegno diretto alle prossime elezioni politiche.
Intervistato dal Foglio , il 2 luglio scorso, il popolare giornalista e conduttore televisivo aveva spiegato che «se Giuseppe Conte decidesse di fare politica, e non tattica, se lasciasse il governo di Mario Draghi per mettersi in gioco a sinistra e rischiare allora sarei disposto anche a dargli una mano».
Tre settimane dopo, la condizione necessaria, ancorché non sufficiente, perché si formi un tandem elettorale con il capo politico del Movimento 5 Stelle si è realizzata; e infatti nella cerchia allargata dell'ex presidente del Consiglio si è subito sparsa la voce che i due, Conte e Santoro, abbiano cominciato a parlarsi.
jean luc melenchon ballottaggio elezioni legislative
Nel quartier generale dei grillini in via di Campo Marzio, a Roma, mentre tiene banco il dibattito sulle deroghe per il terzo mandato degli eletti, considerano sempre più improbabile l'ipotesi che si possa riannodare il filo dell'alleanza col Pd. Ecco, quindi, che dal dibattito interno viene fuori il «piano B»: trasformare il Movimento 5 Stelle, nato come «né di destra né di sinistra», nel perno di una nuova «Cosa Rossa»; e, soprattutto, fare della figura di Conte una specie di «Mélenchon con la pochette», una versione tricolore della sinistra-sinistra che in Francia ha spopolato alle ultime elezioni legislative.
giuseppe conte al compleanno di goffredo bettini 1
Se unire i puntini da Santoro a Conte è ancora prematuro, ma lo sarà al massimo per qualche giorno ancora, lo stesso non può dirsi dei contatti con la galassia di Unione Popolare, il cartello de Magistris-Rifondazione Comunista-Potere al popolo che ha già invitato il M5S a unirsi alla brigata in vista dell'appuntamento con le urne. «Ancora con Conte non ci siamo parlati. Certo, con le elezioni anticipate e la consegna delle liste tra meno di un mese, forse questa è la settimana giusta per farlo», spiega l'ex sindaco di Napoli.
Che aggiunge: «Vedo che Letta, adesso, dice che la sfida è tra loro e la destra.
giuseppe conte al compleanno di bettini
Nulla di più sbagliato. Fuori dalla contesa indicata dal segretario del Pd c'è un'area vastissima, di sinistra e non solo, che porta avanti istanze pacifiste, ambientaliste, incentrate sulla necessità non più rinviabile di un'agenda sociale vera. Noi quest' area, che ovviamente non poteva riconoscersi nel lavoro che stava facendo il governo Draghi, abbiamo iniziato a presidiarla da tempo. Adesso che anche Conte è uscito dal governo, ragionare insieme è doveroso».
Sì, ma lo schema? Tutti insieme nella stessa lista? O due liste, Unione Popolare e M5S, che firmano un patto di coalizione e si presentano assieme nei collegi uninominali? «Un modello potrebbe essere l'esperienza di Unidos Podemos in Spagna. Ma sono cose che vedremo, nel caso, presto», è la risposta di de Magistris.
A meno di una settimana dalla scelta definitiva di non votare la fiducia a Draghi, insomma, nel M5S si medita sull'ipotesi di un clamoroso restyling politico. E si ragiona su una tela che, a sinistra, può catalizzare l'attenzione di tutti gli intellettuali che avevano partecipato alla serata, organizzata da Santoro, sulla «Pace proibita».
SANTORO DRAGHI
«Alcuni di loro, come Vauro Senesi e Moni Ovadia, hanno già firmato il nostro appello del 9 luglio scorso sulla costituzione di Unione popolare», mette a verbale Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione comunista. Che, come de Magistris, non vede l'ora di incontrare i 5 Stelle «in una coalizione che, tra le altre cose, si pone l'obiettivo di fermare la guerra e di togliere l'Italia da quel gruppo di Paesi, di cui fanno parte oltre a noi solo Polonia e Gran Bretagna, totalmente piegati al volere degli Usa e della Nato». Il solco, insomma, è tracciato.
DE MAGISTRIS
A Conte la scelta se imboccarlo o meno. E se favorire, tra le altre decine di profili che s' intravedono all'orizzonte, anche il ritorno sulla scena di Alessandro Di Battista. Meno di una settimana fa, l'ex premier considerava ancora percorribile la strada diretta al «campo largo» col Pd. Anche dopo la caduta del governo Draghi, parole confidate ai fedelissimi, sosteneva che «delle nostre percentuali ci sarà comunque bisogno per vincere». Sembra passato un secolo.
La pochette è ancora adagiata nel taschino della giacca. Si cerca l'assonanza tutta transalpina col nome dell'ultimo riferimento della sinistra mondiale che adesso si cerca di importare in Italia. Quel «Mélenchon» che spera di ritrovarsi presto con una succursale al di qua delle Alpi.
DI BATTISTA CONTE