conte putin
Marcello Sorgi per “la Stampa”
Dal dibattito parlamentare che ha dato il via per tutto il 2023 a nuovi invii di armi in Ucraina, sono uscite tre novità: la prima è la larga maggioranza, da Meloni al Pd e al Terzo Polo, a favore della continuazione degli aiuti a Kiev con il metodo dei decreti secretati: né la premier, né il ministro della Difesa Crosetto avranno bisogno di ripassare dalle Camere per andare avanti nella solidarietà con Zelenski.
Agli occhi della Nato e degli Usa è Meloni ad avere il merito dell'operazione, concordata con Biden nei colloqui avuti di recente. Ma Letta e Calenda - ed ecco la seconda novità - si prendono la loro parte, ottenendo che, come nel precedente dibattito, la maggioranza di destra-centro voti a favore delle loro mozioni, e cementando una sorta di nuovo super Patto Atlantico adattato alle attuali esigenze.
salvini putin conte
Conte è il solo - ed ecco il terzo aspetto da segnalare - insieme a Fratoianni e Bonelli, che però lo avevano già fatto in passato, a votare contro. Per un ex-premier che quando era a Palazzo Chigi non aveva esitato ad aumentare le spese militari è una svolta inaudita, alla base di un inedito faccia a faccia con Meloni che accusava il suo predecessore di essersi schierato con Mosca e muoversi a favore dell'installazione di un governo filorusso in Ucraina.
Naturalmente Conte non ha detto nulla di tutto ciò e ha vagheggiato una soluzione diplomatica del conflitto, pur consapevole che al momento è impossibile.
GIORGIA MELONI
Il leader dei 5 stelle ha scelto di massimizzare i vantaggi in termini di consenso di un'opposizione radicale e delle perplessità crescenti nell'opinione pubblica per i costi - a cominciare da quelli energetici - della continuazione della guerra. È un calcolo di medio termine, che guarda alle elezioni europee del 2024 in cui Conte si propone di superare e distanziare il Pd, recuperando tutti o quasi tutti i voti del 2018.
Infine la larga maggioranza manifestatasi ieri in Parlamento ha impedito a Salvini di confermare le sue riserve e lo ha costretto ad allinearsi nel voto. Sui vaccini (Ronzulli, Forza Italia) o sulle armi (Romeo, Lega), la maggioranza dà segni di fibrillazione. Ma Meloni, rivolgendosi a Conte, parlava a suocera perché nuora intenda. E non essendoci alternative, l'alleanza tiene.
2 - CONTE SI CHIAMA FUORI E VUOLE «DIFENDERE» LA MINORANZA RUSSOFONA
Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
VLADIMIR PUTIN E GIUSEPPE CONTE
I voti incrociati di ieri, tra maggioranza, Partito democratico e Terzo Polo, dimostrano che nel Parlamento italiano, nonostante le titubanze di Forza Italia e Lega, da un lato, e l'opposizione netta del Movimento 5 Stelle e dei rosso-verdi, dall'altro, l'asse atlantico regge.
C'è stato, da parte della premier Giorgia Meloni, del Pd, di Azione e Italia viva il tentativo di dimostrare che esistono momenti in cui l'unità nazionale non solo è necessaria, ma è anche doverosa. Perché in gioco, oltre alla sopravvivenza dell'Ucraina, c'è anche il ruolo del nostro Paese nello scenario internazionale.
Il ruolo e, vale la pena aggiungerlo, la credibilità. A questo hanno pensato i parlamentari di maggioranza e opposizione che ieri, con il loro voto, hanno confermato che l'Italia è, e continuerà a essere, dalla parte di Kiev, contro l'aggressore russo. Nel centrodestra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, di fronte all'intransigenza della presidente del Consiglio che su questo punto non era disposta a cedere di un millimetro, si sono dovuti adeguare.
Sull'altro fronte, quello dell'opposizione, Giuseppe Conte, invece, ha deciso di cavalcare non tanto l'ondata pacifista, che in Italia si sta facendo sentire, quanto l'antiamericanismo e l'antiatlantismo (anche questi, come è noto, ben presenti in alcune fasce del nostro Paese).
giuseppe conte e vladimir putin
Già, perché il leader dei 5 Stelle non si è limitato a esprimersi contro l'invio delle armi a Kiev, contraddicendo il voto che per ben cinque volte il Movimento aveva dato in Parlamento con il governo guidato da Mario Draghi.
Ieri il Conte di lotta e non più di governo, dismessi i panni di chi ha ricoperto il ruolo di premier, ha denunciato la «totale acquiescenza alle indicazioni di Washington» e ha reclamato a gran voce la «tutela delle minoranze russofone». Ed è proprio la garanzia di quella «tutela» uno dei maggiori pretesti usati da Vladimir Putin per invadere l'Ucraina.
GIUSEPPE CONTE E VLADIMIR PUTIN MATTEO SALVINI CONTESTATO IN POLONIA CON LA MAGLIETTA DI PUTIN GIORGIA MELONI PUTIN E L'ITALIA