Domenico Di Sanzo per “il Giornale”
conte di maio
Lanciare il sasso su Autostrade, nascondere la mano sul Codice degli appalti. È l'ormai solita strategia di un M5s in equilibrio precario tra la responsabilità di governo e i totem delle origini. E per rilanciare nella partita tra l'esecutivo e i Benetton, si rivede un facilitatore.
È Andrea Cioffi, senatore salernitano di certo non ostile all'ex capo politico Luigi Di Maio. La sua riflessione è pubblicata sul Blog delle Stelle. Cioffi riporta le parole dette dalla Corte dei conti martedì davanti alla commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama: «La convenzione madre dal punto di vista tecnico è illegittima». Il riferimento è alla convenzione ottenuta da Autostrade nel 1997, definita dal Blog del M5s «una sorta di peccato originale». L'illegittimità verterebbe su una violazione dei principi comunitari contestata 23 anni fa dai magistrati contabili. Ma la di là dei tecnicismi giuridici, i Cinque stelle parlano di un sistema che «deve essere smantellato».
conte di maio
E attaccano la famiglia Benetton, che controlla Autostrade attraverso la holding Atlantia: «Non ci interessano gli utili dei Benetton». La proposta alternativa è un generico «Investimenti, manutenzione, tariffe più basse» che si traduce nella battaglia sul no al rinnovo della concessione ad Aspi. Un tema su cui i grillini battono da due anni, dalla tragedia del crollo del Ponte Morandi di Genova. Una battaglia portata avanti ai tempi del governo gialloverde, come quella sul no alla sospensione del Codice degli appalti.
andrea cioffi
Che all'epoca aveva provocato polemiche tra leghisti e pentastellati. La questione sta propiziando tensioni anche in questi giorni. Ma il M5s, come spesso accade, si trova sul lato opposto della barricata rispetto al passato. Martedì Di Maio ha proposto di sospendere per tre anni la legislazione sulle gare pubbliche. Uscita stoppata dal Pd, con il capogruppo alla Camera ed ex ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio che dice: «Abbiamo seminato una pianta sana, non si può tagliare».
Nessun grillino ha reagito in chiaro alla fuga in avanti del ministro degli Esteri. Ma un esponente pentastellato vicino ad Alessandro Di Battista non nasconde le perplessità e annuncia: «A parte questo, comunque noi siamo pronti alla nostra battaglia per il rinnovamento». Che passa anche per un ddl depositato al Senato il 16 giugno, con primo firmatario il senatore Elio Lannutti.
conte di maio
Il testo prevede l'ingresso in Costituzione del conflitto di interessi, con l'incandidabilità per chi gestisce i mezzi di informazione. Tema molto caro a Dibba che, secondo l'AdnKronos, ha approvato l'iniziativa. E l'obiettivo, al solito, è Silvio Berlusconi. Che pur non essendo citato nel ddl, viene evocato come «fondatore e dominus di uno dei principali partiti che operano in Parlamento, nonché per quattro volte nominato presidente del Consiglio dei ministri».
di battista
Voci all'interno del Movimento danno Dibba come candidato ideale per rilanciare il Movimento: c'è chi afferma che si presenterà alle elezioni suppletive in Sardegna, in settembre. Ma altre fonti smentiscono la candidatura, «Di Battista rilancerà il M5S puntando sui temi, con gli stati generali, e non sulle candidature.
Per lui le candidature le devono scegliere gli iscritti e non i parlamentari». Se Di Battista ricomincia dall'antiberlusconismo, Beppe Grillo invece vuole blindare il «contismo» E, preoccupato dai numeri ballerini del governo, lavora per consegnare a Giuseppe Conte il comando del M5s. Il garante è preoccupato dall'eventualità di un ritorno alle urne o da una nuova maggioranza con un altro premier.
SCATTA IL FUGGI FUGGI DA M5S NESSUNO SI AUTOTASSA PIÙ
Fausto Carioti per “Libero quotidiano”
Oltre ai numeri della maggioranza, sempre più esigui, ce ne sono altri che devono preoccupare Giuseppe Conte, perché fanno capire bene la gravità della malattia che ha colpito i Cinque Stelle. Sono i numeri degli eletti grillini che in tutto il 2020 non hanno messo nemmeno un euro nelle casse del movimento: ad oggi 162, più della metà. Ben 42 sono recidivi dal 2019 e dunque, almeno in teoria, dovrebbero essere cacciati. Cosa che non avverrà, ovviamente. L'accordo che tutti costoro hanno firmato al momento della candidatura prevede di «restituire mensilmente un importo minimo pari a euro 2.000», oltre a dare 300 euro per il «mantenimento delle piattaforme tecnologiche» del M5S, cioè per il sistema Rousseau.
luigi di maio giuseppe conte
Il rispetto di questi obblighi è un indicatore più importante di ogni chiacchiera, perché ci sono eletti pentastellati che hanno già preso accordi con i partiti di centrodestra. Non se ne vanno subito, traccheggiano in attesa del momento buono, ma intanto hanno smesso di fare i bonifici al movimento. Basta vedere gli ultimi due transfughi: Alessandra Ermellino, appena passata al gruppo misto, non versava un euro dal giugno del 2019, e Alessandra Riccardi, nuovo acquisto di Matteo Salvini, era ferma da dicembre.
giuseppe conte luigi di maio
La tabella pubblicata sul sito tirendiconto.it, dove le "restituzioni" sono rese pubbliche, non è mai stata brutta come adesso. Su un totale di 296 parlamentari rimasti, sono 162 (112 deputati, 50 senatori) quelli che devono ancora fare il primo versamento del 2020. Ben più della metà. E il Covid non è una buona scusa: la busta paga ai parlamentari è regolarmente arrivata. I richiami di Vito Crimi non sono serviti. Un mese fa il capo politico aveva lanciato quello che doveva essere l'avvertimento definitivo: entro il 30 giugno occorre «completare le rendicontazioni e le restituzioni fino al mese di aprile 2020». Altrimenti, aveva minacciato, si passa alle sanzioni, espulsioni incluse.
VITO CRIMI GIUSEPPE CONTE
Il risultato, al momento, è quello che si è visto, e lo stesso Crimi non ha dato grande esempio, visto che sino a ieri sera era uno dei tanti che non hanno pagato nulla nell'anno in corso. È in buona compagnia, peraltro: nella stessa situazione ci sono "big", diciamo così, del calibro di Paola Taverna, Nicola Morra, i ministri Nunzia Catalfo e Federico D'Incà e l'ex ministro Giulia Grillo. Hanno cinque giorni di tempo, difficile che da qui ad allora tutti si mettano in regola. Anche perché ce ne sono 42 (14 senatori e 28 deputati), inclusa la stessa Catalfo, che ancora debbono completare i versamenti del 2019. Per loro non ci sono scuse, giacché il termine per adempiere è scaduto ad aprile.
elio lannutti foto di bacco
NUMERI TIRANNI Il motivo per cui Crimi abbaia senza mordere è ovvio: basta che una frazione di quei 42 cambi sponda per chiudere l'era del governo giallorosso. La maggioranza, infatti, è a un passo dal non essere più tale. Il gruppo grillino a palazzo Madama è sceso a 95 senatori. Sommati a quelli del Pd (35), ai renziani (17) e ai 5 di Liberi e uguali, il loro numero arriva a 152.
Dunque ben al di sotto della maggioranza dell'aula, pari a 161. La stessa coalizione, però, sinora ha contato su 7 senatori del gruppo misto e 3 del gruppo delle Autonomie. Questo consente a Conte di poggiarsi su 162 voti, appena al di sopra della linea di galleggiamento. L'aiuto di Forza Italia gli sarebbe prezioso, ma l'accordo con Lega e Fdi per le candidature regionali pare avere ricompattato il centrodestra. E senza piano B, non resta che il piano A: tenersi i senatori che ci sono e fingere di non vedere i grillini che smettono di versare l'obolo. Fin quando non sono loro ad andarsene, si può fare.
grillo di battista alessandro di battista