1 - CONTE PUNTA ALL'ACCORDO SU AUTOSTRADE SENZA I BENETTON AZIONISTI DI CONTROLLO
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
giuseppe conte
C' è una data cerchiata in rosso sul calendario di palazzo Chigi: 30 giugno. L' hanno segnalata sia la ministra ai Trasporti Paola De Micheli, sia il titolare dell' Economia Roberto Gualtieri. E obbliga il governo a una corsa disperata contro il tempo. Per scongiurare il rischio di dover sborsare una ventina di miliardi: la cifra che i Benetton potrebbero chiedere allo Stato per chiudere una volta per tutte la partita su Autostrade per l' Italia (Aspi).
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Mediare, allora, ma come? Nel migliore dei mondi possibili, il presidente del Consiglio imporrebbe condizioni talmente dure da far digerire anche ai Cinque Stelle la permanenza della famiglia veneta al vertice di Autostrade. Ma siccome questo schema finora non ha prodotto un' intesa, e il rapporto con Atlantia - la holding che controlla Aspi - sembra logoro, in queste ore Conte si va persuadendo che l' unica via d' uscita sia ottenere uno scalpo: quello dei Benetton, appunto.
Ai grillini ha fatto sapere che lavora a una loro uscita di scena dalla partita autostradale. Gli basterà che non abbiano più la maggioranza in Aspi, dunque che perdano il controllo della concessionaria. O, meglio ancora, che vendano l' intero pacchetto azionario. Lo scambio sarebbe prevedere per chi subentrerà condizioni assai meno svantaggiose di quelle finora minacciate, in modo da poter comunque far vendere bene - e non svendere - ai Benetton le loro quote. Tutto, insomma, sembra ormai ruotare attorno al prezzo, più che alla possibilità che la famiglia resti a gestire Autostrade. Ma per far subentrare chi? Un privato, nella migliore delle ipotesi, a cui lavora il governo. Probabilmente affiancato dallo Stato, ad esempio attraverso Cdp.
roberto tomasi autostrade per l'italia
Una proposta che tuttavia Atlantia difficilmente vorrà prendere in considerazione. Cedere un pacchetto di minoranza, questo sì è possibile: i Benetton hanno già detto di essere disponibili. Ma mollare tutto, piegandosi ai diktat del governo, non appare al momento plausibile. Pronti, semmai, a impugnare la pistola del contenzioso miliardario. Che oltretutto è stato l' esecutivo a caricare. Il decreto Milleproroghe, pubblicato in Gazzetta il 2 gennaio, ha infatti cambiato in modo sostanziale il valore di indennizzo della concessione, disponendo che in caso di revoca questa possa passare ad Anas per 7 miliardi.
Una modifica sopraggiunta e unilaterale che, in base all' art.9 della Convenzione Unica in vigore tra Aspi e Mit, deve essere accettata formalmente dal concessionario entro 6 mesi. Spirati i quali - e si torna al 30 giugno - Autostrade avrebbe la facoltà di restituire le chiavi dell' asset autostradale, chiedendo come ristoro l' intero valore della concessione fino alla scadenza (nel 2038). Intorno ai 23 miliardi, secondo i calcoli della società. In grado di scatenare l' ennesima guerra di carte bollate, per la gioia di stuoli di avvocati.
PAOLA DE MICHELI GIUSEPPE CONTE
Il rischio preoccupa in particolare il ministero dell' Economia. Già da venti giorni impegnato in un ciclo di incontri tecnici con i rappresentanti di Aspi per ragionare sul taglio delle tariffe (proposto dalla stessa concessionaria) e sulla richiesta a Sace di garanzia sul prestito bancario. Un modo, anche, per abbassare la temperatura. In vista della trattativa- lampo che attende il premier.
Sempre che infine si riesca a raggiungere un' intesa in maggioranza.
Il che, allo stato dell' arte, appare tutt' altro che scontato.
2 - AUTOSTRADE, VERSO LA REVISIONE ZINGARETTI: «SI DECIDA SUBITO»
Alberto Gentili per “il Messaggero”
Giuseppe Conte, al pari di Fabio Massimo il Temporeggiatore, sta provando a sfiancare 5Stelle, Pd, Italia viva e Leu dribblando lo scontro e rinviando la decisione sul destino di Atlantia e della concessione della rete autostradale. E' così da quattro mesi e da nove lettere dalla società del gruppo Benetton che, inutilmente, chiede chiarezza sul futuro. E dunque sul piano da 14,5 miliardi di investimenti.
patuanelli paola de micheli
E' una strategia consolidata, quella del premier. In passato l' ha adottata sulle altre questioni identitarie dei grilli, come la Tav, l' Ilva e si muove allo stesso modo sul Mes.
In tutte le occasioni, probabilmente sarà così anche per il nodo autostrade e per il Fondo salva Stati, alla fine Conte ha fatto prevalere le logiche e le necessità economiche costringendo i 5Stelle ad ammainare le loro bandiere.
I PERICOLI PER IL GOVERNO
La partita su Atlantia, con il Movimento spaccato, diviso per bande e a rischio scissione, è però estremamente complicata. Con la maggioranza rosso-gialla in continua fibrillazione e il Paese in ginocchio a causa dell' epidemia, Conte vorrebbe evitare di innescare un' altra bomba. E cerca perciò di rinviare il momento della resa dei conti con i grillini. «Il presidente ha deciso di staccare, si è preso due giorni di riposo dopo tre mesi di lavoro senza pause. Si occuperà della questione in settimana, ma non è facile trovare una mediazione: tutti ci hanno messo la faccia, si sono esposti...», fanno sapere da palazzo Chigi.
luciano benetton
Il Pd però è stufo di attendere. Il segretario Nicola Zingaretti lo dice chiaro: «E' tempo di decidere. Dobbiamo evitare che si apra il nuovo Ponte Morandi e ancora non si è verificata la concessione. Questo non potrà proprio accadere. La concessione è una cosa seria e se la decisione deve essere autorevole non bisogna avere preconcetti. Io voglio sapere se la concessione è stata rispettata o meno». Immediata la replica della grillina Barbara Lezzi: «Zingaretti non ricatti il governo, non chieda di risolvere la questione a favore dei Benetton».
Ma stufi di attendere sono Italia Viva e perfino i 5Stelle che, nonostante il muro alzato, non escludono a questo punto subordinate alla revoca della concessione. La invocano, la minacciano, negano la richiesta del prestito da 1,2 miliardi avanzata da Atlantia, però il viceministro alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri in un colloquio con La Stampa ha messo a verbale: «Noi chiediamo la revoca, però nella trattativa con gli alleati si potrebbero aprire scenari diversi». Parole pronunciate dopo aver attaccato a testa bassa il suo ministro dem, Paola De Micheli, a dimostrazione dello stato confusionale in cui versa il Movimento.
La revoca, e lo sanno bene Cancelleri e Luigi Di Maio, non è infatti più sul tavolo. «Si andrebbe incontro a un contenzioso infinito e rischioso, dunque in campo c' è solo la revisione», dice il vicesegretario del Pd Andrea Orlando. In più, visto che cancellare la concessione porterebbe Atlantia a un sicuro fallimento, perderebbero il lavoro circa 13mila persone. Un epilogo che il governo, alla prese con la necessità di far ripartire l' economia e senza altri soldi da tirare fuori dopo gli 80 miliardi messi nei decreti Cura Italia e Rilancio, non può assolutamente permettersi.
nicola zingaretti
Così, nell' attesa che Conte esca dal lungo torpore che al momento non è scalfito dagli appelli a decidere di Pd, Italia Viva, Aiscat, imprenditori e perfino del presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini («si decida in fretta, ci sono miliardi di opere bloccate»), il ministro dell' Economia Roberto Gualtieri (Pd) ha preso in mano il dossier.
LA PARTITA AL MEF
La richiesta del prestito da parte di Atlantia ha infatti portato la questione sul tavolo del dicastero di via XX Settembre: in base all' articolo 1 comma 2 del decreto Liquidità è il Tesoro a stabilire le condizioni per l' erogazione del prestito. E tra queste, per poterlo concedere, Gualtieri dovrà inserire la risoluzione del contenzioso con lo Stato dopo il crollo del ponte Morandi a Genova e le sue 43 vittime.
Risoluzione che passerà attraverso gli indennizzi per il danno arrecato per la mancata manutenzione del ponte, la revisione delle tariffe dei pedaggi autostradali, garanzie per un importante piano di investimenti. E, dunque, porterà a una revisione complessiva della concessione. Solo a questo punto il responsabile dell' Economia, che consiglia «prudenza, fornirà le garanzie per il prestito firmando un decreto ministeriale. Sempre che Conte non decida di mettersi di traverso e non è un caso che Pd e Italia viva parlino di decisione presa «collegialmente dal Consiglio dei ministri». Come dire: non deciderà il premier da solo.
roberto gualtieri luigi di maio