DAGONEWS
VITTORIO COLAO
Eterogenesi dei fini: Conte voleva chiudere in un cassetto il piano dell'odiato Colao, e invece se lo ritrova come menu principale dei suoi Stati Generali, che si sono trasformati in un clamoroso boomerang.
Facciamo un passo indietro. L'ex amministratore delegato di Vodafone, come sapete se avete letto questo disgraziato sito, è stato chiamato da Mattarella nel pieno dell'emergenza, e imposto a Conte come colui che avrebbe dovuto immaginare la ripartenza mentre il governo si occupava della fase acuta della pandemia.
Sempre tenuto in disparte da Conte e Casalino, anche grazie al fatto che ha scelto di coordinare la sua bizzarra task force da Londra, qualche giorno fa Colao è arrivato in Italia e si è presentato a Palazzo Chigi, avendo annusato la strategia del premier: mi invento questa scemenza degli Stati Generali prima che Colao consegni un testo definitivo, così l'agenda per i prossimi dieci anni la decido io e il suo progetto finisce a prendere polvere in qualche archivio.
Peccato che lo schiavo di Casalino non avesse fatto i conti con il Colle.
conte mattarella
Innanzitutto, Mattarella non ha gradito l'ipotesi di un partito del Presidente con quei quattro scappati di casa. Non serve andare indietro fino a Lamberto Dini, con il suo infelice Rinnovamento Italiano. Basta ricordare Monti e la sua ''Sciolta'' Civica, che fece infuriare Napolitano e finì tra liti e miserie politiche. L'idea del partito piace molto a Casalino, che otterrebbe uno scranno da parlamentare e si garantirebbe altri 5 anni di ottimo stipendio.
E poi non ha capito la mossa degli Stati Generali. O meglio, l'ha capita benissimo e dunque l'ha disinnescata. Come si legge tra le righe di un paio di articoli odierni, non è stato Conte a far trapelare ai giornali la bozza di Colao. No, quel testo arriva da più in alto, e il perché del leak è legato a una domanda che si sono posti in molti: quando giovedì il Governo incontrerà associazioni di categoria, economisti, sindacati, di che diavolo parleranno? Se non c'è una proposta, una base di partenza, che senso ha questa messa in scena? Per raccogliere le doglianze delle singole parti sociali? Per quelle bastava una email.
mattarella franceschini
Ecco allora l'idea: perché non partire da un testo su cui decine di persone (la task force più i loro sherpa) lavorano da oltre due mesi? Almeno c'è qualcosa di cui discutere, qualche idea da adottare o scartare. Ed ecco che, a sorpresa, quel testo ancora molto primordiale e decisamente non pronto per essere diffuso al pubblico, diventa la piattaforma degli Stati Generali, con grande dolore del povero Conte che se la prende in saccoccia.
D'altronde Mattarella, che ha messo la mano sulla testa di Conte proprio come Obama sta facendo con Biden in America, non poteva tollerare un'altra passerella piena di fuffa. Gli altri paesi hanno messo in campo piani e riforme da centinaia di miliardi mentre qui ancora si discute su come ottenere la cassa integrazione di MARZO. La parola d'ordine è ''essere fattivi''. Anche perché il Quirinale si è impegnato con gli altri paesi europei con cui tiene aperto un canale privilegiato – Germania e Francia in testa – e deve dimostrare che l'Italia è in grado di ripartire su basi solide.
le slide della task force di colao
Ma se Conte non ride, Franceschini piange. Con la riapertura dei parrucchieri, anche il capo delegazione del Pd si è preso un bello shampoo, ma non del tipo rilassante. Mattarella gli ha fatto capire di essere piuttosto deluso dal Pd, il partito più strutturato tra quelli al governo. Se i 5 Stelle sono arrivati in parlamento per aprirlo come una scatoletta di tonno (e sappiamo com'è finita), i dem hanno una galassia di dipartimenti, economisti, pensatoi. Cosa hanno fatto in questi tre mesi di lockdown? È per caso arrivata una mezza idea, un pianuccio, un sussurro? Niente. Non potete lamentarvi degli Stati Generali se voi non avete presentato uno straccio di bullet point.
Su-Dario, a cascata, se l'è presa con l'ectoplasmico Zingaretti. Coi numeri in mano. Mentre erano al governo con la Lega, che aveva un leader vero, i 5 Stelle sono passati dal 33% delle politiche al 17% delle europee, con Salvini che aveva ciucciato i loro consensi come fossero una chela di aragosta. Invece ora che i grillini governano insieme a un partito senza testa, risalgono nei sondaggi, e il Pd non si schioda da quel 22% ottenuto un anno fa.
grillo di maio
Se Zingaretti ha una fifa blu di fare il candidato premier, tanto da aver cambiato lo statuto del partito così da non obbligare il segretario a candidarsi a Palazzo Chigi, perché però si tiene la poltrona di presidente della Regione Lazio? Non dovrebbe fare una scelta?
Insomma, i brontolii anti-zingarettiani nel Pd diventano sempre più rumorosi. Ma lì le cose si fanno ancora in forma analogica, non è che il segretario si manda a casa da un giorno all'altro. No, si organizza una fronda, si inizia a logorare piano piano, e poi, forse, tra un po', si penserà a sostituirlo. Ma la fortuna di Zinga – che è la stessa di Conte e per questo si difendono a vicenda – è che al momento alternative non ce ne sono.
dario franceschini e nicola zingaretti alla finestra – ritiro del pd all'abbazia di contigliano 15
Chiudiamo il giro coi 5 Stelle. La telefonata di Grillo a Di Maio è il terzo caso di ''mano in testa'' cui abbiamo assistito in questi giorni. Solo che Beppe non si decide a tornare davvero in campo. Manda messaggi attraverso il blog, fa la chiamatina, ma non affonda il colpo. ''Giuseppi'' lo teme: ora che non ha più i suoi dpcm da annunciare, il comico gli ruberebbe la scena con un paio di battute ben assestate.
Ma il vero rapporto da definire è quello con Di Maio. Grillo non ha mai digerito l'alleanza con Salvini, che odia profondamente. E vorrebbe che il suo Giggino gli promettesse, in cambio di un pesantissimo placet che lo confermerebbe capo de facto del Movimento, che non si unirà mai più col Capitone. Ma Di Maio si comporta in modo ambiguo, è ancora troppo fresco il ricordo di quell'agosto in cui il Capitone gli offrì Palazzo Chigi, e sa che la maggioranza degli italiani ha il cuore a destra, per cui un'alleanza Lega-Fratelli d'Italia-M5s (senza Dibba e Fico) non è da escludersi…
matteo salvini luigi di maio
GELO DI CONTE SUL PIANO COLAO
Gabriella Cerami per huffingtonpost.it
Il governo si spacca, i capi delegazione si presentano parecchio arrabbiati all’incontro con il premier Giuseppe Conte. Rimbalzano le critiche di tanti ministri: “Abbiamo saputo del piano di Rilancio 2020-2022 dagli organi di stampa. Noi dell’esecutivo non ne sapevamo nulla”. Il presidente del Consiglio si giustifica e ne prende le distanze: “Non sono stato io a far trapelare il documento redatto da Vittorio Colao. Tra l’altro è solo uno spunto tecnico, niente di più. La decisione sarà politica” (...)
nicola zingaretti dario franceschini