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    CONTE, SERVO DI DUE PADRONI: I FALCHI E I GOVERNISTI - L’IPOTESI CHE CIRCOLA TRA I GRILLINI E’ QUELLA DI USCIRE DALL’AULA DEL SENATO QUANDO GIOVEDI’ SI VOTERA’ IL DECRETO AIUTI - MA CIRCOLA L’IDEA DI COMPROMESSO: UN VOTO FAVOREVOLE DEI VERTICI PERMETTENDO AL TEMPO STESSO A UN GRUPPO DI SENATORI DI RESTARE FUORI DALL'AULA - I SUSSURRI NEL M5S: “È IL CENTRODESTRA CHE CI VUOLE FUORI DAL GOVERNO. SONO LORO A VOLER APRIRE LA CRISI COSI’ COL RIMPASTO POSSONO FAR FUORI BRUNETTA E GELMINI. CONTENTI LORO…”


     
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    GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI

    Antonio Bravetti per “la Stampa”

     

    Un puzzle. Ogni ora che passa il Movimento di Giuseppe Conte somiglia sempre più a un intricato gioco di tessere. Un incastro per tenere tutto insieme: le critiche al governo restando nell'esecutivo, le distanze dalla maggioranza senza essere gli artefici di una crisi. Il leader dei Cinquestelle rivendica «coerenza e linearità» nella decisione di ieri di non votare il decreto Aiuti alla Camera, ma già incombe giovedì, quando al Senato sarà più difficile camminare sul filo del rasoio.

     

    Il regolamento dell'aula di palazzo Madama prevede un voto unico, su fiducia e provvedimento insieme (a Montecitorio invece è ammesso il voto disgiunto, prima fiducia a poi testo). Le cose, quindi, saranno ben più complicate.

     

    BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE BEPPE GRILLO GIUSEPPE CONTE

    Al momento resta l'ipotesi di non votare il provvedimento, uscendo dall'aula. Un mezzo strappo. Il tetris contiano potrebbe anche decidere per un voto favorevole dei vertici pentastellati a palazzo Madama, permettendo al tempo stesso a un gruppo di senatori di restare fuori dall'aula. Un modo per non dire sì al decreto senza sfiduciare formalmente il governo. C'è però una frangia di senatori duri e puri che vorrebbero il Movimento fuori da governo e maggioranza. Conte per ora non vuole dar loro ascolto.

    VIGNETTA GIANNELLI - GIUSEPPE CONTE VIGNETTA GIANNELLI - GIUSEPPE CONTE

     

    «È il centrodestra che ci vuole fuori dal governo», diceva ieri mentre gli riportavano le parole di fuoco di Berlusconi. «Sono loro a voler aprire la crisi - ragiona un big del Movimento - col rimpasto possono far fuori Brunetta e Gelmini. Contenti loro». Il malessere, però, esiste. In Senato, da qui al voto, rischia di infoltirsi la frangia che vuole affondare il governo. Ieri nelle chat grilline i toni erano da allarme rosso: dopo aver acceso la miccia, Conte rischia di non riuscire a disinnescarla.

     

    Nel frattempo, per capire le tessere che Conte prova a incastrare, bisogna leggere le parole del capogruppo alla Camera Davide Crippa: «Il nostro sostegno al governo è stato esplicitato con il voto di fiducia». È il messaggio inviato a palazzo Chigi e pure al Quirinale, dove ieri Sergio Mattarella ha ricevuto Mario Draghi. Una sottolineatura, un escamotage affinché non precipiti la situazione. In ogni caso, Conte non ha ancora chiuso la porta al premier, in attesa dell'incontro di oggi tra Draghi e le parti sociali. Dal tavolo di palazzo Chigi potrebbero arrivare quelle «risposte concrete» che Conte chiede da tempo.

     

    BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI

    Non a caso ieri Beppe Grillo ha puntato nuovamente i fari su uno dei cavalli di battaglia del Movimento, il salario minimo. La proposta del ministro Orlando sui «salari minimi per settore» punterebbe a dare una risposta immediata al cosiddetto «lavoro povero», applicando i migliori contratti di ogni settore a tutto il comparto, in attesa dell'iter parlamentare della legge sul salario minimo legale. Una soluzione del genere potrebbe vedere d'accordo i Cinquestelle e non in disaccordo il centrodestra.

     

    Ammesso e non concesso che l'incontro tra governo e sindacati produca un risultato in grado di calmierare le acque agitate del Movimento, resta il fatto che Conte non ha ancora deciso quale linea tenere in Senato. Stretto tra i senatori sul piede di guerra e l'ala governista, l'ex premier non può ignorare il messaggio che arriva dal Quirinale. Ieri sera, dopo l'incontro tra Draghi e Mattarella, i pontieri che cuciono la pace tra palazzo Chigi e Campo Marzio gettavano acqua sul fuoco. Non è detto, spiegavano, che si apra uno scenario di crisi. Restano ancora 48 ore.

    GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE GIUSEPPE CONTE

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