Niccolò Carratelli per “La Stampa”
salvini conte
Ci ha messo diversi giorni, Giuseppe Conte. Giorni di silenzio assoluto, mentre a centinaia di migranti, soccorsi nel Mediterraneo, veniva impedito di approdare in Sicilia. Non una parola nemmeno di fronte allo sbarco selettivo andato in scena nel porto di Catania, né davanti alla definizione di «carico residuale» per le persone costrette a restare a bordo.
L'assenza di reazioni da parte di esponenti del Movimento 5 stelle non è passata inosservata, sui social in molti hanno preso di mira il presidente, che alla fine è intervenuto con un lungo post su Facebook. Per dire che «il tema dei flussi migratori è complesso e va affrontato con politiche di ampio respiro, senza facili slogan o esibizioni muscolari a danno di persone e famiglie disperate».
Giusto, ma stava ancora finendo di scrivere, che già in dieci si erano affrettati a rinfacciargli la stagione dei decreti sicurezza, firmati da presidente del Consiglio, e dei porti chiusi all'epoca del governo gialloverde, senza che lui riuscisse a opporsi a Matteo Salvini. Una macchia che l'ex premier non può cancellare, il suo principale tallone d'Achille nel tentare di accreditarsi come nuovo leader della sinistra. Qualunque cosa dica, rischia di suonare stonata.
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«Il diritto di ogni Stato sovrano a controllare i propri confini non giustifica la violazione delle molteplici norme di diritto internazionale che tutelano la dignità di ogni essere umano - avverte ancora su Facebook -. Trattenere in mare per alcuni giorni in più donne, uomini e minori, comunque destinati a sbarcare, non risolve il problema: evitiamo iniziative di pura propaganda».
Scatta il riflesso pavloviano: e la Open Arms? E la Diciotti? E la Gregoretti? Il vicesegretario del Pd, Peppe Provenzano, che al porto di Catania è andato di persona, ha l'occasione per affondare il colpo: «Mi hanno colpito il silenzio e l'attesa di Conte nell'esprimere un'opinione su una vicenda che riguarda i valori e i principi fondamentali di una forza progressista - dice -. Il Pd è stato lì dal primo momento, bisogna essere coerenti quando ci si dichiara progressisti».
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