VERONICA TOMASSINI per il Fatto Quotidiano
Quando arriva a Siracusa, ad aspettarlo ci sono i poveri di un quartiere. Una ressa di uomini, taluni sono glabri, senza denti. Sono soprattutto loro.
CONTE SIRACUSA
E poi il resto della città. C'è una ressa come all'esordio di una star. E per i poveri lo è.
Acclamano: Giuseppe! Giuseppe! L'avvocato dei poveri. Il Sud ce l'ha in pugno, sembrerebbe.
Il Sud sono i poveri che acclamano, quelli che con lui sono diventati un vero soggetto civile, esibendo una qualche dignità; il reddito di cittadinanza ha significato molte cose per le piccole vite.
Conte sale su una panchina e parla alla gente. Le persone si aspettano un interlocutore.
Non la fanfara da comizio, il circo burlesco a cui ci ha abituato la politica deteriore. O semplicemente la politica.
GIUSEPPE CONTE PIZZA
Conte non è l'oracolo di un assistenzialismo fallimentare, nella convinzione del suo auditorio, piuttosto la chiave di volta di ferite sociali, come la povertà appunto, di cui non frega granché di solito, vedi i ristori in pandemia e il reddito, ovviamente.
Il quartiere in cui Conte incontra gli elettori concentra parecchie tensioni, è una apologia di illegalità e miseria. Poi ci sono i palazzi blasonati. Ma la vita ostile e faticosa è di quella gente che accerchia l'ex presidente, che lo soffoca, fino a travolgerlo.
Conte scandisce la promessa: "Non dobbiamo distrarci". E sottintende le manovre sospette sui soldi del Pnrr, sulla riforma della Giustizia.
La restituzione dei privilegi.
I poveri acclamano: Giuseppe! Giuseppe!
giuseppe conte 2
Ritto su una panchina conferma ancora: "Non metteranno le mani sul reddito, dobbiamo stare dalla parte giusta". La gente esulta, applaude. Come in un romanzo di Dumas, sognano un vero colpo di mano della sorte, dove a vincere stavolta sono quelli che non vincono mai.