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    1. LA MAZZATA DELL’ISTAT CHE CERTIFICA LA RECESSIONE IMPONE INTERVENTI PESANTI 2. IL PREMIER CAZZARO NON VUOL SENTIR PARLARE DI “MANOVRA CORRETTIVA” ANCHE PERCHÈ NON ESCLUDE IL VOTO ANTICIPATO IN PRIMAVERA 2015 E NON VUOLE IMPIOMBARSI LE ALI 3. MA PITTIBIMBO NON PUO’ PRETENDERE LA MOGLIE DROGATA E LA SIRINGA PIENA. E PALAZZO CHIGI PREPARA UNA BELLA SFORBICIATA ALLA GIUNGLA DELLE DETRAZIONI FISCALI (CHE ALLA FINE E’ UN AUMENTO DELLE TASSE) E STUDIA UN INTERVENTO SULLE PENSIONI D’ORO 4. A OGNI SINGOLO MINISTERO VERRANO FISSATI I RISPARMI DA CENTRARE, IN AUTONOMIA 5. LOTTA ALLE CONSULENZE NELLA P.A., SUL MODELLO DI MORETTI IN FINMECCANICA. MA ALLA FINE, MANOVRA O NON MANOVRA, IL CETRIOLO E’ SEMPRE QUELLO: COME TROVARE 16 MILIARDI


     
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    Francesco Bonazzi per Dagospia

     

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    Tagli e risparmi per 16 miliardi per prevenire le critiche dell’Europa e andare eventualmente a elezioni anticipate senza il peso di una vera, vistosa, manovra correttiva. E’ questo il piano di Matteo Renzi per reagire a un quadro economico che si va deteriorando, con l’Italia ufficialmente tornata in recessione.

     

    Che non sarà fatta alcuna manovra correttiva lo ha ripetuto anche oggi il ministro Padoan al Sole 24 Ore, ma i tecnici di Tesoro e presidenza del Consiglio sono già al lavoro da giorni e lo stesso Renzi ha già sul tavolo delle ipotesi di lavoro.

     

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    L’esigenza di intervenire è data dal fatto che l’Italia non crescerà dello 0,8% come prevedeva in primavera il governo. Anzi, nel 2014 rischia di non crescere proprio. Sono a rischio i parametri europei sul rapporto con il deficit, che avevamo promesso non oltre il 2,6%, e c’è il timore che schizzi ulteriormente in alto l’indebitamento totale.

     

    Il governo non vuole interventi vistosi e drammatici, ma in sede di riscrittura del Def, a fine settembre, interverrà profondamente secondo alcune direttrici.

     

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    La prima l’abbiamo anticipata ieri e riguarda la giungla delle detrazioni fiscali. Quelle che riguardano famiglie e pensionati non saranno toccate, ma in questo calderone che vale quasi 160 miliardi ci sono parecchi sgravi e trattamenti di favore a categorie e ordini professionali. Il Tesoro sta già facendo una mappatura del tagliabile e qui le forbici, per volontà di Renzie, agiranno in profondità. Per onestà intellettuale, andrebbe solo ricordato che i tagli alle detrazioni fiscali sono di fatto degli aumenti delle tasse che uno paga.

     

    RENZI E LE RIFORME CHE SCAPPANO RENZI E LE RIFORME CHE SCAPPANO

    La seconda macro-misura sarà un qualche intervento sulle pensioni più ricche. Si tratta di un terreno scivoloso, perché non è facile per nessuno indicare quali sono gli assegni “d’oro” e poi limarli di, si ipotizza, un 5-10%. Ma è una misura che, se congegnata bene, dicono i tecnici a Renzi, può essere meno impopolare del previsto.

     

    La terza area di intervento sarà la spesa centrale dello Stato. Renzie darà a ogni singolo ministero il compito di tagliare una certa percentuale del proprio bilancio e saranno obiettivi ognuno diverso dall’altro. Il tutto sul modello di quanto ha fatto Cameron nel Regno Unito. Insomma, non saranno tagli lineari, ma selettivi. Toccherà poi a ogni singolo ministro decidere dove risparmiare in concreto. Sulla buona riuscita dell’operazione complessiva conterà molto il legame diretto e non “politico” che Renzi ha con gran parte dei suoi ministri.

     

    RENZI CONCORDIA VIGNETTA BENNY RENZI CONCORDIA VIGNETTA BENNY

    Sempre sul fronte della spesa centrale, ci sarà una fortissima stretta sui contratti di consulenza. Renzie dice sempre che se in un certo posto ci sono 100 dipendenti, metà dei quali magari in eccesso, lui non può farci niente. Ma è inammissibile che in quella stessa struttura vi siano poi trenta o quaranta consulenti. Il modello che ripete sempre ai suoi collaboratori è quello che sta facendo Mauro Moretti in Finmeccanica, che taglia cda e consulenze.

     

    RENZI SPADACCINO RENZI SPADACCINO

    Con tutti questi interventi, Palazzo Chigi mira a risparmiare 16 miliardi, tenere i conti in ordine ed evitare che da Bruxelles arrivino tirate d’orecchie o, peggio, ultimatum. Poi, nel caso Renzie incontrasse troppi ostacoli sulla strada delle riforme, in primavera potrebbe provare ad andare subito al voto con i conti formalmente in equilibrio e senza aver dovuto varare una manovra correttiva di quelle che ammazzano i consensi nell’urna.

     

     

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