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    GRASS IN ECCESSO - CONTRO LA RIUNIFICAZIONE, CRITICO DI ISRAELE E DELLA MERKEL E CON UN PASSATO NELLE SS: IL “DINOSAURO” GRASS SPECCHIO DELLA GERMANIA E DELLE SUE CONTRADDIZIONI - FRAU ANGELA: 'CI HA PLASMATI'


     
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    Danilo Taino per il “Corriere della Sera”

     

    gunter grass gunter grass

    Forse era la coscienza della Germania post-bellica. Forse, più semplicemente, la contraddizione di un Paese stabile ma non tranquillo. Oppure ancora, «forse il più interessante e versatile dinosauro», come ebbe a sostenere il romanziere Moritz Rinke. Ieri, però, i tedeschi hanno soprattutto reso omaggio a Günter Grass grande scrittore, morto in mattinata a Lubecca, dove viveva, città sul Baltico come la Danzica in cui era nato nel 1927. Una vita complicata, come gran parte di quelle dei coetanei che hanno attraversato un secolo feroce.

     

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    Un’opera complessa tra volo fantastico e furia civile. Una vita politica forte di testimonianza. Per anni si discuterà di che cosa Grass lascia all’Europa e al mondo. Di sicuro, materia su cui pensare. 
     

    Nato in una famiglia cattolica quando Danzica era città libera, da ragazzino crebbe «tra lo Spirito Santo e Hitler». Attraversò la guerra mondiale da giovane disorientato e poi la nascose sotto il tappeto della vergogna, come ammise poi. Studiò la scultura e il design, suonò in un’orchestra jazz. Negli anni Cinquanta iniziò a scrivere e alla fine del decennio produsse Il tamburo di latta.

     

    Preso male nella Germania dell’Ovest ancora timorosa nel parlare di sé, divenne un caso internazionale. Seguirono altri lavori e altri successi: Gatto e topo e Anni di cani che con Il tamburo di latta formano la trilogia di Danzica. E poi moltissimi altri. Fino al Premio Nobel per la Letteratura nel 1999. Nel frattempo, l’impegno politico sempre più diretto, l’appoggio alle aperture di Willy Btandt, cancelliere socialdemocratico della Ostpolitik, l’iscrizione alla Spd, le battaglie pacifiste. In una Germania che finalmente faceva i conti con il tremendo passato, Grass pressava il Paese affinché riflettesse.

     

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    Amato dalle sinistre, mal sopportato dai conservatori, era una presenza potente nelle case dei tedeschi: un paio di baffi folti e spioventi e una pipa sotto di essi disegnati su un foglio bastavano a turbare la normalità della Repubblica di Bonn. Il punto di rottura, probabilmente, per Grass fu la caduta del Muro di Berlino, nel 1989. Dopo tanto riflettere sulle responsabilità tedesche nei decenni precedenti, sulla sete di dominio, vide nella riunificazione e nel modo con il quale Helmut Kohl la condusse la rinascita del fantasma germanico.

     

    Si oppose a quello che chiamò un takeover dell’Ovest sull’Est. Via via divenne critico anche della socialdemocrazia. Trovò il coraggio, nel 2006, di scrivere un libro, Sbucciando la cipolla , nel quale ammetteva di avere fatto parte delle Waffen-SS nel 1944: confessione giudicata tarda e, soprattutto, da molti considerata una luce che svelava ipocrisia nelle critiche che aveva rivolto al resto della Germania.

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    Nel 2012, criticò la politica di Israele nei confronti dell’Iran e disse che si trattava di una minaccia alla pace. Fu dichiarato persona non grata a Gerusalemme e accusato di antisemitismo. Diventò un critico costante delle politiche europee di Angela Merkel. 

     

    La cancelliera ieri gli ha reso omaggio dicendo che «ha accompagnato e plasmato la storia della Germania». Il presidente tedesco Joachim Gauck ha sostenuto che Grass «è stato uno specchio straordinario del nostro Paese».

     

    Gunter Grass Gunter Grass

    Lo ha salutato Lech Walesa, che ha ricordato il legame dello scrittore con Danzica e la Polonia. E molti, nel mondo, ieri si sono tolti il cappello di fronte a un signore della letteratura e di fronte a un cittadino che divideva, che non accarezzava il potere, che spesso sbagliava e perdeva. Criticato, criticabile: nessuno potrà però dire che non sia stato grande, nella scrittura e nella polemica civile. 

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