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    ESISTE PERVERSIONE PIÙ IMMONDA DI TRAVIARE BAMBINI CONVINCENDOLI CHE I PROPRI GENITORI LI VIOLENTANO PER SOTTRARLI ALLA FAMIGLIA E AFFIDARLI A VERI STUPRATORI? LEGGETE I DETTAGLI AGGHIACCIANTI DELL'INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL'ARRESTO DI SINDACI, ASSISTENTI SOCIALI, MEDICI - C'È UN ULTERIORE DRAMMA: ALCUNI DI QUESTI BAMBINI, DOPO 3/4 ANNI LONTANI DALLE FAMIGLIE D'ORIGINE, POTREBBERO COMUNQUE NON TORNARCI


     
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    DUE CASI DI STUPRO

    https://corrieredibologna.corriere.it/

     

    I bambini allontanati in modo illegittimo dalle loro famiglie -erano suggestionati psicologicamente per convincerli della cattiveria dei genitori o di abusi mai avvenuti- e poi affidati ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi. E, secondo i Carabinieri che indagano, si registrano due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunita’.

     

     

    1 - LO SFOGO DI UNA FAMIGLIA: «CI HANNO PRESO IL FIGLIO, DICEVANO CHE UN DISEGNO DIMOSTRAVA LE VIOLENZE»

    Elvira Serra per il “Corriere della sera

     

    ANGELI E DEMONI ABUSI BAMBINI MINORI ANGELI E DEMONI ABUSI BAMBINI MINORI

    La sua faccia sorridente sbuca dalle scale. Il padre lo prende in braccio, fa le presentazioni. Il bambino non si intimidisce, però ha voglia di andare dentro per fare la merenda: è stato tutto il giorno a giocare all' oratorio, è tornato da poco a casa, la madre gli ha appena fatto la doccia e lui ora ha fame. La donna gli prende dal frigo delle merendine fresche, il figlio ne scarta una e scappa via, dietro la porta, probabilmente nella sua stanza. In cucina restiamo noi quattro: i genitori e il nonno.

     

     

    Non hanno voglia di parlare, sono preoccupati di quello che potrebbe ancora succedere, ma la rabbia, quella si intuisce, e il padre, in fondo, non la vuole nemmeno nascondere.

    «Riesce a immaginare quello che ci hanno fatto?». Lo racconta, incerto se andare avanti o fermarsi, perché l' avvocato preferisce che non parli adesso, non è il momento. Un anno fa hanno ricevuto la visita dei servizi sociali, sono andati a casa loro due volte. Poi una convocazione in questura, per lui, e dai servizi sociali per lei.

     

    «Mi hanno detto che mio marito aveva usato violenza contro il bambino. C' era un disegno che lo dimostrava. Io non l' ho mai visto quel disegno, né prima né dopo, e non ho mai visto il padre fare del male a nostro figlio», va avanti la moglie. «Mi hanno chiesto se volevo restare con mio figlio o con mio marito. Era ovvio che non avrei mai lasciato il bambino! Così siamo stati per sei mesi nella casa famiglia. Mio marito ce lo hanno lasciato vedere solo il primo mese. Non penso che abbia subito qualche trattamento strano: ha continuato ad andare a scuola, era tranquillo, e poi noi eravamo insieme, quando lui rientrava c' ero io ad aspettarlo».

     

    bambina stuprata 4 bambina stuprata 4

    La loro storia replica il «sistema» applicato dal Servizio sociale integrato dell' Unione di Comuni della Val d' Enza. Venivano individuate le famiglie più deboli e si creavano ad arte prove che giustificassero l' allontanamento dei minorenni: disegni manipolati, violenze mai avvenute. I bambini venivano poi affidati ad amici degli indagati, che in alcuni casi percepivano il doppio della diaria prevista in questi casi: 1.300 euro anziché seicento, grazie a false certificazioni, fornite dalla Onlus Hansel e Gretel, che dichiaravano come il minore fosse «problematico». Per cambiare i ricordi che i bambini avevano dei loro genitori, venivano plagiati, secondo l' accusa, con veri e proprio lavaggi del cervello.

     

    Gli inquirenti fanno notare con rammarico che tutti i genitori, adesso, nessuno escluso, hanno paura di parlare.

     

    Non si fidano della macchina giudiziaria e sperano, soprattutto, di rivedere presto i loro figli. Perché a differenza di questo bambino vispo che ricompare in cucina dicendo di avere ancora fame, gli altri non sono ancora tornati a casa.

     

     

    2 - GLI ELETTRODI SULLE MANI PER «AIUTARE» I PICCOLI A RICORDARE BRUTTI EPISODI

    Giovanni Bianconi per il “Corriere della sera

    traffico sessuale minori 3 traffico sessuale minori 3

     

    A interrogare la bambina tolta ai genitori naturali e affidata a una coppia di donne, nell' ottobre scorso, c' erano le due nuove mamme e la psicoterapeuta Nadia Bolognini, che poneva le domande. La bambina, che chiameremo A., si lamentava di non avere più visto il padre, e la dottoressa le dice: «Ma non ti ricordi che hai detto che non lo volevi più rivedere?» A.: «Non ho detto questo».

     

    Le due donne affidatarie intervengono per sostenere il contrario, ma A. insiste: «Io non ho detto che non volevo vederlo». Il confronto va avanti a lungo, con le adulte impegnate a far «confessare» la bambina e A. che resiste.

     

    Anzi, spiega che le piacerebbe reincontrare i veri genitori: «Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancavano gli abbracci del papà...». La Bolognini prova a stimolare la memoria di A.: «Avevi paura che ti facessero del male... Me lo hai detto, ti ricordi?». Ma A.

    non ricorda: «Quando?».

     

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    È solo uno dei colloqui intercettati dai carabinieri e utilizzati dal giudice per dimostrare le pressioni e manipolazioni delle parole dei minorenni tolti alle famiglie d' origine. Una delle più innocenti, che serve al giudice per definire «destituita di fondamento e quindi certamente falsa», la paura di A., nei confronti del padre.

     

    In un' altra circostanza una psicologa del servizio di neuropsichiatria infantile della Asl di Montecchio Emilia riferisce che la bambina B. le ha confidato che l' ex convivente della madre a cui era stata sottratta la toccava nelle parti intime. A corredo della relazione allega due disegni: uno certamente fatto da B., di un uomo con la barba e senza mani; un altro in cui lo stesso uomo era «accanto a un' altra figura, con le proprie mani allungate all' altezza della zona genitale della citata seconda figura». Un' aggiunta, secondo l' accusa, fatta «personalmente» dalla psicologa per avvalorare quanto affermato nella relazione.

     

     

    Le conclusioni a cui sono giunti i magistrati al termine della prima fase di un' inchiesta complessa e complicata, dove le testimonianze dei bambini (già di per sé materia delicata), s' intrecciano con il lavoro di assistenti sociali, psicologi e affini (che pure è sempre di non facile valutazione) coincidono con quelle del perito incaricato di valutare gli interrogatori a cui fu sottoposta A.: «La bambina è considerata vittima di abusi senza che vi sia riscontro giudiziario di ciò e interferendo, quindi, con gli accertamenti di tale evenienza. Sono presenti significative e pericolose induzioni, suggestioni e condizionamenti che possono interferire con la rappresentazione mentale degli eventi, contribuendo quindi al rischio di falsi ricordi sugli abusi».

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    Il movente - oltre che economico attraverso incarichi, sussidi e pagamenti di rette - sarebbe secondo l' accusa anche «ideologico», a vantaggio di «scelte terapeutiche favorenti psicologi privati ai danni del servizio pubblico». Di una delle persone arrestate, la dirigente del Servizio di assistenza sociale dell' Unione Comuni Val D' Enza Federica Anghinolfi, omosessuale e già legata ad alcune donne affidatarie di minorenni, il giudice scrive che sono «la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni a renderla portata a sostenere con erinnica perseveranza la "causa" dell' abuso da dimostrarsi "ad ogni costo"».

     

    Nell' antologia dei casi analizzati dal giudice ci sono accuse di maltrattamenti nei confronti dei minorenni affidati alle nuove famiglie, o quelle accuse rivolte al padre naturale di C. - un altro bambino sottratto alla famiglia d' origine - di avere abusato sessualmente del figlio, nonostante l' indagine penale su quel vecchio fatto fosse stata archiviata.

     

    Ci sono le descrizioni di falsa indigenza e abbandono utilizzate come motivo per portare via i minorenni, come le denunce attribuite a una madre senza però dare conto dei disturbi mentali della donna. E c' è l' accusa di violenza privata rivolta alla dottoressa Bolognini (anche lei arrestata) per l' utilizzo della «magica macchinetta dei ricordi», un congegno «a impulsi elettromagnetici con cavi che la minore doveva tenere tra le mani», presentato come uno strumento utile e rievocare «le cose brutte» vissute in precedenza. Utile ad aprire «lo scatolone del passato e la cantina», senza fidarsi «delle persone che dicono di volerti bene».

     

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    Il giudice ipotizza che sulle condotte dell' indagata pesino problemi personali passati e presenti, addebitando ad essi una «insofferenza riversata in una rabbia repressa sfociata negli atteggiamenti con i minori». Tra questi c' è «l' uso degli elettrodi per indurli a ricordare abusi solo sospettati, e di cui non si potrà ormai più sapere se siano avvenuti o meno,attraverso la inquietante "macchinetta dei ricordi"».

    Agli arresti è finito anche il marito della Bolognini, Claudio Foti, altro psicoterapeuta (della Onlus Hansel e Gretel di Moncalieri) accusato di «modalità suggestive e suggerenti» nelle domande rivolte a D.

     

    per farle confessare presunte violenze sessuali subite dal padre. L' obiettivo, per gli inquirenti, era sempre lo stesso: «Costruire un' avversione psicologica dei minori per la famiglia di origine». E gli indagati lo perseguivano attraverso una «percezione della realtà e della propria funzione totalmente pervertita e asservita al perseguimento di obiettivi ideologici non imparziali».

     

     

    3. LETTERE NASCOSTE E BUGIE QUEGLI ABUSI INVENTATI DAGLI ASSISTENTI SOCIALI "PAPÀ, PERCHÉ NON SCRIVI?"

    Massimiliano Peggio per “la Stampa

     

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    «Caro papà mi manchi tanto spero che ci rivedremo al più presto. Vorrei che mi portassi uno dei tuoi splendidi regali. Mi potresti scrivere un biglietto o un messaggio più spesso perché di te non ho più ricevuto nessun biglietto e quindi mi sono chiesta perché. Quando avrai finito di leggere per favore prendi immediatamente carta e biro e scrivimi una bella lettera. L' aspetto con tutto il cuore, ti voglio un bene gigante e infinito».

     

    È la lettera di una bimba allontanata nel 2016 alla famiglia naturale e data in affidamento a una coppia di due donne. Iniziato come un caso di maltrattamenti, i servizi sociali dei Comuni della Val d' Enza si erano convinti che fosse stata abusata dal padre. Non era così. Anche se quella famiglia non era perfetta, papà e mamma non erano dei mostri. Litigavano spesso, questo sì. Volevano separarsi.

     

    Ma gli assistenti sociali e gli psicoterapeuti consulenti dell' ente territoriale volevano a tutti costi dimostrare gli abusi. Hanno cercato di manipolare i ricordi della bambina, di indirizzarla sul solco dell' accusa, anche con il contributo effettivo delle due donne affidatarie. Un abominio, umano e professionale. In più, nella relazione al tribunale civile, nell' ambito della causa di separazione dei genitori, gli assistenti sociali avevano scritto che «lei non voleva rivedere il padre». Quella lettera l' avevano nascosta in un fascicolo, al fondo di un cassetto.

     

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    Da questa storia si apre la sofferta misura cautelare firmata dal Gip di Reggio Emilia Luca Ramponi. Centodue capi d' imputazione. Il giudice, sviscerando le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Emilia, ripercorre minuziosamente una decina di episodi, sfociati negli ultimi due anni in dolorose inchieste per presunti abusi sessuali e allontanamenti familiari. Le indagini sulle indagini ribaltano la realtà. Svelando il «fanatismo persecutorio» di assistenti sociali, ispirati da psicologi terapeuti venerati come oracoli. Come Claudio Foti, direttore scientifico del Centro Studi Hansel e Gretel Onlus, associazione torinese che ha fatto scuola nell' ambito delle cure alle vittime di abusi, e nell' assistenza di minori in condizioni di disagio.

     

    Consulente di magistrati, promotore di convegni.

    Un' autorità. «Gli indagati - scrive il Gip - erano convinti pregiudizialmente che, a fronte di ogni minimo indizio, o anche solo sospetto, magari proveniente da voci di paese citate come fonti nelle relazioni, i minori oggetto di segnalazioni e prese in carico fossero vittima di abusi, questa era la loro convinzione circa la verità storica delle vicende riferibili ai minori».

     

    Così, stando alla procura di Reggio Emilia, si è costruita un' opera sistematica di «false relazioni» ai tribunali, con disegni di bambini manipolati ad arte per far credere ai giudici l' esistenza di violenze mai avvenute, con metodi terapeutici spinti con fervore al di là dei confini della scienza per dare la caccia ai fantasmi inesistenti, con l' impiego di «apparecchiature elettriche» spacciate per «macchina della verità».

     

    Il risultato è l' epilogo tragico. In un caso, uno dei bambini sottratti per presunti abusi, finisce per essere veramente abusato da un cugino, nell' ambito della famiglia affidataria. Anche altri nuclei familiari, compresa la coppia di donne, di cui una molto amica della responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi, sono indagati per lesioni

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    - che il Gip qualifica in gravemente colpose e non dolose secondo l' impostazione della procura - per aver «inculcato» nei minori assistiti «falsi ricordi», alterando così il loro equilibrio fisico.

     

    Ma perché si è arrivati fino a questo punto? Lo scrive il Gip. «Erano fermamente convinti della superiorità del loro metodo di trattamento e di approccio al minore "abusato": ciò vale ovviamente per Foti e gli psicologi del suo gruppo che avevano persino pubblicato il proprio manifesto ideologico-scientifico, ma questo vale anche per gli assistenti sociali che avevano aderito a quel metodo, partecipando a convegni per supportarne la validità e preferendo, per i minori a loro affidati, le terapie di quel gruppo di professionisti, a costo di soppiantare illegittimamente gli psicologi dell' Asl».

     

    Il resto dell' inchiesta, sono abusi d' ufficio e affari «collaterali», come si legge negli atti. «L' ingiusto vantaggio economico ottenuto dal centro studi Hansel e Gretel, i cui membri Claudio Foti, Nadia Bolognini (moglie di Foti), Sarah Testa, esercitavano sistematicamente, a nessun titolo, l' attività di psicoterapia». Compensi più che raddoppiati, da 60 euro a 135. Si parla di alcune decine di migliaia di euro. Incarichi ottenuti senza gare d' appalto.

     

    Contributi d' affido gonfiati agli amici. Non sono i danni all' erario ciò che inorridisce di questa inchiesta, ma le conseguenze sulle vite dei minori e delle famiglie.Il Gip Ramponi si spinge oltre nella ricostruzione, cercando le radici di queste ossessioni professionali, seppur rivolte a nobili fini.

     

    E le trova analizzando le storie individuali dei terapeuti e degli assistenti sociali . Molti sono stati vittime di abusi e maltrattamenti familiari. «Così che il proprio vissuto personale li ha resi arrendevoli al pregiudizio».

     

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