Enrico Franceschini per “la Repubblica”
jeremy corbyn
C’era una volta in Gran Bretagna, e per il momento c’è ancora, un partito laburista. Presto potrebbero essercene due. La recente mozione di sfiducia della stragrande maggioranza dei deputati contro Jeremy Corbyn, e il rifiuto di quest’ultimo di dimettersi, hanno creato quella che la stampa di Londra descrive come «la più grave crisi del Labour dal 1981 a oggi».
Il riferimento è al periodo fatale in cui lo storico movimento della sinistra britannica, dilaniato dallo scontro fra radicali e riformisti, si spaccò, con i moderati che fondarono temporaneamente una nuova formazione politica, il partito socialdemocratico. All’epoca, i laburisti erano già all’opposizione da un paio d’anni; dovettero restarci altri sedici, prima di riuscire a tornare al governo.
CORBYN
Il rischio che la storia si ripeta, commenta il Guardian, è alto. Eletto a sorpresa al posto di Ed Miliband dopo la sconfitta nelle elezioni politiche del 2015, Corbyn ha ricevuto due settimane fa un massiccio voto di sfiducia, 172-40, dal gruppo parlamentare laburista. Tre quarti del suo “governo ombra” si sono dimessi. In sostanza, gli si rimprovera una linea troppo di sinistra, che suscita entusiasmo nella base e tra i giovani ma secondo molti osservatori lo renderebbe ineleggibile alle elezioni del 2020, o prima se verranno anticipate, come è possibile dopo la vittoria di Brexit nel referendum.
Proprio la scarsa passione con cui il leader si è battuto per la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, che per sua stessa ammissione non gli piace troppo, è stata la miccia della rivolta contro di lui. In teoria, a questo punto, dovrebbe farsi da parte. Invece continua a restare al suo posto.
ANGELA EAGLE
Nel corso del week-end Angela Eagle, ex-ministra e prima deputata britannica a dichiararsi pubblicamente lesbica, ha confermato l’intenzione di candidarsi alla leadership. «Per riunificare e salvare il partito», spiega, «e per sfidare una donna» alle elezioni generali, Theresa May o Andrea Leadsome, candidate nelle primarie dei Tories per la successione al dimissionario David Cameron, «con un’altra donna», aggiunge. «La invito a ripensarci», è la risposta di Corbyn, «comunque, se lei si candida, io mi ricandido ». Ma potrà farlo?
il comizio laburista di oldham
I precedenti indicano che, per partecipare alle primarie, occorre il sostegno di almeno cinquanta deputati, che nella situazione attuale Corbyn farebbe fatica a ottenere. Lui avverte che, se il Comitato Esecutivo del Labour gli vietasse di candidarsi, farà causa al partito, convinto che l’ampliamento delle primarie a tutti gli iscritti (anzi a chiunque si registra, pagando 3 sterline), introdotto nel 2010, abbia abolito le vecchie regole e gli dia facoltà di prendere parte alla competizione. Sostenuto dai sindacati e da decine di migliaia di nuovi membri, che hanno portato il Labour a un numero record di mezzo milione di tessere, Corbyn è fiducioso di poter rivincere le primarie.
LABOUR
Se così fosse, tuttavia, è probabile che ne risulterebbe una scissione: i deputati ribelli avrebbero la possibilità di costituire un proprio gruppo in parlamento e di lanciare una battaglia legale sul possesso della sigla Labour e della sede. «Sono laburista da una vita, non intendo cedere il nome e la storia del partito a Corbyn», afferma un ex-leader, Neil Kinnock. L’eterno scontro tra riformisti da un lato, nostalgici di una sinistra dura e pura dall’altro, rischia di paralizzare il fronte progressista, proprio quando ci sarebbe bisogno di un’opposizione forte e unita per affrontare le conseguenze di Brexit. Per il glorioso Labour Party nato all’alba del 1900 potrebbe essere la fine.
jeremy corbyn