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    L’ECONOMIA DELLA QUARANTENA – C’È PURE CHI GUADAGNA DAL LOCKDOWN: SOPRATTUTTO APP PER LO SMART WORKING E VIDEO CHIAMATE – IL CASO DI “ZOOM”, CHE VALE PIÙ DELLE TRE COMPAGNIE AEREE AMERICANE MESSE INSIEME (30,5 MILIARDI DI DOLLARI) – NEGLI USA SPIELBERG E KATZENBERG LANCIANO “QUIBI”, CON MINI VIDEO PENSATI PER ESSERE VISTI NEI RITAGLI DI TEMPO. SOLO CHE ORA DI TEMPO CE N’È PURE TROPPO… – VIDEO


     
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    1 - LA NUOVA PIATTAFORMA DA IERI NEGLI USA. QUIBI, I MINI VIDEO CHE PIACCIONO A HOLLYWOOD

    Silvia Bizio per “la Repubblica”

     

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    «Ascolto il pubblico da 45 anni» dice Jeffrey Katzenberg, uno dei "grandi vecchi" della nuova Hollywood, fondatore insieme a Steven Spielberg e David Geffen della Dreamworks (con cui ha prodotto la saga Shrek), dopo essere stato a capo della Disney negli anni 90 e aver rilanciato lo storico marchio con film come Il Re Leone e La sirenetta. Da alcuni anni Katzenberg si è dedicato alla creazione di quella che lui chiama, dopo il cinema e la tv, «la terza forma della fruizione di storie»: il formato breve. Da qui è nato il progetto Quibi (abbreviazione di "quick bites"), una nuova piattaforma lanciata ieri in Usa e Canada (e presto in 30 paesi e poi in tutto il mondo).

     

     

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    La piattaforma è concepita per contenuti originali prodotti specificamente per i cellulari, che vanno dai 5 ai 9 minuti di lunghezza: la data del lancio, previsto da sei mesi, è stata rispettata nonostante l' emergenza. L' idea, condivisa con Spielberg, era nata almeno vent' anni fa, ma non era stata mai realizzata. «Ma se non avessimo fallito allora non avremmo adesso Quibi», ci dice Katzenberg, 69 anni, al telefono dal suo appartamento di New York. Quibi parte con i primi contenuti - 250 segmenti già pronti - messi a disposizione degli abbonati al ritmo di 30 nuovi al giorno.

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    «Certo, la pandemia ha scombussolato tutto», dice Katzenberg, «ma per quel che riguarda Quibi solo fino a un certo punto, a parte la decisione di offrire l' abbonamento gratuito per 90 giorni a chi si iscriverà in aprile». I contenuti originali sono creati da celebrità - attori, musicisti, sportive, registi e creativi di Hollywood - e comprendono documentari, musica, reality tv, notiziari.

     

     

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    Tra i titoli il doc  I Promise del campione di basket LeBron James, A Memory Hole con Will Arnett, svariate serie sui viaggi e quella comica di Anna Kendrick Dummy, il thriller The Stranger di Veena Sud e quello di Sam Raimi 50 States of Fright. E inoltre del catalogo fanno parte la serie Floored, incentrata su un concorso di ballo, e il dramma di Antoine Fuqua #Free-Rayshawn con Laurence Fishburne e Stephan James.

    L' app Quibi è disponibile al momento per il mercato americano sugli store di Apple e Google al costo di $4.99 al mese con la pubblicità e a $7.99 senza inserti.

     

    2 - LA QUARANTENA FA VOLARE I BIG DELLE VIDEOCHAT

    Camilla Conti per “la Verità”

     

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    A Wall Street usano già il termine Corona Economy per indicare quei titoli che, mentre la crescita globale è vittima dell' emergenza sanitaria, riescono a volare in Borsa. Nel gruppo non ci sono solo colossi come Netflix, il produttore di disinfettanti Clorox, o società come Gilead Sciences e Regeneron che stanno lavorando ai trattamenti contro il virus. A farsi notare sono anche i cosiddetti «unicorni» della Silicon Valley specializzati nella comunicazione da remoto, nella videoconferenza e nel file hosting, come Zoom, Teledoc, Citrix, Ringcentral e Dropbox o Slack. I nuovi padroni dello smart working che si stanno dividendo l' enorme fetta di nuovi utenti in quarantena con big come Google (con Hanghouts Meet) e Microsoft (con Teams e Skyp).

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    Secondo gli analisti di Sensor Tower, dagli 1,4 milioni di nuovi utenti della prima settimana di gennaio queste app sono arrivate a 6,7 milioni nello stesso periodo di marzo. All' aumento degli utilizzatori - sottolineano però gli esperti - non necessariamente corrisponde una crescita dei ricavi, perché molte di queste app hanno versioni gratuite con la possibilità di acquistare servizi. Ecco perché il rischio bolla è sempre in agguato se non hai buoni fondamentali o se improvvisamente sulla corsa degli unicorni spunta un cigno nero per problemi di privacy e trasparenza.

     

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    Di certo, la piattaforma di videoconferenze Zoom Video Communications è arrivata a capitalizzare in Borsa più delle tre principali compagnie aeree americane messe insieme: 30,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi complessivi di Delta (14 miliardi), American Airlines (4 miliardi) e United (5,7 miliardi) che sono state costrette a lasciare a terra gli aerei. Fondata nel 2011 da Eric Yuan, ingegnere di Cisco il cui motto è «La tua felicità è la mia felicità», Zoom è diventata la numero uno fra quelle scaricate gratis sull' App store di Apple nonostante la concorrenza di Skype che esiste dal 2003, di Google Hangouts, Facebook Messenger e FaceTime di Apple. Fatturato e profitti di Zoom - rispettivamente 662 milioni di dollari e 21,7 milioni netti nel bilancio annuale chiuso il 31 gennaio 2020 - arrivano dalle grandi aziende, che pagano per i suoi servizi e comprendono il gigante dell' elettronica Samsung, la catena di ipermercati Walmart, la banca Capital One, Tesla e Uber.

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    Negli ultimi due mesi, da quando è scoppiato l' allarme Covid-19, il prezzo delle azioni di Zoom è raddoppiato, contro una perdita di circa il 20% dell' indice generale S&P 500 e del Nasdaq, il mercato su cui l' azienda aveva debuttato il 18 aprile 2019. Il prezzo di collocamento era stato fissato a 36 dollari, alla chiusura di Wall Street venerdì scorso ne valeva più di 128. E proprio ieri Skype, di proprietà di Microsoft, ha introdotto un' opzione chiamata Meet Now che la rende simile a Zoom, consentendo di fare videochiamate senza avere un account e senza dover scaricare la applicazione.

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    Ma anche le nuove star della Corona Economy devono fare i conti con l'«effetto Tesla» tipico di società ad alto potenziale di sviluppo ma soggette a una volatilità incontrollata in Borsa. La carta degli imprevisto, infatti, è sempre in agguato: la stessa Zoom è stata citata in giudizio in California con l' accusa di aver divulgato dati privati a terzi come Facebook senza avvisare gli utenti. A New York, invece, l' app è sotto esame da parte dell' ufficio del procuratore generale Letitia James, sempre per le sue pratiche su privacy e sicurezza dei dati.

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    In Italia volano meno unicorni tecnologici ma anche in Piazza Affari c' è chi mette le ali nonostante il Coronavirus, o forse spinto proprio da quello. Ieri, ad esempio, il titolo Nexi - società attiva nei pagamenti digitali - ha messo il turbo grazie a un report positivo degli analisti di Jefferies che ne consigliano l' acquisto perché «la società beneficia di una combinazione unica dell' essere esposta alla crescita strutturale nei pagamenti non cash sul mercato italiano e di interessanti barriere all' ingresso quale risultato di un modello di distribuzione bancocentrico». In sostanza, ai tempi del Coronavirus nessuno usa più il contante e quindi aumenta il traffico su carta.

     

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    L' aumento della moneta «virtuale» rischia però di creare problemi alle banche centrali. Tanto che lo scorso 4 aprile è stato pubblicato un paper della Bri (la banca centrale delle banche centrali con sede a Basilea) in cui viene sottolineato: «La paura che le banconote possano trasmettere il Coronavirus incrementerà i pagamenti digitali, anche se i rischi di trasmissione del contagio sono minori rispetto a quelli nel digitare il pin della carta che, per essere sicura, dovrebbe essere contactless».

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    Non solo. Per gli esperti della Bri l' aumento del denaro digitale «potrebbe aprire un solco nell' accesso agli strumenti di pagamento e impattare negativamente sugli anziani e chi non ha un conto corrente».

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