Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera”
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Controlli mirati nelle piazze e in tutti i luoghi dove ci si riunisce per l' aperitivo, ma anche per pranzare fuori. Pattugliamenti fino a tarda sera nelle strade della movida per effettuare i controlli e impedire alle persone di stare troppo vicine, accalcate e soprattutto senza mascherina. E così bloccare quelle situazioni di rischio che possono far risalire i contagi. Perché è vero che all' aperto non c' è alcun obbligo di stare con la bocca e il naso coperti, ma si deve farlo quando non è possibile mantenere la distanza di almeno un metro dagli altri.
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Tre giorni dopo l' entrata in vigore del decreto che consente libertà di spostamento all' interno della propria regione, scatta il piano del Viminale. Le immagini di giovani con il bicchiere in mano che stazionano all' aperto o fuori dai bar come se nulla fosse accaduto in questi mesi, convincono la ministra dell' Interno Luciana Lamorgese e il capo della polizia Franco Gabrielli a intervenire «prima che sia troppo tardi».
Il primo provvedimento era stato preso martedì 19 maggio quando il capo di gabinetto Matteo Piantedosi aveva firmato la circolare che attua il decreto firmato dal premier Giuseppe Conte. Rivolgendosi ai prefetti aveva evidenziato proprio «il divieto di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico». Ieri mattina un' analoga iniziativa è stata presa dal prefetto Gabrielli, che si è rivolto ai questori sottolineando la necessità di assicurare «il rispetto del divieto di aggregazione di persone e l' osservanza delle misure di distanziamento sociale».
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La conseguenza è immediata. Da ieri sera sono stati affidati a polizia, carabinieri e finanzieri, naturalmente oltre alla polizia locale, controlli in tutte le aree maggiormente frequentate a partire dalle 6 del pomeriggio. Gran parte delle pattuglie finora impegnate a effettuare le verifiche delle autocertificazioni durante il lockdown si concentreranno adesso nei centri storici delle città, in tutti quei luoghi pieni di locali e bar dove ci si incontra per bere, per mangiare, o semplicemente per chiacchierare. Andranno nei quartieri simbolo della movida dove i ragazzi, ma anche gli adulti, si riuniscono la sera.
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Ronde effettuate in macchina, ma pure accertamenti tra la gente proprio per stabilire se le norme vengano rispettate. Le modalità di intervento sono state stabilite dalla ministra e dallo stesso Gabrielli che nelle scorse settimane - quando si trattava di monitorare il rispetto del lockdown o comunque la limitazione agli spostamenti - avevano invitato le forze dell' ordine «ad essere severe ma comunque a comportarsi con umanità, perché più che colpire bisogna far comprendere».
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Adesso il pericolo di tornare indietro, facendo impennare i contagi con il rischio di nuove e drastiche chiusure di paesi e città, è altissimo. Quelle che si stanno vivendo sono le due settimane chiave perché seguono la scelta di far ripartire le attività, ma anche la vita sociale. E dunque il primo intervento sarà «un invito» a rispettare il divieto e a stare distanti, ma se non dovesse sortire effetto scatterà la sanzione: da 400 a 3.000 euro di multa. Ancor più gravi le conseguenze per i gestori di bar e ristoranti. La scelta del governo di autorizzare i tavoli all' aperto anche in numero più alto del consentito - peraltro senza far pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico - è stata fatta proprio per favorire le attività, ma anche loro dovranno far rispettare i divieti dai clienti, altrimenti rischiano la multa e addirittura la sospensione temporanea della licenza.
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Alle misure personali, si aggiungono quelle delegate ai sindaci che «potranno disporre la chiusura temporanea di specifiche aree pubbliche o aperte al pubblico, in cui sia impossibile assicurare adeguatamente il rispetto della distanza». Vere e proprie «zone rosse» interdette alla circolazione per impedire che il Covid-19 possa entrare e continuare a trasmettersi tra i cittadini.
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