SAN GIORGIO A CREMANO - SI CANTA DAI BALCONI CONTRO IL CORONAVIRUS
1 – LUCI E TORCE ACCESE: L'ULTIMO HAPPENING DEGLI ITALIANI AFFACCIATI DA CASA
Flavia Amabile per “la Stampa”
balconi durante la quarantena
È stata un' altra giornata di appuntamenti collettivi tra note musicali e applausi per i medici e gli infermieri, i parroci che fanno suonare le campane e poi la sera sul balcone con le luci di casa spente e la torcia del cellulare accesa. L' idea è nata il 13 marzo come un appuntamento unico alle 18 ma ha avuto un tale successo da essersi ormai moltiplicata in numerose iniziative in tutt' Italia.
aperitivo skype
È un modo per esorcizzare le paure, per allontanare il senso di solitudine che assale chi resta in casa e per unire tutti: chi soffre e sta lottando nelle corsie degli ospedali, in particolare al nord, con la Lombardia fra le regioni più colpite ma anche i medici e gli operatori sanitari e chi è costretto a non uscire. E quindi applausi ai medici e agli infermieri che lavorano senza tregua da oltre 20 giorni esposti al rischio di contagio, troppo spesso senza tutele.
Alle 12 e alle 18 si esce sul balcone per battere le mani e rivolgere un tributo a chi sta lottando in corsia. Li chiamano eroi anche se molti di loro si stanno ribellando, chiedono meno eroi e più protezioni. Alle 18, invece, si spalancano le finestre per il momento della musica. Il brano cantato ieri è stato «Ma il cielo sempre più blu» di Rino Gaetano, dopo il sabato dedicato a «Azzurro» di Adriano Celentano e l' inno di Mameli del primo giorno, mentre sventolano un po' ovunque i tricolori.
virginia raggi al balcone
Da ieri è nato un terzo appuntamento alle 21. Sui social e nelle chat di WhatsApp in molti hanno ricevuto questo messaggio: «Tutti alle finestre per un minuto di luci con torce, luminarie, lampadine o addirittura la torcia dei nostri telefonini. Un piccolo grande gesto che farà vedere al mondo che l' Italia è viva, che noi italiano siamo vivi, compatti e forti. Solo uniti si può vincere. Alle 21 spegniamo le luci in casa ed accendiamo le torce dal balcone. Illuminiamo l' Italia». Anche i parroci stanno prendendo iniziative. Intorno a mezzogiorno, fanno suonare le campane, spingono le persone a stare in casa e a pregare per chi è in difficoltà.
2 – I NUOVI RITI. L'APERITIVO VIA SKYPE 4 AMICHE (NON AL BAR) AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
i canti dai balconi
Pino Corrias per “la Repubblica”
Visto che nel mondo di adesso siamo diventati tempo imprigionato nello spazio, la mia amica Eugenia, single, regista di documentari, ha deciso di trasformare il suo spazio - una living room che corre in parallelo ai tetti di Roma e al suo cielo di vetro in un tempo da condividere con le amiche di sempre. Un tempo lungo quanto un aperitivo che nel suo caso si compone di due parti di acqua tonica e una di Gin con ghiaccio, limone in abbondanza e patatine al seguito.
aperitivo su skype 2
Il miracolo dello spazio che diventa tempo si compie alle 19 di ogni sera, quando ognuna delle tre amiche convocate via Skype compare nella luce acida dello schermo. Si salutano, si sorridono. E quel che meno di dieci giorni fa avrebbero detto con un punto esclamativo - «Eccoci qua, siamo vive!» - ora lo pronunciano senza abbracci, né baci, e con la piccola apprensione interrogativa del presente: «Ehi, siamo vive? »
Bicchieri rossi dello Spritz o bianchi del vino ghiacciato, fioriscono accanto a ogni volto che è quasi tutto quel che si vede nei riquadri, qualcuna potrebbe essere elegantissima, oppure in versione casalinga con calzettoni e plaid, Luisa, Daria, Stefania, più o meno cinquantenni, più o meno stupefatte da questo conturbante silenzio delle rispettive città e appartamenti, ognuna irrequieta, tutte e tre con ex mariti, o conviventi, figli grandi e lontani e una nuova vita quotidiana che non è solo il rimpianto di quella vecchia, ma anche l' inattesa avventura di un futuro senza rete.
flash mob sul balcone
Luisa sta a Milano, fa la traduttrice. Tocca a lei il racconto più eccentrico: ha il figlio maggiore che da una settimana vive in un bosco della Lituania. Il figlio si chiama Stefano, ha 26 anni, fa il fotografo di moda. Ha conosciuto Gaja, studentessa di Vilnius, un anno fa. Si sono messi insieme, abitando in una casa con altre due coppie di amici.
A metà febbraio Stefano è sceso a Milano per un servizio fotografico. «Ma una settimana fa, quando era tempo di tornare da Gaja - racconta Luisa in Lituania erano scattate le misure anti coronavirus per tutti gli stranieri. Specie gli italiani, gli untori, mi spiego?».
due lumini sul terrazzo
E quindi? «Quindi è partito lo stesso. Ha la testa dura. Ma i lituani di più: all' aeroporto c' erano i genitori di lei, che dopo i controlli, lo hanno impacchettato, messo su un taxi, portato nella loro seconda casa a cinquanta chilometri dalla città, che non è una casa, ma una specie di capanna di legno nel bosco, come nei film, con gli orsi fuori e il camino dentro, mi spiego?» E Gaja? «Gaja l' ha vista solo da lontano. E la vedrà di nuovo dopo i quattordici giorni di quarantena. Che forse diventeranno venti o chissà. Separati dalla crudeltà del mondo, come nei romanzi, e uniti dall' amore». Sospira.
aperitivo su skype
«Non è un mondo crudele, ma ragionevole, finalmente», dice Stefania, ufficio marketing di un' azienda torinese, ex compagna di scuola di Eugenia, «fanno benissimo a non fidarsi. Siamo noi europei che ce ne siamo accorti tardi, per pigrizia o onnipotenza».
«Oppure per ottusità universale, endemica - interviene Daria, romana, ricercatrice precaria, laurea in Matematica - . C' è un amico del mio ex, si chiama Maurizio, lavora per l' Oms, fa lo scienziato, barba, occhi azzurri, una specie di simpatico rugbista, mi ha detto di guardare l' elenco dei Paesi colpiti dal virus, ho scritto le date, il 24 febbraio, oltre alla Cina, erano coinvolti 29 Paesi nel mondo. Una settimana dopo, il 4 marzo, erano 63. L' altro ieri erano 105. Cioè raddoppiano ogni settimana. E mi ha detto che il contagio rallenterà solo quando la gente smetterà di essere così ostinatamente stupida e ogni famiglia difenderà se stessa».
lezione di fitness in quarantena a siviglia 1
«Ogni famiglia difenderà se stessa» è frase che resta sospesa per un istante tra le quattro amiche perché segnala questa regressione collettiva in cui il virus ci ha fatto precipitare, trasportandoci nei tempi remoti della costante insicurezza, quando qualunque estraneo era la minaccia, venisse dal bosco, da un villaggio sconosciuto, o anche solo dall' oscurità della strada.
lezione di fitness in quarantena a siviglia 2
«Peccato che stavolta - dice Eugenia - la minaccia siamo noi, quelli che si portano dentro il virus senza saperlo. Siamo noi il pipistrello». Daria: «Il pipistrello sarai tu! Mi bastano le rughe per mandarmi in depressione». «Le rughe, che sciocchezza, sei ancora bellissima», le dice Stefania, senza accorgersi che la parola chiave della frase è «ancora». Divagano, ricordano, bevono.
giocare a racchettoni sul balcone
Perché nessuna tragedia in corso può essere pensata, respirata, temuta troppo a lungo senza che diventi ossigeno ordinario, ordinaria convivenza. Più o meno come capita nelle città in guerra, nelle quali si cucina, si parla, si riparano le finestre, e qualche volta, dopo i funerali, si fanno i figli.
lezione di fitness in quarantena a siviglia 3
«Ma gli amanti, ci pensate agli amanti?» chiede Eugenia all' improvviso «Gli amanti cosa?» «Gli amanti clandestini. Ce ne sono migliaia. Non potranno vedersi per settimane, per mesi. Pensate che piccola catastrofe, dentro la catastrofe!». «Sopravviveranno, chi se ne frega», dice secca Daria. «Lo dici perché non hai un amante», prova a scherzare Luisa. «E magari neanche un cuore, mi spiego?», aggiunge Stefania.
giocare a racchettoni sul balcone 1
«Ah, ecco, non ho un cuore. E allora pensate alla sciagura dei separati in casa. Tutti e due chiusi in tre stanze e non parlarsi. Detestarsi. Magari con la figlia scatenata sul divano. Io so cosa vuol dire. Io l' ho provato». «Me lo ricordo», le dice Stefania, stavolta sorridendole.
lezione di fitness in quarantena a siviglia
«Forse è lì che mi sono persa il cuore». «Non dire sciocchezze». «E comunque andarmene è stata la mia salvezza e quella di mia figlia. Oggi saremmo tutte e due imprigionate da questo maledetto virus». «Ma noi siamo imprigionate!» Ridono finalmente tutte insieme, come ai vecchi tempi. Sapendo che questo parlarsi è la sola via d' uscita che funzioni. Per riprendersi una mezz' ora del tempo di prima. Riprendersi lo spazio. E sconfiggere l' ospite non invitato al loro tavolino digitale.