1 – CORONAVIRUS, BOOM DI "STRANE POLMONITI" A CODOGNO GIÀ A METÀ GENNAIO: IL CONTAGIO VA RETRODATATO?
il contagiato di codogno - coronavirus
Il focolaio a Codogno e dintorni scoperto con grosso ritardo? È questa la conclusione a cui, secondo quanto riportato da Repubblica in un decisivo retroscena, si trova "ormai a un passo" la task force di epidemiologi, ricercatori, forze dell'ordine e inquirenti al lavoro a Milano e dentro la zona rossa del contagio da coronavirus.
L'ipotesi è che quel focolaio covasse "almeno dalla metà di gennaio". Una discrepanza clamorosa, se si pensa che l'emergenza è esplosa venerdì 21 febbraio. Secondo quanto riporta Repubblica, grazie a test genetici, mancano ormai pochi tasselli per arrivare a ricostruire il nesso tra "il principale epicentro dell'epidemia", individuato tra i dieci Comuni isolati nel Basso Lodigiano, e quello definito "secondario di Vo', nel Padovano.
PRONTO SOCCORSO OSPEDALE CODOGNO
Ma non solo. Crescono altri dubbi. Non solo quello sul "paziente zero", non individuato a una settimane dalla prima diagnosi all'ospedale di Codogno. Vacilla infatti anche l'ipotesi che il "paziente uno" sia il dipendente dell' Unilever di Casalpusterlengo. Si parla del 38enne di Castiglione, che ha diffuso il Covid-19 nell'ospedale del primo ricovero a Codogno e tra le persone che ha frequentato per giorni dopo essere stato infettato, al lavoro a facendo sport.
codogno – panico coronavirus 2
Il punto principale, però, è che come detto l'emergenza coronavirus è vicino ad essere retrodatata dalla task-force di esperti. Come ricorda sempre Repubblica, dopo l'esplosione dell'emergenza tra Codogno, Castiglione d'Adda e Casalpusterlengo, i sanitari hanno ricollegato tra loro decine di pazienti, non solo anziani, che da metà gennaio "sono stati colpiti da strane polmoniti, febbri altissime e sindromi influenzali associate a inspiegabili complicanze". Si arriva poi al 20 febbraio, giorno in cui era stato accertato a Codogno il primo caso, il tutto grazie all'intuizione di una anestesista.
OSPEDALE CODOGNO LODI
Ma nel Basso Lodigiano, si apprende, già in gennaio c'era stato un boom, che non era passato inosservato, di influenze e polmoniti. Purtroppo nessun elemento previsto dai protocolli sanitari internazionali è riuscito a ricondurre questa serie di casi "a fattori estranei alla stagionalità". "Eravamo tutti convinti - dice a Repubblica Alberto Gandolfi, medico di base in quarantena a Codogno con vari assistiti infetti - che quelle polmoniti fossero favorite da freddo e assenza di pioggia. Rivelate dalle lastre, sono state curate con i consueti antibiotici".
ospedale di codogno
Adesso, ovviamente, il quadro è cambiato. E la verità si mostra dalle cartelle cliniche e dalle ricette farmaceutiche di tutti i pazienti della zona rossa, che per oltre un mese sono stati curati per influenze e polmoniti "normali". La maggior parte di loro è guarita, ma nel sangue sono rimaste tracce di Covid-19. La prova del fatto che l'emergenza-coronavirus era iniziata ancor prima che ce ne rendessimo conto.
2 – NESSUNO VUOL DARE IL CAMBIO AI TRE INFERMIERI DI CODOGNO «ABBANDONATI DAI COLLEGHI»
Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
codogno – panico coronavirus
Ci sono un uomo e due donne, nell' ospedale di Codogno, che meriterebbero una medaglia al valore civile. Perché resistono da giorni alla stanchezza, alla lontananza dalle famiglie e all' amarezza di sapersi abbandonati dai colleghi che avrebbero dovuto dargli il cambio.
Si chiamano Fabio, Giovanna e Dana, sono gli infermieri del Reparto di Medicina, dove il «paziente uno» è stato ricoverato prima che si scoprisse positivo al coronavirus e dove nei giorni scorsi sono stati registrati almeno quattro casi di contagio.
codogno
Fabio, Giovanna e Dana sono entrati in servizio la sera del 20 febbraio e da allora i colleghi dei turni successivi non si sono mai presentati a sostituirli. Non si parla di colleghi in quarantena costretti a rimanere lontano dal reparto perché entrati in contatto diretto o indiretto con dei contagiati. Si tratta di persone che nei giorni del rischio contagio non avevano lavorato e quindi erano certamente non infetti: non contagiati dal virus ma malati, stando ai certificati medici che hanno mandato per giustificare l' assenza.
ospedale di codogno
L' intero turno che avrebbe dovuto prendere servizio la mattina del 21 - per dire - si è rifiutato in blocco di dare il cambio ai colleghi. Né quel mattino né dopo. E in questi giorni non è stato certo facile andare avanti in tre, giorno e notte, con una ventina di pazienti, senza riposare mai davvero né allontanarsi dal reparto per non rischiare contagi negli altri settori. Ogni tanto hanno dato una mano i colleghi della Riabilitazione, anche quella punto di passaggio del paziente 1, ma da ieri il reparto è chiuso, i malati trasferiti altrove e quindi fine degli aiuti.
CONTROLLI DI POLIZIA A CODOGNO
La situazione si è complicata ancora di più mercoledì mattina quando l' infermiere è finito in isolamento in day service, la zona degli ambulatori, perché aveva la febbre. Quindi sono rimaste Giovanna e Dana, sempre più stanche, aiutate da ieri mattina da un' operatrice sociosanitaria e da una collega del Pronto soccorso (che è chiuso). Certo, per un reparto come Medicina servirebbero infermieri specifici ma non c' è verso: tutte le chiamate di soccorso al personale infermieristico del settore sono rimaste inascoltate.
le strade vuote di codogno
E allora si è guardato altrove. Agli infermieri della Cardiologia riabilitativa, per esempio, che si sono rifiutati anche per non esporre al rischio di contagio il loro reparto, rimasto finora fuori dal caos coronavirus. Nel cercare un rimedio la Direzione sanitaria ha perfino fatto un passo fuori norma, diciamo così: ha interrotto la quarantena degli infermieri del Pronto soccorso che avevano avuto a che fare con il paziente 1, ha chiesto che facessero il tampone e, se negativo, che ritornassero a lavoro.
codogno – panico coronavirus 1
Anche stavolta, però, nulla di fatto: la caposala ha preteso un consulto con la Regione e la Regione, consultata, ha rimandato tutti a casa a riprendere la quarantena. Risultato: da lunedì si sta cercando di tamponare la carenza con l' aiuto di una cooperativa esterna. Fabio, Giovanna e Dana sono sfiniti. Si concedono poche ore di sonno, qualche telefonata a casa, ai figli. Nient' altro. Gli amici con i quali sono in contatto raccontano di tutta l' amarezza che sentono addosso quando pensano ai colleghi che non li hanno aiutati. «La condivisione avrebbe alleggerito fatica e paura - scrivono - e invece ci hanno abbandonato, proprio loro che conoscono Medicina e sanno perfettamente cosa stiamo passando...». Non sono arrabbiati, piuttosto sono delusi e ogni tanto se lo chiedono fra loro: «Con che faccia ci guarderanno negli occhi quando ci rivedremo?».
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