Alessandro Mondo per “la Stampa”
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«Troppi deficit nella gestione dell' emergenza. E dubbi sui dati diffusi». Il dottor Roberto Venesia, presidente regionale Federazione medici di famiglia piemontesi (Fimmg), va diritto al punto.
Quali dubbi?
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«Quelli che emergono dalla ricerca condotta dal Gruppo ricerca e innovazione della Fimmg dal 26 marzo al primo aprile: 63 medici hanno registrato i dati di 77.216 pazienti, un campione corrispondente al 2,16 per cento della popolazione piemontese».
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Risultato?
«Abbiamo avuto 422 segnalazioni di sospetti positivi. Interessante rapportare i nostri dati con quelli ufficiali. In quei sette giorni i casi accertati sono stati 3.183 su 3 milioni e mezzo di abitanti, cioè i piemontesi maggiorenni: ovvero un' incidenza nei sette giorni dello 0,55 per cento contro lo 0,09, una differenza di sei volte. Significa che se i nostri dati fossero validati, i nuovi casi nella popolazione in quei giorni monitorati corrisponderebbero a ben 19.495».
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Conclusione?
«In Piemonte il dato dei casi totali, almeno fino al 19 marzo, sembra corrispondere al numero totale dei ricoverati ma sembra sottostimato, visto che non possiamo sottoporre i pazienti sospetti ad alcun test».
Più in generale?
«Finora in Piemonte l' emergenza è stata gestita con un approccio centrato sugli ospedali, senza considerare che la battaglia contro l' epidemia si vince sul territorio».
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Come?
«Mettendo i medici in condizione di lavorare con adeguati livelli di sicurezza per prendersi cura dei malati. Inutile girarci intorno: la tecnologia aiuta, ma ad un certo punto i tuoi pazienti devi visitarli, e trattarli. Ora sto andando a ritirare una grossa partita di dispositivi di protezione: ce li siamo comprati da soli».
Anche le Rsa fanno parte del territorio.
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«Le Rsa sono state colpevolmente abbandonate da almeno dieci anni: da allora vado ripetendo che l' assistenza in queste strutture non garantisce la stessa tutela di chi è trattato a casa».
Perché?
«Manca un' assistenza medica strutturata e adeguata».
E i tamponi? Troppo pochi?
«A mio avviso vanno riservati al personale sanitario. Noi possiamo e dobbiamo curare i malati a domicilio, impedendo l' evolvere della malattia con farmaci dai risultati promettenti, oltretutto noti da anni. Ma se non si predispongono i protocolli terapeutici non si combina nulla».
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