ANTONELLO GIANNELLI
1 – I presidi chiedono lo scudo penale " Il rischio è un processo per contagio"
Maria Berlinguer per “la Stampa”
«Non abbiamo chiesto alcuno scudo penale perché presidi e personale scolastico non sono malfattori né delinquenti, ma se il dirigente scolastico ha attuato i protocolli sanitari non può essere esposto a cause giudiziarie visto che il covid è equiparato a un incidente sul lavoro. Al governo abbiamo manifestato più volte questa esigenza ora aspettiamo di vederla pubblicata sulla Gazzetta ufficiale».
Antonello Giannelli presidente dell'Associazione presidi, a poche settimane dall'apertura delle scuole attesa per il prossimo 14 settembre (ma alcuni istituti riapriranno prima per i recuperi) lancia il grido d'allarme per i molti ritardi accumulati per un appuntamento decisivo: far rientrare milioni di bambini e ragazzi nelle classi in sicurezza.
LUCIA AZZOLINA
E soprattutto non essere costretti a richiudere gli istituti come è accaduto in alcuni casi in Germania e in Francia. Riaprire le scuole è una «priorità assoluta del Governo perché è una priorità di tutto il Paese « scrive su Facebook Lucia Azzolina, chiedendo a tutti di rispettare le norme di sicurezza per non disperdere i sacrifici di questi mesi. Non è però ancora non è chiaro se i famosi banchi monoposto arriveranno in tempo o se invece l'unica misura di prevenzione certa sarà la mascherina.
«I dirigenti chiedono di conoscere con urgenza il calendario di consegna perché non è possibile che lo vengano a sapere all'ultimo momento: l'organizzazione richiede tempo», attacca Giannelli suscitando la reazione di Domenico Arcuri, il commissario all'emergenza. Arcuri aveva già annunciato sanzioni per le aziende che non consegneranno i banchi nei tempi previsti. Ora si dichiara stupito dalle parole dei presidi.
PREPARATIVI IN UNA SCUOLA DI MILANO PER LA RIAPERTURA
«I banchi monoposto e le sedute attrezzate saranno consegnati a partire dai primi giorni di settembre e fino al mese di ottobre» confermano dallo staff di Arcuri. Parole che non bastano a rassicurare il presidente dei dirigenti scolastici. «E' la conferma che non c'è un calendario preciso, è impensabile che la mascherina sia l'unica arma di difesa dal contagio perché sappiamo benissimo quanto sia faticoso per il personale e per i ragazzi indossarla per ore» spiega.
I BANCHI ANTI CORONAVIRUS CHE VUOLE COMPRARE LUCIA AZZOLINA
L'associazione dei presidi ieri ha diffuso un vademecum per i dirigenti di istituto per riassumere in pochi punti le molte linee guida diffuse via via dal ministero. Con suggerimenti per gli ingressi differenziati, le mense con pasti preconfezionati e possibili doppi turni. Il protocollo approvato a inizio agosto dal ministero prevede il distanziamento nelle classi, l'approvvigionamento di presidi sanitari, l'aumento degli organici. Sono però ancora tante le incognite.
Che fare in caso di un contagio in una classe? Bisognerà chiudere l'istituto? «Se ci sarà un caso positivo all'interno della scuola bisognerà valutare la situazione di concerto con l'autorità sanitaria, con la Asl, non ci possiamo affidare a norme generali, bisognerà necessariamente decidere caso per caso» spiega.
CHE SUCCEDE IN CASO DI CONTAGIO A SCUOLA
I presidi consigliano in ogni caso tutte le scuole di prevedere un locale dove accogliere i casi sospetti di coronavirus. A preoccupare è anche l'impennata dei contagi. «Il Cts entro il 15 agosto avrebbe dovuto farci sapere se anche i bambini sotto i sei anni dovranno indossare la mascherina». Fondamentale sarà inoltre la collaborazione delle famiglie, che dovranno misurare la temperatura ogni mattina ai figli. Impensabile farlo all'ingresso degli istituti. Soprattutto in quelli che hanno 1000, 1500 alunni: gli assembramenti all'ingresso sarebbero inevitabili.
2 – «SCUOLE, SONO GIORNI DECISIVI LA RIAPERTURA NON È SCONTATA»
coronavirus scuola germania 6
Graziella Melina e Giuseppe Scarpa per “il Messaggero”
Se nei prossimi giorni il numero dei contagi continuerà a crescere, «c'è un problema serio» da affrontare. E' ipotizzabile infatti anticipa Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza e ordinario di Igiene generale e applicata all'Università Cattolica di Roma non solo «la chiusura di aree con focolai», ma addirittura che «non riaprano le scuole».
WALTER RICCIARDI
Tutto «dipenderà dal comportamento responsabile delle persone». L'epidemia in questi giorni non sta risparmiando più neanche le regioni che nei mesi scorsi sembravano quasi immuni dal rischio. La situazione si sta facendo di nuovo seria?
«La problematicità è diffusa su tutto il territorio nazionale. Non c'è nessuna zona che parte avvantaggiata o svantaggiata. Tutto dipenderà dalla capacità che avranno i territori e le autorità sanitarie di intercettare e circoscrivere i focolai. Naturalmente, ogni sviluppo futuro dipenderà soprattutto dal comportamento delle persone».
scuole coronavirus 1
Dunque, anche al Sud bisogna stare in guardia?
«Certo, non c'è nessuna parte del territorio nazionale che oggi è immune. Tutte quante le regioni sono vulnerabili e a rischio e ripartono da una condizione simile. Forse le uniche ancora svantaggiate dalla situazione precedente sono la Lombardia, il Veneto e, in parte, l'Emilia Romagna.
LUCIA AZZOLINA
Queste tre Regioni continuano ad avere dati peggiori rispetto al resto d'Italia». Il controllo dell'epidemia sta sfuggendo di mano?
«In questo momento il contagio è alimentato sostanzialmente per circa il 30-35 per cento da quei turisti italiani che ritornano dall'estero, e sono soprattutto ragazzi. Poi un altro 40 per cento è autoctono, sono focolai cioè originati o trasmessi in famiglia o in comunità. Infine, un 20-30 per cento di persone sono turisti, oppure migranti, o comunque persone che vengono dall'estero».
I BANCHI ANTI CORONAVIRUS CHE VUOLE COMPRARE LUCIA AZZOLINA
E' ipotizzabile che nei prossimi giorni si disponga la chiusura di qualche zona?
«E' tutto da vedere. Ma certamente è una possibilità che va presa in considerazione nel caso non si riesca a intercettare i focolai. Però, prima di chiudere, bisogna cercare di tracciare i contagiati e di limitare i focolai.
Naturalmente, a fronte di tutto questo, ribadisco, c'è il comportamento delle persone: se agiscono come se il rischio non ci fosse, è chiaro che i focolai aumentano, e questo a sua volta innesca la possibilità che le autorità non ce la facciano a individuarli».
C'è qualche Regione che è più pronta a tracciare questi nuovi casi?
LUCIA AZZOLINA
«Nessuna lo è in maniera ottimale. Innanzitutto perché ancora non è stato rafforzato pienamente l'organico delle Asl che deve essere delegato a questo compito. Poi, la app Immuni ancora è scarsamente scaricata e quindi non riesce ad aiutare le Regioni a rintracciare i casi positivi. E infine perché sostanzialmente i focolai cominciano a diventare un po' troppi».
Nel sistema sanitario si osservano anche resistenze. Il sindacato medici italiani non vuole per esempio che i tamponi e i test sierologici vengano fatti negli studi dei medici di famiglia per non mettere a rischio gli altri pazienti.
«Il problema della medicina di famiglia è strutturale, ed è stato evidenziato nella prima ondata epidemica. Se la medicina di famiglia rimane in questo stato giuridico, ossia di liberi professionisti convenzionati con il servizio sanitario nazionale, per altro con una gestione estremamente eterogenea, chiaramente non riesce a esprimere a pieno la potenzialità che invece dovrebbe avere».
Per affrontare l'epidemia servirebbe un sistema sanitario più compatto ed efficiente.
scuole coronavirus
«Dei tre pilastri del Servizio sanitario nazionale, su quello ospedaliero sono stati fatti maggiori investimenti, ed è infatti quello messo meglio.
Per quanto riguarda il pilastro della sanità pubblica, del contact tracing, dell'assistenza domiciliare, ci sono stati degli importanti investimenti, però ovviamente c'è bisogno di tempo perché possano essere espressi. Quello che rimane più indietro è appunto il pilastro della medicina generale».
Se il numero dei casi continua ad aumentare c'è il rischio che i bambini non possano tornare a scuola?
DIEGO FUSARO E LUCIA AZZOLINA
«Sì, il rischio c'è. Dipende se il trend si inverte anche attraverso la decisione presa domenica dal governo di chiudere discoteche e di limitare la movida attraverso l'uso delle mascherine.
Noi possiamo e dobbiamo lavorare perché le scuole riaprano, ma è chiaro che se abbiamo una esacerbazione e una crescita dei casi, si riapre un enorme punto interrogativo, perché di fatto in queste condizioni le scuole potrebbero essere fonte di nuovi focolai. Quindi, bisogna fare tutti gli sforzi possibili e immaginabili per riaprire le scuole, e questo significa che serve che da una parte le persone abbiano comportamenti adeguati e che le autorità si preparino adeguatamente».
LUCIA AZZOLINA
E' ipotizzabile riaprire le scuole solo nelle zone con meno contagi?
«Se i contagi continuano a crescere come stiamo vedendo negli ultimi due tre giorni, c'è un problema serio. Se invece questa crescita viene interrotta e addirittura contenuta, si può riaprire in tutta Italia. Ma è chiaro che i presupposti sono l'interruzione di questa crescita di casi e la capacità di gestire i contagi con i protocolli adeguati».
walter ricciardi 2
WALTER RICCIARDI