Francesco Spini per “la Stampa”
vincent bollore
Un'Opa su tutta Tim costerebbe di meno. Meno di quanto i francesi di Vivendi, primi azionisti di Telecom Italia con il 23,75%, ritengono debba essere valorizzata la sola rete: 31 miliardi di euro.
I paletti già fissati di recente dall'ad del colosso francese dei media, Arnaud de Puyfontaine, il quale sottolineava che «mai» avrebbe appoggiato la cessione a valori tra i 17 e i 21 miliardi, si spostano ulteriormente in avanti, a sgombrare il campo da voci che davano un possibile punto di soddisfazione su livelli, già altissimi, di 25 miliardi.
dario scannapieco
Ora fonti vicine a Vivendi sottolineano infatti che tra i punti fermi dell'azionista di Tim c'è la piena valorizzazione della rete che, in caso di scorporo, dovrà rispettare alcuni parametri minimi. Il primo riguarda il debito da trasferire insieme con la rete che non potrà essere inferiore, nella visione transalpina, ai 10 miliardi di euro.
Di qui la valutazione complessiva che sarebbe, appunto di 31 miliardi. Tutto ciò, secondo le stesse fonti, nell'interesse di tutti gli azionisti. Alcuni di questi azionisti sono però parti in causa di questo grande gioco della rete unica che, ad ogni lancio di dadi, rischia sempre di tornare alla casella del via. Il principale di essi è la Cassa depositi e prestiti, che è secondo socio di Tim, al 9,8%, ma soprattutto ha il 60% della concorrente (per ora) Open Fiber: la società candidata ad acquisire gli asset di rete Tim, una volta scorporati.
open fiber
Gli interessi tra Vivendi e gli altri attori di questa affollata vicenda paiono lontani dall'allinearsi. In un momento in cui le società hanno già aperto le trattative va ancora definito un gradino superiore, ad esempio quale sarà il perimetro degli asset che Tim conferirà alla rete unica. Nella lettera di intenti alcuni di essi sarebbero stati sì definiti, ma solo in via transitoria. E poi c'è il nodo del prezzo.
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Difficile che Cdp possa pensare di acquisire la rete Tim a prezzi di saldo, ma l'idea è quella di arrivare a una giusta valorizzazione, ben distante dalla cifra messa sul tavolo da Vivendi. Tant' è che anche nel governo, quando ancora si parlava di valutazioni attorno ai 20-21 miliardi c'erano posizioni scettiche perfino sulla necessità nel dover chiudere a una cifra così alta. Dall'altro lato i francesi guardano a Open Fiber, valutata al momento dell'acquisto di Macquarie del 40% da Enel circa 39 volte il mol. Di qui la cifra.
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Ma, notano alcuni osservatori, 31 miliardi equivalgono più o meno all'intero valore d'impresa (capitalizzazione di mercato, ora poco sopra i 5 miliardi, più debito) di Tim: attribuirlo alla rete, significherebbe ammettere che il resto - dai servizi al Brasile - non vale nulla.
E invece vale: sempre i francesi di Vivendi non mostrano alcuna intenzione di uscirsene. Secondo le stesse fonti vicine al gruppo francese, infatti, a Parigi non vi sarebbe alcuna intenzione di vendere la parte dedicata ai servizi. Anzi, essendo un investitore di lungo termine - si fa notare - è proprio nella ServCo che si concentrerà il maggiore impegno strategico del gruppo francese.
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Tutto è ancora da vedere. Già questa settimana, giovedì, Tim terrà una riunione del consiglio di amministrazione in cui si comincerà a parlare del piano che porterà alla separazione della rete e che, a valle di un altro cda, questa volta il 6 di luglio, sarà presentato al mercato il giorno successivo.
Entro fine luglio, secondo il memorandum, Cdp e i fondi potrebbero presentare le prime offerte non vincolanti per la rete unica, se mai si riuscirà a trovare un punto di incontro che a questo punto sembra complesso. Sempre che, prima, non arrivi un'altra Opa, visti i saldi di un titolo che naviga a 25 centesimi.
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