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    COSA C’È DIETRO I DATI RECORD SULL’OCCUPAZIONE A GIUGNO? – INNANZITUTTO UN DIVERSO COMPUTO DEI LAVORATORI IN CASSA INTEGRAZIONE DA PARTE DELL’EUROSTAT: DOPO TRE MESI DI CIG IL DIPENDENTE ESCE DALLA CASELLA “OCCUPATI” E ENTRA IN QUELLA INATTIVI. SE LA CIG CESSA, FA IL PERCORSO INVERSO. A GIUGNO SI POTREBBE QUINDI ESSERE VERIFICATA UNA RIDUZIONE DELLA CASSA. IL DUBBIO È SE SIANO STATI PRODOTTO ANCHE NUOVI POSTI FISSI…


     
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    Dario Di Vico per www.corriere.it

     

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    Centosedici mila posti di lavori permanenti in più in un solo mese. I dati resi noti ieri dall’Istat su occupati e disoccupati presentano un lato straordinario.

     

    Dopo i risultati del Pil (+1,0% nel periodo aprile-giugno) ora anche l’indagine mensile sul lavoro ci racconta come il secondo trimestre del 2022 sia stato ancora un periodo di attività sostenuta, l’alta inflazione non ha depresso la domanda e quindi industria e servizi hanno continuato a tirare. Ed anche a produrre nuove occasioni di lavoro. Ma quantitativamente così rilevanti da generare un gradino di +116 mila posti fissi in soli 30 giorni?

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    Aquesta domanda sulla base dei dati che abbiamo non possiamo rispondere con sicurezza (nemmeno l’Istat è in grado) e la spiegazione di quest’incertezza sta nelle novità introdotte lo scorso anno da Eurostat nel computo dei lavoratori in cassa integrazione. La statistica europea ha infatti deciso che dopo tre mesi di Cig il dipendente esce dalla casella “occupati” ed entra in quella “inattivi”.

     

    Se la Cig cessa fa il percorso inverso. Per farla a breve a giugno si potrebbe essere verificata una notevole riduzione della cassa integrazione, un ritorno di occupati e una conseguente diminuzione degli inattivi.

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    E’ comunque una buona notizia perché certifica, almeno per giugno, uno stato di salute delle imprese che forse non avevamo preventivato. Il dubbio è se oltre all’inversione a «U» della Cig sono stati anche prodotti nuovi posti fissi, in questo caso le buone notizie sarebbero due. A dimostrazione che l’analisi dei dati mensili sugli occupati non è materia così semplice e, soprattutto, che non dovrebbe mai prestarsi ad essere politicizzata, c’è un altro dato su cui riflettere.

     

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    I contratti a termine — i cosiddetti precari - sono diminuiti di 3 mila unità. E’ un dato positivo? Non è sicuro perché essendo di fatto quello a termine diventato una sorta di “contratto di ingresso” il meno tremila potrebbe voler dire che il rubinetto delle assunzioni, anche se temporanee, si è chiuso. Insomma a giugno sono ritornati i cassaintegrati ma si sarebbe interrotta la pipeline dei nuovi ingressi.

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    Passando dai dati micro alle riflessioni macro si può dire che fin quanto i consumi tirano (autostrade piene, intrattenimento e ristorazione sold out, flussi turistici anticipati a giugno per il caldo) l’occupazione comunque finisce per seguire un percorso positivo.

     

    Ovviamente non è detto che dopo le ferie estive tutto continui così e il calo dell’indice di fiducia di famiglie e imprese registrato a luglio lo lascia purtroppo presagire. Un’altra riflessione che, pur festeggiando i dati di oggi e il record del tasso di occupazione (60,1%), è doveroso riportare riguarda la relazione tra quantità e qualità del lavoro.

     

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    L’indagine mensile dell’Istat sugli occupati calcola le “teste” e non le ore e di conseguenza non sappiamo se la forte tendenza ad aumentare il cosiddetto part time involontario (occupati sì ma per poche ore al giorno) si stia consolidando o meno. Una certa debolezza del settore terziario unita alla difficoltà di trovare addetti per alcune mansioni lo lascerebbe presumere. Anche in questo caso il consiglio degli esperti è di ragionare sui numeri ed evitare politicizzazioni indebite dell’uno o dell’altro trend. Visto però l’inizio di questa campagna elettorale è facile che questi suggerimenti verranno rubricati alla voce «prediche inutili».

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