Luigi Ippolito per "www.corriere.it"
boris johnson e l'accordo sulla brexit
Accordo storico sul dopo-Brexit fra Gran Bretagna e Unione europea: è stato scongiurato il temuto «no deal», un divorzio traumatico che si sarebbe concretizzato il 31 dicembre con pesanti ricadute economiche e politiche. Londra e Bruxelles hanno concluso un Trattato di libero scambio che vale 700 miliardi l’anno, il più importante mai raggiunto per entrambe le parti.
Boris Johnson ha rivendicato il successo, affermando che il suo Paese ha «ripreso il controllo» in tutte le aree e che il suo governo ha mantenuto tutte le promesse fatte al pubblico britannico col referendum di quattro anni fa: «Abbiamo mantenuto tutte le linee rosse sul recupero della sovranità», ha affermato. I negoziati si sono conclusi ieri sera e le ultime ore sono state trascorse a limare i dettagli finali del testo.
brexit
La svolta l’hanno impressa direttamente Boris Johnson e Ursula von der Leyen: negli ultimi giorni il premier britannico e la presidente della Commissione Ue hanno preso personalmente in mano le trattative e sono stati in costante contatto telefonico. Boris aveva bisogno di un accordo. La pessima gestione della pandemia ha devastato la sua popolarità e la più recente emergenza provocata dalla nuova variante del coronavirus gli ha tolto ogni spazio di manovra.
BREXIT DAVID FROST MICHEL BARNIER
Ora ha qualcosa di concreto da mostrare e farà di tutto per vendere l’intesa come una vittoria di Londra e un pieno recupero della sovranità nazionale. L’accordo raggiunto è comunque ridotto all’osso: in sostanza evita il ritorno ai dazi sulle merci e mantiene aperta la cooperazione in tema di criminalità e sicurezza, ma lascia fuori i servizi, che costituiscono la quota più rilevante di ciò che la Gran Bretagna «vende» all’Unione. I negoziati si erano incagliati sulla questione della concorrenza equa — in particolare sugli aiuti di Stato — e su quella della pesca nelle acque britanniche. Su entrambi i temi si è però trovato alla fine un compromesso che consente a Londra di divergere dalle regole europee (che è l’obiettivo ultimo della Brexit) e a Bruxelles di ottenere garanzie contro la competizione sleale.
DAVID FROST NEGOZIATORE BREXIT
Ma cosa succede adesso? Il governo britannico dispiegherà 1100 funzionari in più alle dogane e all’immigrazione. Nello scenario peggiore, si teme che fino a 7 mila camion possano restare imbottigliati sulle autostrade inglesi che conducono a Dover e agli altri porti, a causa dei controlli doganali che verranno comunque introdotti dal 1° gennaio dai Paesi europei (la Gran Bretagna ha invece deciso di aspettare fino al 1° luglio prossimo prima di applicarli).
Università e ricerca
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Il governo britannico è uscito dal programma Erasmus. Dall’anno prossimo gli studenti europei dovranno chiedere il visto e le rette universitarie raddoppieranno – fino a 30 mila euro l’anno – perché saranno portate in linea con quanto già pagano gli studenti extra-europei. Per i giovani che sono già in Gran Bretagna per studio entro il 31 dicembre, invece non cambia nulla.
Immigrazione e turismo
Dal 1° gennaio scatta il nuovo sistema di immigrazione in Gran Bretagna. Chi arriva per lavoro dovrà avere un visto, ottenibile solo se ha già un’offerta in tasca e un salario previsto di almeno 25.600 sterline (circa 28 mila euro, meno in caso di lavori essenziali come nel settore sanitario). Agevolazioni previste anche per chi ha un dottorato di ricerca (specialmente in materie scientifiche), mentre sarà molto più difficile riuscire a venire a Londra per fare i camerieri o i commessi, come tanti giovani italiani nel passato. I turisti non avranno bisogno di visto, ma sarà necessario il passaporto e non si potrà restare per più di tre mesi.
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Finanza e valuta
L’accordo non copre il settore finanziario, ma nella City molte aziende si sono già messe ai ripari spostando attività e personale in Europa: l’esodo di banchieri e fund manager da Londra è stato però finora contenuto, non avendo superato il 4 per cento del totale. Un salasso invece per i fondi d’investimento made in Uk, che hanno visto oltre 2 miliardi di dollari ritirati dai loro portafogli.
le scogliere di dover durante la brexit
L’Italia L’anno scorso l’interscambio fra Italia e Gran Bretagna era stato di circa 30 miliardi, con 20 miliardi di nostre esportazioni e dieci di importazioni (dunque un saldo largamente attivo). Quest’anno la pandemia ha visto i volumi contrarsi di circa il 20 per cento, ma il 2020 dovrebbe comunque chiudersi con un interscambio di circa 25 miliardi. Molte aziende dovranno adattarsi al nuovo regime doganale, che comporta comunque un aggravio di costi.
la bandiera del regno unito tolta dal palazzo del consiglio europeo
Il sì dei Parlamenti
L’accordo dovrà passare attraverso le ratifiche parlamentari. Si sa già che Westminster si riunirà in seduta straordinaria il 30 dicembre, mentre il Parlamento europeo appare più recalcitrante e chiede più tempo per verificare l’accordo con attenzione. Questo però non farà scattare il «no deal» il 1° gennaio: l’intesa verrà applicata in via provvisoria, in attesa del via libera definitivo di Strasburgo. Nell’anno più cupo del nuovo secolo, un regalo di Natale dell’ultimo minuto.
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