Articolo di Ian Bremmer pubblicato dal “Corriere della Sera”
La campagna elettorale 2020 negli Stati Uniti è una specie di ottovolante impazzito, che non finisce mai di sbandare e roteare da ogni parte. Ma è giunto il momento di domandarsi in che modo la politica di un eventuale governo Biden potrebbe distinguersi da un secondo mandato Trump.
La risposta vi sorprenderà.
dibattito donald trump joe biden
Cominciamo dalla politica estera, il campo in cui Donald Trump, negli ultimi anni, ha mandato ripetutamente in fibrillazione i media globali, ritirando gli Usa dai negoziati di Parigi sul clima; sconfessando l' accordo sul nucleare con l' Iran; abbandonando l' Organizzazione mondiale della Sanità nel bel mezzo di una pandemia; rimettendo in questione gli impegni americani nella Nato; tentando un riavvicinamento con la Corea del Nord; spostando l' ambasciata statunitense a Gerusalemme e riconoscendo la sovranità israeliana sulle alture del Golan; scatenando una guerra fredda tecnologica con la Cina; per non contare minacce e ricatti commerciali a raffica, rivolti indifferentemente tanto ai nemici storici quanto ai più fedeli alleati.
Eppure, malgrado tutti gli scossoni causati dalla sua politica, Trump non è riuscito a modificare in modo significativo la traiettoria geopolitica globale in questi ultimi quattro anni (o, perlomeno, non ancora). Gli Stati Uniti hanno - in teoria - abbandonato gli accordi di Parigi, l' Oms e il negoziato sul nucleare con l' Iran, ma ciascuna di queste mosse potrà essere rovesciata o cancellata da un nuovo presidente alla Casa Bianca. Malgrado tutte le schermaglie verbali, gli Usa sono rimasti nella Nato. La Corea del Nord rappresenta una minaccia invariata, come prima della presidenza Trump, in barba a tutti i vertici che si sono susseguiti negli ultimi tempi.
joe biden a pittsburgh
E quanto alla Cina, i due schieramenti politici americani già si agitavano davanti all' ascesa geopolitica di questo Paese, ben prima dell' arrivo di Trump. Inoltre, gli obiettivi di politica estera a cui Trump teneva moltissimo - il ritiro delle truppe americane dai teatri di guerra e l' avvio di rapporti più cordiali con la Russia - sono stati osteggiati da un' opposizione interna talmente feroce da consentirgli di fare ben pochi passi avanti.
E questo significa che, a conti fatti, in politica estera la presidenza Biden non sarà molto diversa da quella del suo predecessore. Certo, Joe Biden si affretterà a riallacciare i contatti con Parigi, l' Oms e Teheran, anche se potrebbero essere necessari ulteriori negoziati. Gli alleati della Nato (per non parlare dei partner tradizionali degli Stati Uniti) si sentiranno rassicurati dal ritorno di un presidente americano che non vuole a tutti i costi destabilizzare le alleanze storiche. Ma per quel che riguarda gli sviluppi più sostanziali, un eventuale governo Biden accetterà, senza darlo troppo a vedere, i contorni del nuovo Medio Oriente tracciati sotto Trump (la normalizzazione dei rapporti tra Emirati Arabi, Bahrain e Israele resta infatti un grande successo del governo Trump, benché sia passato quasi inosservato nelle ultime settimane).
Gli Stati Uniti, sotto la guida di Biden, proseguiranno nella linea dura contro la Cina, sostenuta da entrambi gli schieramenti politici americani. Ma anche in questo caso, il nuovo stile retorico (se non ancora politico) del presidente Biden si rivelerà cruciale. Difatti il confronto costruttivo con gli altri Paesi, amici o nemici che siano, riduce e argina i motivi di disaccordo, evitando di sfociare nella conflittualità.
trump con netanyahu con i ministri degli esteri di bahrein e emirati arabi uniti
La politica interna americana è destinata a mutare più profondamente nel caso di una vittoria di Biden soprattutto a causa della minaccia perdurante della pandemia. A differenza del governo Trump, la squadra di Biden sarà pronta a lavorare in accordo con la comunità scientifica americana, anziché ostacolarla. Se poi i democratici riusciranno a ottenere la maggioranza al Senato, con ogni probabilità verranno aumentati gli interventi statali di stimolo all' economia.
Quattro anni di governo Trump hanno contribuito a spingere la base democratica più decisamente verso sinistra, trascinando con sé anche Biden, le cui posizioni sono peraltro tradizionalmente centriste. Una possibile vittoria dei democratici al Senato significherà inoltre una pressione fiscale molto più marcata sui grandi gruppi societari e su quell' uno percento dei redditi più elevati, con la revoca dei tagli fiscali introdotti da Trump, una mossa facilitata dai sussidi erogati per la pandemia, che già fanno apparire meno controversi gli interventi e la vigilanza da parte degli organi federali. Ma anche se i democratici non dovessero riuscire ad assicurarsi il Senato, il presidente Biden con ogni probabilità introdurrà profonde modifiche tramite una nuova politica normativa, in particolare sul fronte del clima e dell' ambiente.
TRUMP ZUCKERBERG
Certo, parlare di rettifiche alla politica normativa non equivale a sbandierare quel «cambiamento radicale» auspicato da più parti, e questo potrebbe deludere quanti si aspettano di veder emergere un mondo nuovo dalla vittoria elettorale di Biden il 3 novembre. La presidenza Biden, però, servirebbe a ricordare a tutti che, anche per una superpotenza come gli Stati Uniti, i veri cambiamenti politici cominciano in patria.
(Traduzione di Rita Baldassarre)