Flavia Amabile per “La Stampa”
WILLY MONTEIRO
L'insegna è appena visibile dalla strada. Il vialetto conduce a un parcheggio vuoto e a un albergo-ristorante dove quattro uomini parlano a voce alta e il resto della sala è vuoto. Qui Willy Monteiro lavorava come assistente cuoco.
Trascorse l'ultima sera di lavoro tra i fornelli e i ripiani di acciaio sotto lo sguardo attento dei suoi colleghi. Due anni dopo nella grande cucina campeggia la foto di Willy con il sorriso che l'ha reso indimenticabile. Nazzareno D'Amici, il titolare, lo guarda e scuote la testa. «Ancora volete parlare di Willy? Per me era come un figlio ma voi giornalisti state esagerando. A Colleferro ne hanno ammazzati prima e dopo.
i fratelli bianchi a miami
Voi però vi occupate solo di lui». Era una sera di inizio settembre anche due anni fa. Era il primo fine settimana al rientro dalle vacanze che non c'erano state perché il Covid faceva paura e di soldi ne sono girati sempre pochi tra i ragazzi che frequentano il piazzale Oberdan di Colleferro, il recinto dove si svolge la movida, una manciata di locali dove andare a prendere una birra allietati da alcune luci color ghiaccio, una fontana popolata da fenicotteri rosa rigorosamente finti e tanta noia. La notte tra il 5 e il 6 settembre del 2020 la noia fu bruciata in 40 secondi di violenza, quelli che bastarono ai fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli per assalire e uccidere Willy Monteiro, 21 anni.
gabriele bianchi
Due anni dopo, durante il primo fine settimana al rientro delle vacanze, il recinto è identico e la noia una nebbia che avvolge le sere di una movida immobile nel tempo.
«Vuoi sapere che cosa è cambiato in questi due anni?» chiede Luca Martone, 36 anni, fisico massiccio.
È l'una di notte, lui e la fidanzata Ilaria hanno le risposte lente e il tono della voce fuori controllo di chi ha bevuto qualche bicchiere di troppo.
«Nulla. Qui non cambia mai nulla. Io quella sera c'ero, non ho visto nulla perché sono andato via prima e sto andando via prima anche stasera». La regola di chi va a bere nel recinto di Colleferro con una ragazza è di non fermarsi mai fino alla chiusura dei locali. «È il momento peggiore - continua Luca - sono tutti pieni di alcol, basta un'occhiata di troppo a una ragazza, la lite scoppia in un secondo».
gabriele bianchi
E ne scoppiano di continuo di liti dalle parti del recinto sorvegliato dai fenicotteri finti. Alcune diventano casi di cronaca, come è accaduto ad aprile quando un giovane è finito in ospedale per una scazzottata o a maggio quando un ragazzo di 19 anni è stato accoltellato mentre passeggiava di sera in centro con gli amici.
Altre finiscono archiviate come una normale conseguenza dell'alto tasso alcolico che gira in queste strade. «Non è vero che non è cambiato nulla» sostiene Valerio, 22 anni. Lui c'era la notte in cui Willy fu ucciso. C'era anche nei fine settimana precedenti quando con Willy bevevano una birra e parlavano della Roma. Ha continuato a frequentare il recinto di Colleferro anche dopo, quando ha iniziato a lavorare a Reggio Emilia come magazziniere e la movida immobile di questo piccolo centro terrorizzava tutti tranne i frequentatori abituali.
alessandro e gabriele bianchi
«Willy non c'è più, non ci sono più nemmeno i fratelli Bianchi e noi siamo condannati a venire in questo posto dove abbiamo perso un amico». Indica il giardino spelacchiato dall'altra parte della strada dove Willy fu pestato a morte. «Li ho visti con i miei occhi i fratelli Bianchi che si accanivano contro Willy, ho visto il suo corpo martoriato che veniva portato via su una barella.
Ogni volta che vengo a bere una birra guardo quel pezzo di marciapiede mi faccio il segno della croce. Se potessi andrei altrove ma per trovare un posto diverso dove bere qualcosa in compagnia di sera bisogna arrivare fino a Roma». Valerio si ferma un istante. Quello che ha visto lo ha raccontato anche in tribunale, è uno dei testimoni del processo che ha portato agli inizi di luglio alla condanna all'ergastolo per i fratelli Bianchi e a 23 anni per Francesco Belleggia e 21 per Mario Pincarelli. La banda di Artena li hanno definiti, il paese legato a Colleferro dalla stessa strada provinciale e dall'identico destino di morte. «Ho spiegato in tribunale quello che ho visto ma noi amici non ne parliamo mai, cerchiamo di dimenticare. A volte avrei voglia di parlarne con mia madre ma non ci riesco. Grazie per avermi fatto sfogare stasera».
willy
«È cambiato che sembra che la morte di Willy sia colpa di Colleferro - sostiene Virginia Cirilli, 18 anni. - Non è colpa nostra. Quello che è capitato sarebbe potuto succedere ovunque. E sarebbe potuto capitare a chiunque. È successo qui perché ci sono più locali che altrove». La notte avanza. Il tasso alcolico aumenta.
Qualcuno parla di politica. Al tavolo di Michele, Riccardo, Silvia e Bruna si ride di Berlusconi e del suo sbarco su TikTok. «È ridicolo - dice Michele - vuole fare il finto giovane ma sembra mio nonno». In pochi però sanno per chi votano. Non lo sanno i quattro giovani seduti al tavolo. Non lo sa Valerio. Luca Martone sa che non andrà a votare e Ilaria, la fidanzata, che non voterà Giorgia Meloni. Tutti sono convinti che, comunque sia, non cambierà nulla.
fratelli bianchi 2
Ormai sono quasi le tre del mattino, quasi l'ora in cui fu ucciso Willy Monteiro. Intorno al cimitero un'auto è ferma. Dentro qualcuno sta facendo qualcosa che preferisce resti segreto. Forse sesso come due anni fa i fratelli Bianchi, che si erano appartati in uno di questi anfratti poco illuminati prima di andare a seminare l'orrore davanti al recinto di Colleferro. Ad Artena è sempre aperto il pub di Alessandro Bianchi, il più grande dei fratelli. Dentro non ci sono clienti. In tanti, invece, si fermano davanti all'ingresso per salutare e scambiare due chiacchiere. Nulla cambia dentro e fuori la movida immobile di Colleferro.
WILLY 1 mario pincarelli francesco belleggia WILLY