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    COSA FANNO I PERDENTI/2 - NEL PD C'È CHI SI STROFINA SULLA RELIQUIA PRODI, SPERANDO CHE MATTARELLA VIRI SU UN GOVERNO ISTITUZIONALE IN CASO DI ROTTURA TRA DI MAIO E SALVINI. CHE INVECE I RENZIANI ''NON VEDONO L'ORA DI VEDER GIURARE'' COSÌ DA FARE OPPOSIZIONE E DEPURARSI L'IMMAGINE DOPO 5 ANNI AL GOVERNO - DIETRO LE APERTURE AI GRILLINI, LA SFIDA PER LA SEGRETERIA PD


     
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    1. PRODI SCALDA LA FRONDA DEL PD SPUNTA IL GOVERNO ISTITUZIONALE

    Laura Cesaretti per ''il Giornale''

     

    Un governo «istituzionale» sostenuto dai grillini (senza Di Maio) e dal Pd (senza Renzi), più Liberi e uguali. Il nome del premier c' è già: Giorgio Lattanzi, da non confondere con il più noto Vito Lattanzio, che era il ministro Dc della Difesa che si fece scappare il nazista Kappler in una valigia, secondo la leggenda. Lattanzio è però defunto da vari anni, Lattanzi invece è da qualche settimana presidente della Corte Costituzionale, ergo spendibilissimo.

    prodi renzi prodi renzi

     

    Lo scenario può apparire un filo prematuro e alquanto fantasioso, visto che neppure sono iniziate le consultazioni, ma tra corridoi e salotti della politica c' è già chi ne parla con grande convinzione, segnatamente a sinistra, come raccontava ieri un informato retroscena della Stampa.

     

    Ad alimentarlo, oltre a pezzi di establishment ansiosi di ripulire e «costituzionalizzare» i M5s, sono soprattutto gli esponenti di Leu, la sfortunata creatura politica di Bersani e D' Alema, che comprensibilmente cercano un modo per tornare nel regno dei vivi (politicamente parlando) e sarebbero prontissimi ad appoggiare un siffatto governo. Ma siccome in Parlamento i Leu sono quattro gatti, è necessario convincere il Pd ad essere della partita.

     

    L' ostacolo sul loro cammino, tanto per cambiare, si chiama Matteo Renzi. Così la rumorosa fronda interna al Pd, che scalpita contro la linea dell' opposizione, finisce per far da sponda a questi arzigogolati piani. C' è chi assicura che Paolo Gentiloni sarebbe d' accordo con la fronda dei «responsabili» (animata da Orlando, Franceschini, Veltroni etc.) e che, passato senza costrutto il primo giro di consultazioni, potrebbe dirlo apertamente e dare il via al ribaltone anti-Renzi.

    FRANCESCHINI VELTRONI FRANCESCHINI VELTRONI

     

    La risposta del premier a chi si informava sull' attendibilità di queste voci è stata icastica: «Tutte cazzate». C' è chi annuncia che Romano Prodi (che spera nel Cavaliere per stoppare un governo Di Maio-Salvini: «Berlusconi non lo consentirà mai», dice) si starebbe preparando a lanciare un appello alla responsabilità per stanare il Pd e spingerlo verso il governo Cinque stelle-centrosinistra, Lattanzi o non Lattanzi.

     

    C' è chi prevede invece un analogo appello della consueta compagnia di giro di intellettuali firmaioli, con la regia di Veltroni. Il cui ragionamento è più articolato: «Se Salvini e Di Maio non riescono ad accordarsi, come io mi auguro, Mattarella non porterà automaticamente l' Italia al voto, ma cercherà di far nascere comunque un esecutivo. E il Pd non può tenersi fuori». Il timore del fondatore del Pd (e di Prodi) è che invece Renzi a quel punto «tenti di accordarsi con Berlusconi» per far partire un governo col centrodestra.

    GIORGIO LATTANZI GIORGIO LATTANZI

    Ipotesi da sventare.

     

    Il Pd, grande sconfitto del voto, resta così al centro di tutti gli incroci possibili, tranne quello apertamente auspicato dai renziani: «Non vedo l' ora che giuri un governo Di Maio-Salvini», dice il capogruppo al Senato Marcucci. Il reggente Martina replica che lui, invece, ne è «preoccupato». La nascita di un governo dei populisti spianerebbe al Pd la strada dell' opposizione europeista e liberal-democratica e della «macronizzazione» renziana.

     

    Con l' ex segretario ancora a tirarne i fili. Mentre l' Assemblea nazionale che deve eleggere il nuovo segretario verrà rinviata a «fine crisi». E questo spiega perché tanti Dem scalpitino e si agitino anzitempo contro la perdurante egemonia renziana, che detta la linea dell' opposizione. «Ma metterla in discussione ora è solo un regalo a Di Maio, che così può usare il secondo forno Pd per alzare il prezzo», ragiona il sottosegretario Giacomelli. «È un errore blu discutere di subordinate quando sono lui e Salvini che devono fare un accordo o spiegare perché non riescono».

    Quanto al governo Pd-M5s nota: «Servirebbero i voti di tutti i Dem: mi pare assai difficile».

     

     

    2. DIETRO LE APERTURE AI GRILLINI LA SFIDA PER LA SEGRETERIA PD

    Fabio Martini per ''La Stampa''

     

    Con quell' aria da ragazzo candido con la quale si sta proponendo nel mondo della politica, Carlo Calenda ha scritto di buona mattina un tweet: "Leggendo i giornali, c' è qualcosa che mi sfugge. A me risultava che la direzione del Pd avesse espresso con nettezza la linea dell' opposizione. Trovare ogni volta una ragione per spaccarsi è autolesionismo".

    DI MAIO SALVINI DI MAIO SALVINI

     

     Calenda, con la sua apparente ingenuità, alza il velo su una divergenza interna al Pd per ora sotto traccia, affidata ai retroscena sui giornali più che ad un esplicito duello politico: da una parte Matteo Renzi, che prima di lasciare la guida del Pd, ha tracciato la linea "mai con i Cinque stelle"; dall' altra un drappello di ministri - Dario Franceschini e Andrea Orlando - ma anche Walter Veltroni che senza auspicare un accordo con M5s, fanno però capire che sarebbe opportuno non sbattere la porta e semmai lasciarla socchiusa.

    carlo calenda tessera pd con maurizio martina carlo calenda tessera pd con maurizio martina

     

    Ma al di là di diversi contatti informali, i fautori di un' alleanza con i Cinque stelle si preparano davvero a premere perché la linea ufficiale del Pd cambi? Oppure il vero messaggio, quasi a prescindere dal M5s, è tutto interno? Del tipo: caro Renzi, è finito il tempo nel quale decidevi tutto tu, ora siamo una leadership collettiva e la linea si discute assieme.

     

    Dice Andrea Orlando: «Stiamo sostenendo tutti il reggente, ma gli sia consentito di svolgere in modo autonomo il proprio ruolo, rinunciando a un potere di interdizione». Ecco il punto, espresso esplicitamente da Orlando e sottovoce condiviso da gran parte del gruppo dirigente nazionale e locale del Pd: Renzi, basta interdizioni. In ballo c' è la cosa più preziosa: il controllo del partito nella delicata fase che porterà al nuovo governo. ma soprattutto in quella successiva, quando si tratterà di decidere come eleggere il nuovo leader del Pd. Attraverso Primarie da farsi in 6-8 mesi, oppure lasciando la scelta al "parlamentino" del partito, con un leader che resterebbe in carica fino al 2021?

     

    carlo calenda andrea romano carlo calenda andrea romano

    Apparentemente questioni di lana caprina, che però nascondono ambizioni divergenti. I pretendenti tengono le carte coperte e per ora gli unici che abbiano lasciato la porta aperta ad una candidatura sono stati Maurizio Martina, il reggente (lombardo) che viene dai Ds e Matteo Richetti, modenese che viene dalla Margherita ed è amico di Renzi. Ma altri sono pronti ad entrare in gioco, magari nella modalità "tutti me lo chiedono".

     

    serracchiani serracchiani

    Da questo punto di vista è interessante una risposta di Graziano Delrio, che in un' intervista al "Corriere della sera", a chi gli chiedeva se potesse essere Paolo Gentiloni il leader-traghettatore per il Pd, si è espresso così: «Non lo so. Non ci serve un capo ma un orizzonte. Dobbiamo lavare i piedi, servire i tanti smarriti di questa società, c' è una destra nazionalista cattiva, il Pd deve far circolare idee di sinistra». Un no a Gentiloni e un sì ad una figura che somiglia allo stesso Delrio.

     

    Ma in vista delle consultazioni a tener banco sarà la questione M5s. Interessante la lettura di Giacomo Portas,"moderato" eletto nelle liste Pd: «Si confronteranno tre posizioni: la sinistra, da D' Alema a Orlando, che dirà: dialoghiamo, sono i più vicini a noi; la corrente "filo-Mattarella", il presidente, che punta a dare un governo "presentabile" in Europa; Renzi, che continuerà l' ostracismo, la linea che preverrà». Dice Debora Serracchiani: «Il "no" ad accordi con M5S o con la destra non è pregiudiziale, è la logica conseguenza di una visione diversa del Paese».

     

     

    paolo gentiloni (2) paolo gentiloni (2)

     

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