1. LEU IN FRENATA, «NO A FORZATURE» IL NUOVO PARTITO SLITTA A MAGGIO
Daniela Prospero per 'il manifesto'
gasparri, boldrini, parolin e grasso
L' assemblea per il lancio del soggetto unitario, annunciata all' indomani del voto del 4 marzo, è rimandata a data da destinarsi. In ogni caso non prima del 19 maggio: perché, viene spiegato, «dobbiamo aspettare che si chiarisca il quadro politico. E che Possibile concluda il suo congresso, i primi di maggio». Fin qui niente di strano: anche il Pd rimanda la sua assemblea a dopo la nascita del nuovo governo.
Se non fosse che viene aggiunto: «Ma facciamo un' assemblea per dire cosa?».
Lo stallo politico post -voto è provvidenziale per gli sconfitti: per il Pd ma anche per la lista a sinistra del Pd in crisi nera dopo la delusione elettorale. Nelle scorse settimane alcune assemblee locali sono state rinviate. Così quella nazionale: meglio aspettare prima di lanciarsi nella formalizzazione del un nuovo partito.
Lo ha deciso mercoledì scorso una riunione del 'tavolo politico', chiusa in teoria ma in pratica allargata ai (18) parlamentari.
e alla quale alla fine hanno partecipato tutti i protagonisti della sfortunata campagna elettorale.
GRASSO BOLDRINI
All' ordine del giorno l' analisi del voto, svolta in poche parole dal senatore Piero Grasso, ormai in versione «padre nobile». Ma soprattutto le prossime mosse di Leu. Le regionali, le amministrative, il «processo costituente», il tesseramento per il nuovo soggetto, dato per imminente dall' area bersaniana e guardato con fastidio da Sinistra italiana. Per non parlare della scelta del posizionamento politico In Italia, ma anche in Europa: nel 2019 si vota per Bruxelles, Si chiede agli europarlamentari Mdp di mollare il gruppo socialista: fin qui nessuna risposta, il che non promette niente di buono. E, last but not least, c' è la delicata scelta del futuro leader: se non potrà essere nuovo di zecca, dovrà almeno essere pescato frai profili meno usurati dalla sconfitta.
Tutti nodi da sciogliere o tagliare, tutti cruciali per il nuovo soggetto unitario. Ma senza fretta: «Non possiamo intraprendere un processo costituente serio senza sapere se fra quattro mesi si torna al voto», spiega un deputato Mdp.
Intanto però le questioni i irrisolti rischiano di ingarbugliarsi di più. Prendiamo le amministrative: alle prossime regionali del 29 aprile in Friuli Leu non presenterà le sue insegne. Mdp, in forma civica e senza simbolo, sosterrà il candidato renziano light Sergio Bolzonello. Detestato da Sinistra italiana e Possibile che daranno ai propri libertà di voto.
ROBERTO SPERANZA - PIERO GRASSO - PIPPO CIVATI - NICOLA FRATOIANNI
Non diverso lo schema di gioco delle amministrative del 10 giugno: ottocento comuni al voto, 21 capoluoghi di provincia. Fra questi Pisa, Siena e Massa: tre città ancora amministrate dal centrosinistra che, in assenza di alleanza, rischiano di cadere in mano grillina, come predica da mesi, inascoltato, il presidente regionale Rossi. Leu sarà presente «a macchia di leopardo», «rispettando gli accordi precedenti delle singole forze su ciascun territorio».
Ma il core business del ragionamento sulla nascente forza sta nella sua futura collocazione politica. Ora che è finita - per ora la campagna elettorale, gli ex Pd non fanno mistero di guardare al processo di «derenzizzazione» del loro ex partito. Qualsiasi nuovo segretario Pd riaprirà «il cantiere del centrosinistra», qualsiasi cosa significhi. Loro puntano sul «federatore» Nicola Zingaretti: anche se lo sbando è tale che mentre i big Mdp si legano a doppio filo con il presidente del Lazio, la locale Leu rompe con lui e non entra in giunta.
Nel frattempo Roberto Speranza pronuncia inediti riconoscimenti a Orlando e Franceschini.
«Lavorano per evitare l' abbraccio tra lepenisti e grillini e a un Pd che non si chiude a riccio». In Mpd, così come nel Pd antirenziano, si tifa per il fallimento del governo giallo -verde e per un esecutivo a guida civica con dentro M5S, Pd e Leu.
ROBERTO SPERANZA - PIERO GRASSO - NICOLA FRATOIANNI
Sinistra Italiana guarda con sospetto il ritorno di fiamma fra ex compagni di partito e frena sull' idea di scioglimento della sua organizzazione. Non che abbia un piano B rispetto all' unità con Mdp: «Ma abbiamo bisogno di una discussione profonda e a tutti i livelli, sarebbe insensato infilarsi in una strettoia organizzativa», spiega Nicola Fratoianni.
Non c' è fretta. Almeno finché non sarà chiaro quanto durerà la legislatura. Ma un dirigente Mdp avverte: «In politica i tempi sono tutto, potrebbe essere il nostro ultimo treno: non gireremo a vuoto come abbiamo fatto aspettando Giuliano Pisapia.
Quando si partirà, non potremo usare il passo del più lento».
PIPPO CIVATI E NICOLA FRATOIANNI
2. IL POPULISMO NON SALVERÀ LA SINISTRA
Michele Prospero per 'il manifesto'
Che il voto non abbia premiato la sinistra è così evidente che non vale insistervi oltre. Invece di accanirsi in una metafisica della sconfitta o di trincerarsi in un silenzio che dura ormai da un mese, i dirigenti dovrebbero chiarire cosa fare del modesto bottino elettorale comunque ricevuto. Non ci vuole una disperata opera di contrizione per spiegare perché dal 6% raggiunto alcuni mesi prima alle regionali in Sicilia si è verificata una perdita di almeno due punti che ha indebolito di molto il progetto.
Hanno pesato gli errori di comunicazione (la dichiarazione di disponibilità di Grasso, a tre giorni dal voto, a un governo di scopo con Renzi e Berlusconi), l' arroganza nella composizione delle liste (in Umbria, nella notte prima del deposito delle candidature, da Roma è venuto l' ordine di cancellare la lista che si apriva con il nome di uno tra i più autorevoli costituzionalisti, solo per soddisfare equilibri astrusi), l' insensibilità politico -culturale (di un appello promosso da Asor Rosa e firmato da 150 docenti universitari non si è ritenuto di fare nulla), il rifiuto in origine di dotarsi di un nome e di un simbolo che risultassero più coerenti con l' ambizione di rappresentare la sinistra rimasta nel bosco.
orlando dalema bersani boldrini pisapia
In mezzo a processi obiettivi, che trascendevano la volontà e la possibilità di incidere nelle onde del sistema in crisi, questi errori, che invece sono attribuibili a carenze del tutto soggettive, hanno contribuito a togliere quei decimali di consenso che avrebbero dato una percentuale maggiore e quindi una dimensione diversa alla sconfitta. Comunque, anche nella batosta, il compito dei dirigenti è quello di non smobilitare. C' è più di un milione di persone (bisognerebbe aggiungere anche quelli che hanno scelto Potere al popolo) che non rinun cia al voto identitario, e non cede al richiamo del voto utile.
Dare un senso a queste esperienze è il solo atto politico che andrebbe perseguito. Con quali idee?
dalema bersani
La crisi del liberismo è il punto di partenza comune alle democrazie d' occidente. La destra passa con disinvoltura dal mito liberista reaganiano e tatcheriano alle invocazioni di protezionismo di Trump, che conquista le periferie sollecitando primordiali spinte comunitaristiche.ll dato di sistema, anche in Italia, è segnato dalla crisi degli assi politico -sociali -culturali della cosiddetta seconda repubblica.
Essi ruotavano attorno alla polarità tra un liberismo a contaminazione populista e a guida berlusconiana e una modernizzazione dolce guidata dalla coalizione all' insegna di un neo -illuminismo europeo a conduzione prodiana. La crisi del liberi smo e del progetto europeo della concorrenza dei mercati crea un vuoto di rappresentanza che premia le offerte di chiusure, protezioni e illusioni comunitarie o le sempre arzille simbologie anticasta.
Tra l' individualismo liberista demolito dalla crisi sociale e i rifugi in comunità ingannevoli (prima gli italiani, il rosario e la ruspa) esiste un vuoto, quello che nel Novecento ha occupato il socialismo. Chi pensa che non ci siano alternative al populismo, e che quindi anche la sinistra debba camuffarsi con abiti adeguati allo spirito del tempo (mail Renzi trafitto a ripetizione non era proprio questo travestimento populistico?) lancia alternative illusorie.
bersani epifani dalema
Per recuperare gli elettori che hanno abbandonato la sinistra per approdare al M5S non occorre scimmiottare la versione più originale e anche genuina della rivolta del "basso". Questo inseguimento della invenzione grillina sarebbe una operazione inutile e velleitaria (come è parsa la disperata mossa di Letta e Renzi di riassorbire la protesta del M5S contro la casta cancellando il finanziamento pubblico ai partiti).
Serve un progetto più complesso che non l' invito alla sinistra ad appropriarsi delle maschere altrui per tentare di sfondare con l' ossimoro di un populismo rosso. Occorre una cultura politica nuova che tragga ispirazione da Marx e che quindi politicizzi oggi la contraddizione tra il tempo che la tecnica libe rae le esclusioni che il capitale impone.
DALEMA - OCCHETTO - BERSANI - LA GIOIOSA MACCHINA DA GUERRA
Non c' è nulla di più insopportabile dei lamenti sugli operai che sono stati abbandonati dalla politica. E da quando una classe ha bisogno della supplenza di altri? Spiegava proprio Marx ai soggetti disper si che finché «l' identità dei loro interessi non crea tra di loro una comunità, un' unione politica su scala nazionale e un' organizzazione politica, essi non costituiscono una classe». E se i subalterni, anche quelli della postmodernità, non dispongo nodi una organizzazione politica «non possono rappresentare se stessi; debbono farsi rappresentare».
Davvero i delegati sindacali, i lavoratori precari possono rinunciare a costruire una loro coalizione sociale, con una organizzazione politica autonoma, credendo di essere rappresentati da una microimpresa che maneggia in solitudine la magia occulta della rete? Se dopo un mese di silenzio non si parla di questo, offrendo un senso al milione di votanti che sono pronti ad agire per qualcosa di nuovo, è meglio lasciar perdere tutto.