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    COSA HANNO IN COMUNE CUORE E PSICHE? TUTTO - IL RISCHIO DI DEPRESSIONE SI ‘MISURA’ CON LA FREQUENZA CARDIACA - UNA RICERCA SUGGERISCE QUESTO METODO PER MISURARE IL TONO DELL'UMORE – I PAZIENTI DEPRESSI HANNO UNA FREQUENZA CARDIACA DI CIRCA 10-15 BATTITI AL MINUTO PIÙ ALTA RISPETTO AL GRUPPO DI CONTROLLO LA NUOVA KETAMINA ANTIDEPRESSIVA PUÒ ALLEVIARE LA DEPRESSIONE PIÙ O MENO ISTANTANEAMENTE...


     
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    IRMA D'ARIA per repubblica.it

     

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    IL CUORE come 'biomarcatore' della depressione. Per la prima volta i medici hanno rilevato che la misurazione dei cambiamenti nella frequenza cardiaca nell’arco di 24 ore può indicare in modo affidabile se una persona è depressa o meno. Una scoperta che può fornire ai medici un'indicazione rapida sull’efficacia della terapia seguita.

     

    Il nesso tra depressione e frequenza cardiaca è emerso da uno studio pilota presentato al Congresso europeo di neuropsicofarmacologia in corso in modalità virtuale dal 12 al 15 settembre. Presentando i risultati di questo studio, la ricercatrice Carmen Schiweck della Goethe University ha dichiarato: "In parole povere, il nostro studio pilota suggerisce che misurando semplicemente la frequenza cardiaca per 24 ore, possiamo dire con il 90% accuratezza se una persona è attualmente depressa o no".

     

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    Già da tempo è noto che la frequenza cardiaca è collegata alla depressione, ma fino ad ora non si è capito esattamente come l'una sia correlata all'altra. In parte ciò è dovuto al fatto che mentre la frequenza cardiaca può fluttuare rapidamente, la depressione arriva e scompare per un periodo più lungo e la maggior parte dei trattamenti richiedono mesi per avere effetto. Per questo è difficile capire se i cambiamenti nello stato depressivo sono effettivamente correlati alla frequenza cardiaca.

     

    “Due elementi innovativi in questo studio - spiega Carmen Schiweck, del Dipartimento di psichiatria presso la Goethe University di Francoforte e principale ricercatrice -  sono stati la registrazione continua della frequenza cardiaca per diversi giorni e notti e l'uso della nuova ketamina antidepressiva, che può alleviare la depressione più o meno istantaneamente. Questo ci ha permesso di osservare che la frequenza cardiaca media a riposo può cambiare improvvisamente e riflettere il cambiamento di umore”.

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    L’evoluzione della ketamina

    La ketamina ha una storia sia come anestetico che come ‘drug party’, uno stupefacente molto diffuso nelle discoteche e tra i giovani. A dicembre dello scorso anno, però, è stata autorizzata anche come farmaco per curare la depressione maggiore in Europa, dopo essere stata introdotta negli Stati Uniti pochi mesi prima. Gli antidepressivi tradizionali possono richiedere settimane per mostrare un effetto, al contrario la ketamina agisce rapidamente, con risultati spesso visibili in pochi minuti. 

     

    “In passato i ricercatori avevano dimostrato che i pazienti depressi avevano una frequenza cardiaca costantemente più alta e meno variabile, ma a causa del tempo necessario per curare la depressione era stato difficile seguire e correlare qualsiasi miglioramento alla frequenza cardiaca”, spiega Schiweck. “Ma quando abbiamo visto che la ketamina porta a un rapido miglioramento dell'umore, ci siamo resi conto che potevamo usarla per capire il legame tra depressione e battito cardiaco”.

     

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    La ricerca

    Il team di ricercatori ha lavorato su un piccolo campione di 16 pazienti con disturbo depressivo maggiore, nessuno dei quali aveva risposto al trattamento abituale, e su 16 soggetti sani. Hanno misurato i loro battiti cardiaci per 4 giorni e 3 notti, quindi ai volontari con depressione è stato somministrato un trattamento con ketamina o un placebo.

     

    "Abbiamo scoperto - racconta la ricercatrice - che quelli con depressione avevano sia una frequenza cardiaca di base più alta, sia una sua minor variazione. In media abbiamo visto che i pazienti depressi avevano una frequenza cardiaca che era di circa 10-15 battiti al minuto più alta rispetto al gruppo di controllo. Dopo il trattamento, abbiamo nuovamente misurato le frequenze cardiache e scoperto che sia la frequenza che la fluttuazione del battito cardiaco dei pazienti precedentemente depressi erano cambiate ed erano più vicine a quelle riscontrate negli altri”.

     

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    Frequenza cardiaca come marker della depressione

    La scoperta più sorprendente è stata che gli scienziati sono stati in grado di utilizzare la frequenza cardiaca nelle 24 ore come ‘biomarcatore’ per la depressione. La frequenza cardiaca è stata misurata utilizzando un mini-Ecg indossabile. I dati sono stati inviati a un software di intelligenza artificiale che è stato in grado di classificare correttamente quasi tutti i controlli e i pazienti come depressi o sani. “Normalmente la frequenza cardiaca è più alta durante il giorno e più bassa durante la notte. È interessante notare che il calo della frequenza cardiaca durante la notte sembri compromesso nei soggetti con depressione. Questo sembra essere un modo per identificare i pazienti che sono a rischio di sviluppare depressione o ricadute", spiega Carmen Schiweck. Il team ha anche scoperto che i pazienti con una frequenza cardiaca a riposo più elevata hanno risposto meglio al trattamento con ketamina, il che può aiutare a identificare meglio i pazienti più adatti ai vari trattamenti.

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    Studi più ampi

    Gli stessi autori fanno notare che si tratta di una piccola ricerca appartenente alla categoria dei ‘proof-of-concept’, ovvero uno studio pilota su pochi soggetti : “Sei dei nostri 16 pazienti iniziali - chiarisce Schiweck - hanno risposto al trattamento con una riduzione di almeno il 30% sulla scala Hamilton Rating per la depressione, quindi dobbiamo ripetere il lavoro con un campione più grande. Il nostro prossimo passo è seguire i pazienti depressi e quelli in remissione, per confermare che i cambiamenti che vediamo possono essere usati come sistema di allerta precoce”.

     

    Ribadisce la necessità di ampliare la ricerca anche Brenda Penninx del Dipartimento di Psichiatria presso il Centro medico dell'Università di Amsterdam (e che non ha partecipato a questo studio): “Il mio gruppo aveva precedentemente studiato la variabilità della frequenza cardiaca a breve termine in oltre un migliaio di pazienti depressi e in un gruppo di controllo, ma non abbiamo rilevato una differenziazione coerente e abbiamo scoperto che gli antidepressivi hanno un impatto maggiore dello stato depressivo stesso.

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    Tuttavia, questo studio ha monitorato la variabilità della frequenza cardiaca in ambiente ambulatoriale per diversi giorni e notti, fornendo delle informazioni uniche nelle 24 ore sul sistema nervoso autonomo. Ora bisogna verificare se questi interessanti risultati valgono in contesti di trattamento più ampi e diversificati”.

     

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