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    COSA HANNO IN COMUNE GLI STATI SPIONI CONVOLTI NELLO SCANDALO PEGASUS? SONO TUTTI PAESI CHE HANNO ALLACCIATO O RIALLACCIATO, ANCHE IN SEGRETO, STRETTE RELAZIONI DIPLOMATICHE CON NETANYAHU! UNO DEI MAGGIORI SUCCESSI DELL’EX PREMIER ISRAELIANO, AVER ALLARGATO LA SFERA DI INFLUENZA DELLO STATO EBRAICO, SOPRATTUTTO GRAZIE ALL’EXPLOIT TECNOLOGICO-MILITARE, ORA RISCHIA DI ESSERE UN BOOMERANG…


     
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    Giordano Stabile per "la Stampa"

     

    Dove arrivava Benjamin Netanyahu, arrivava Pegasus. Un filo rosso lega i Paesi che hanno utilizzato lo spyware ideato dall'israeliana Nso e i viaggi all'estero l'ex premier israeliano. Arabia Saudita, Ungheria, Azerbaigian, Ruanda, Messico.

     

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    Tutti Stati che hanno allacciato o riallacciato, anche in segreto, le relazioni con Israele e sono diventati clienti privilegiati dei suoi prodotti militari e di intelligence. In dodici anni filati da primo ministro Netanyahu è riuscito ad allargare molto la sfera di influenza dello Stato ebraico, uno dei suoi maggiori successi. Ma adesso l'exploit tecnologico che ha accompagnato la sua azione diplomatica rischia di ritorcersi contro.

     

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     Le rivelazioni di Forbidden Stories sulle centinaia se non migliaia di politici, giornalisti, attivisti, oppositori spiati e a volte arrestati suscitano preoccupazioni. In Francia sono già state avviate indagini, dopo che i telefoni del presidente Emmanuel Macron sono stati infettati dal malware.

     

    L'Ungheria è di nuovo nel mirino delle ong per i diritti umani e Reporter senza frontiere ha esortato lo Stato ebraico a sospendere l'esportazione di «tecnologia volta alla sorveglianza». Un mercato lucroso, ma con riflessi pesanti sul rispetto dei diritti umani. Il governo israeliano ha respinto le accuse su un legame diretto con i servizi offerti dall'Nso.

    gli obiettivi di pegasus gli obiettivi di pegasus

     

    Di certo però i viaggi di Netanyahu aprivano molte porte. Nell'estate del 2016 l'ex premier parte per uno «storico viaggio» in Africa, con la tappa principale in Ruanda. Nel dicembre dello stesso anno visita il Kazakhstan e l'Azerbaigian. Nel luglio del 2017 è il primo leader israeliano ad arrivare in Ungheria.

     

    A settembre parte per il Messico, altra prima assoluta. Nel gennaio del 2018 è in India. In tutti questi Paesi l'uso di Pegasus per infiltrarsi nei cellulari dei cittadini comincia pochi mesi o al massimo un anno e mezzo dopo, nel caso di Budapest. Israele ha interesse a potenziare le capacità di intelligence dei nuovi alleati. Il Ruanda si offre per accogliere immigrati irregolari dall'Africa che lo Stato ebraico vuole espellere.

     

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    L'Azerbaigian confina con l'Iran, è una base ideale per controllare il principale avversario in Medio Oriente. Viktor Orban si pone come la voce più vicina alle posizioni israeliane nella Ue, anche su Gerusalemme e Territori occupati. L'uso di Pegasus comincia nel febbraio del 2018, subito dopo l'incontro fra Netanyahu e il consigliere per la sicurezza Jozsef Czukor. Coincidenze che hanno insospettito, fra gli altri, anche il Financial Times.

     

    Il quotidiano londinese sottolinea come Pegasus sia diventato «una componente essenziale dell'espansione diplomatica» israeliana. Anche l'export di armi, fin dagli anni Cinquanta, lo è stata, ma la sorveglianza di massa pone maggiori problemi. Il ministero della Difesa, che approva ogni licenza per le esportazioni, ha ribadito che vengono prese «misure appropriate» per evitare abusi. Il co-fondatore di Nso, Shalev Hulio, è tornato a negare che il software sia stato usato per spiare «rappresentanti della società civile non legati a fatti di terrorismo o crimine».

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    Ma la condanna in Marocco del giornalista Omar Radi, controllato da Pegasus, o i telefoni infettati della moglie e della fidanzata dell'editorialista del «Washington Post» Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato saudita di Istanbul, gettano ombre preoccupanti.

     

    Pure questi Paesi rientrano nella «rete diplomatica» di Netanyahu, che nel dicembre del 2020 aveva annunciato il ristabilimento delle relazioni con Rabat, e nel novembre dello stesso anno aveva incontrato in segreto sul Mar Rosso il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Anche perciò Reporter senza frontiere chiede, con il suo numero uno Christophe Deloire, una moratoria sulla vendita di questi prodotti, «fino a quando non sarà istituito un quadro normativo di protezione».

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