Paolo Valentino per corriere.it
putin
Vladimir Putin — secondo quanto annunciato dal Cremlino— sta per firmare un decreto che riconoscerà le due Repubbliche secessioniste russofone di Donetsk e Lungansk in quanto Stati indipendenti.
Finora, quella che viene considerata l’«arma nucleare» di Mosca nella partita ucraina era rimasta sullo sfondo, evocata soltanto dal voto non vincolante della Duma russa del 15 febbraio scorso.
Ora però, nell’ennesima mossa di kuzushi — il movimento che nel judo serve a sbilanciare l’avversario — il leader del Cremlino, che dell’arte marziale giapponese è cintura nera, ha deciso di impiegarla, nonostante l’appello di Olaf Scholz e di Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, il cancelliere tedesco, giunto a pochi minuti dal discorso di Putin alla nazione (che, insieme con il presidente francese Emmanuel Macron, hanno espresso la loro «delusione» dopo aver appreso la notizia).
putin
Ma a cosa servirà e cosa potrà succedere?
Da un lato la decisione di riconoscere Lugansk e Donetsk avrà un impatto pratico quasi nullo in e per sé, risultando nel riconoscimento de jure (almeno per la legge russa) di una realtà di fatto esistente ormai da otto anni.
Ma dall’altro lato, questo equivarrebbe a scrivere la parola fine sul processo di Minsk, la mediazione internazionale portata avanti da Francia e Germania con Russia e Ucraina, mirata proprio a definire lo status dei due territori dentro il sistema politico dell’Ucraina.
Finora, Putin infatti ha trattato Lugansk e Donetsk come parte dello Stato ucraino, nonostante il Cremlino fornisca loro sotto copertura sicurezza militare e sostegno finanziario. Tenendo le sue attività militari in questi territori nella zona grigia della guerra ibrida, Mosca può almeno pubblicamente descrivere quella in corso in Ucraina come una guerra civile e considerare i separatisti russofoni come attori interni.
Varcato il Rubicone del riconoscimento, c’è ora un’altra conseguenza, sicuramente più grave anche se inizialmente solo teorica: il via libero alla presenza di truppe russe nei territori di Lugansk e Donetsk.
Vladimir Putin e il metropolita Hilarion insignito dell’Ordine di Nevskij
Basterebbe infatti una richiesta formale di aiuto da parte loro a Mosca, perché intervenga a proteggere la popolazione russofona e in molti casi russa, visto che tanti abitanti della regione hanno già un passaporto russo.
Certo, il Cremlino avrebbe bisogno di una giustificazione, vista l’esistenza di un cessate il fuoco sia pure continuamente violato sulla linea di contatto. Ma per Putin, specialista delle fake news, non sarebbe un ostacolo insormontabile.
zelensky putin
Sarebbe un’invasione? Mosca si sforzerebbe di dire che non lo è, poiché l’intervento militare sarebbe richiesto e limitato al territorio delle due repubbliche secessioniste e tecnicamente non si tratterebbe di un’azione contro l’Ucraina (almeno dal punto di vista della legge russa).
Inoltre, sul piano dei costi e dei rischi, questa opzione militare limitata avrebbe il vantaggio per il Cremlino di essere condotta in territorio non ostile e con un costo economico infinitamente più basso di un’invasione che abbia Kiev come obiettivo.
Leonid Pasechnik-e-Denis-Pushilin
Ma Putin sa anche che l’Occidente non accetterebbe questa finzione: le sanzioni scatterebbero in modo massiccio, colpendo duramente l’economia della Russia e isolandola nella comunità internazionale.
Riconoscere Lugansk e Donetsk è quindi per il Cremlino un’alternativa allo scenario di invadere e occupare l’intera Ucraina, che in teoria lascia comunque nelle mani di Putin una carta militare.
vladimir putin
In mezzo, a tentare di scongiurarle entrambi, ci sta la diplomazia.
PUTIN E BIDEN