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Furio Zara per www.gazzetta.it
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Può capitare a tutti, certo. Siamo tutti Fantozzi, partiamo per Pinerolo inforcando la bici alla bersagliera, ma il sellino è saltato e il tubo che lo sostiene è una dolorosa sentenza. Biniam Girmay che si è ferito all’occhio festeggiando sul podio con la bottiglia di spumante - maledetto fu il tappo di sughero - e che è stato costretto al ritiro dal Giro d’Italia ci dà la conferma che il destino beffardo è una pantera acquattata nell’ombra: appena ci distraiamo, quella salta fuori e ci dà un’unghiata micidiale.
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Girmay si consoli: non è il solo, ma è solo l’ultimo ad entrare nella ristretta cerchia degli sportivi che si sono infortunati nel modo più strano, più assurdo, più imprevedibile.
SERENA WILLIAMS E RAFA NADAL: FESTA FATALE
A Serena Williams - per dire di come Girmay non abbia inventato nulla - capitò qualcosa di simile dopo la vittoria di Wimbledon nel 2010. Qualche giorno dopo - a Monaco di Baviera - andò in un bar a festeggiare, appoggiò incautamente il piede su una bottiglia di birra che era caduta per terra e se lo lacerò: due operazioni e mesi di stop.
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Jari Litmanen - finlandese dell’Ajax anni 90 - era seduto al tavolino di un bar quando un amico aprì una Coca Cola, gli partì di mano e colpì l’occhio del calciatore. Rafa Nadal invece era invece seduto a tavola, a Cincinnati. Il cameriere gli servì il piatto e Rafa allungò la mano. Avete indovinato: il piatto scottava come lava incandescente, Rafa lo mollò, ma si bruciacchiò le dita. Gli andò bene: era la mano destra. Nadal è mancino.
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Il problema è che gli sportivi pensano di magiare tutto. Cucina fatale: l’inglese Darren Bent si lesionò il tendine della mano affettando le cipolle per un soffritto. Il brasiliano che giocò nel San Paolo Anni 70 Muricy Ramalho - non è una barzelletta - pensò bene di ingurgitare per una settimana una supposta al giorno. Si fa un po’ di fatica a masticare, ma poi vanno giù che è un piacere: il buon Muricy fu costretto a saltare un paio di partite.
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IL TUFFO DI FREY, LA FERITA DI ASPRILLA
Sempre per rimanere nell’ambito delle scene-cult della commedia all’italiana. Piscina vuota, tuffatore che prende la rincorsa. Dove l’abbiamo già vista? Capitò al portiere Sebastian Frey - specialista in tuffi, non è una battuta - nella villa di famiglia a Nizza. Trampolino, due passi, saltello. Splash. Un uovo alla coque, se avete presente. Ahia.
Quella mattina il padre aveva ripulito la piscina e tolto gran parte dell’acqua. Ne era rimasta poca, di sicuro ad altezza bambino. Però si era dimenticato di dirlo al figlio. E dimmelo, no. Frey all’epoca stava all’Inter, era una giovane promessa. Quel tuffo gli costò le ultime tre giornate di campionato.
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Una la saltò perché al collo aveva il collarino. Le altre due per punizione. E andò al Parma. Eh, Parma. Lì alle stramberie di Tino Asprilla c’erano abituati da un pezzo. Una volta tornò dalla Colombia infortunato. Prima versione: si è tagliato un piede passeggiando brillo al bordo di una piscina e pestando un vetro. Seconda versione: stava giocando con una pistola e gli è partito un colpo, che gli ha colpito di striscio le dita dei piedi. Se pensate ad Asprilla, sono verosimili entrambe.
COME PUÒ UNO SCOGLIO: 8 PUNTI DI SUTURA A HIGUAIN
Gonzalo Higuain - gita a Capri - si tuffò dal motoscafo e beccò in pieno uno scoglio. Otto punti di sutura. Martin Castrogiovanni, monumento del rugby, era a casa di un amico e si vide assalire da un cane. E no, Castrogiovanni non ebbe la meglio. Simpatico morso sul naso, quattordici punti di sutura. Non è che l’infortunio deve essere sempre clamoroso, da cartone animato.
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Di Alessandro Nesta dissero che si era infortunato al tendine della mano giocando alla Playstation. Lui poi ha negato, adducendo l’infortunio ad una partita di Champions League; ma ammettendo di essere un giocatore compulsivo.
Però il suo amico e compagno di stanza in Nazionale, Andrea Pirlo, di recente l’ha smentito di brutto. Con affetto, ma l’ha smentito. “Eravamo con la Nazionale, avevamo giocato alla Play. Siamo andati giù a cena, Ale ha preso il piatto e gli è caduto. In pratica gli è crollato il tendine del polso”. Infortunio simile - tendine infiammato - anche per il "rookie" NBA, Neil Simmons.
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LE PARATE DEL PUMA EMERSON, LE RACCHETTATE DI YOUZHNY
Poi è chiaro che - se torniamo a Fantozzi - quando cominci a darti delle racchettate in testa - come fece il tennista Mikhail Youzhny - finisce che ti fai male. Capitò a Miami nel 2008, il moscovita cominciò a sanguinare copiosamente: scena splatter, ma volle comunque continuare. Sorpresa: vinse l’incontro.
Farsi del male da soli: come il giocatore di baseball americano Bobby Cruickshank che in una finale degli Anni 30 dopo un punto lanciò per aria la mazza per la felicità, ma si dimenticò di spostarsi quando quella cadde. Si chiama forza di gravità: testa sanguinante per Cruickshank.
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Certo che quando ci si infortuna in maniera così banale e così sciocca e poi si perde un Mondiale, si può sfogliare il Catalogo delle Maledizioni e recitarlo a memoria, come una litania. Prendete Emerson, il Puma della Roma. Durante un allenamento con la Selecao si mise in porta. “Dai, vediamo se siete capaci di farmi gol”. Tiro di Ronaldinho. Questa la paro. Emerson si tuffò, lussazione della spalla, addio Mondiali in Corea-Giappone 2002.
Saltò la Coppa del Mondo, quella del 1970, anche Pietro Anastasi perché - versione girata ai giornalisti - un massaggiatore lo colpì con un asciugamano bagnato proprio lì: El Pube di Cristallo.
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SEMAFORO ROSSO E FALANGE AMPUTATA
Con il ricevitore della MLB Brent Mayne siamo ai confini della realtà. Stava attraversando la strada e come ogni buon boy-scout guardò a destra e a sinistra, poi ancora a destra e poi ancora a sinistra. Daje e ridaje.
Dovette averci preso gusto, perché si infortunò alla schiena con il classico colpo della strega. Lo stesso colpo della strega che colpì Dida: era in panchina col Milan, si era alzato per raccogliere un pallone e - curiosamente - un altro portiere, l’inglese David James. Era a casa, stravaccato sul divano. Si allungò per prendere il telecomando sul tavolino: fuori due settimane.
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Ancora baseball: un collega di Mayne degli anni 30 - Clarence Blethen - era solito togliersi la dentiera prima di giocare. Se la ficcava nella tasca dei pantaloni. Un giorno durante una partita scivolò all’indietro e - zag! - la dentiera si apre e gli morse il sedere.
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Marco Asensio, talento del Real Madrid, si è sempre piaciuto troppo. In campo, ma pure a casa. Qualche anno fa saltò una partita di Champions per le conseguenze di una depilazione errata. Aveva esagerato e si era beccato un’infezione. Il suo collega Philippe Mexes si beccò un’infezione agli occhi per le troppe lampade solari.
È andata peggio a Paulo Diogo, in forza al Servette vent’anni fa. Dopo un gol lo sciagurato si arrampicò su per la rete di recinzione che divideva il campo dalla tribuna dei tifosi. La fede che portava al dito si impigliò sul fil di ferro, Diogo tirò con forza e - Nooooo! - perse due falangi dell’anulare. Provarono a riattaccarlo, ma niente. Beffa delle beffe: si beccò anche un cartellino giallo.
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