1 - BANCHE
Articolo del “Foglio”, pubblicato da "Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell'Arti"
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L'Europa ha una sorta di Lehman Brothers nel proprio cuore finanziario pur se la Svizzera non fa parte né della zona euro né della Ue.
Il Credit Suisse, la più antica (1856) e seconda per capitalizzazione delle banche svizzere, quotata a Zurigo e New York, era appena uscita dal doppio trauma delle dimissioni, a gennaio, del presidente António Horta-Osório, colpevole non tanto di aver violato ripetutamente le norme anti Covid ma di aver avallato un bilancio 2021 con perdite di 1,57 miliardi di franchi (1,49 miliardi di euro) rispetto ai 6,9 di utili della rivale Ubs: ed ecco la scoperta di file e quintali di carte su 30 mila conti e 18 mila clienti tra i quali oligarchi, criminali di guerra, narcotrafficanti e politici di paesi satelliti della Russia e del medio oriente.
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Nonché il Vaticano e circa 700 italiani. Al punto che il Partito popolare europeo, il più numeroso al Parlamento di Strasburgo, ha chiesto alla Commissione Ue di "inserire la Svizzera nella lista dei paesi ad alto riciclaggio di denaro", ben più grave della black list dei paradisi fiscali dalla quale era uscita nel 2019.
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La richiesta è più di forma che di sostanza ma è evidente che un rischio c'è, e prima che diventi sistemico deve essere estirpato dalle autorità regolatorie e governative. C'è una stretta relazione tra bilanci in perdita e clienti discutibili, anche più grave delle operazioni spericolate sui mutui che condussero al crac Lehman e al contagio della finanza mondiale.
Le perdite sono dovute in gran parte a crediti concessi in Africa e Asia, collegati a scommesse politiche sbagliate. Negli ultimi 5 anni il Cs ha più che dimezzato la capitalizzazione e Horta-Osório, prima di andarsene, aveva sponsorizzato la fusione con altri istituti tra i quali Unicredit. Nessuno ha abboccato. Ma le banche europee, uscite mediamente rafforzate dalla pandemia per la crescita del risparmio gestito e l'occhiuta sorveglianza della Bce, ora rischiano di raccogliere i cocci del Credit Suisse. A meno di un acquisto a prezzo di saldo da parte di un colosso dotato di un un adeguato servizio di pulizie.
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2 - CREDIT SUISSE LA CACCIA AGLI EVASORI ITALIANI TRUFFA SU UN MILIARDO DI CREDITI SANITARI I MAGISTRATI INDAGANO SUI "MAFIA BOND"
Lorenzo Bagnoli e Gianluca Paolucci per "La Stampa"
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Evasione ipotizzata: 14 miliardi di euro. Gettito recuperato: 110 milioni di euro, attraverso due patteggiamenti: con la procura di Milano (8,5 milioni, tra confisca e sanzione) e con l'Agenzia delle Entrate (101 milioni). Soldi che rientreranno dalle migliaia di verifiche fiscali scattate: molto pochi o forse zero.
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È dura la lotta all'evasione fiscale e al riciclaggio lungo i confini Italia-Svizzera. Correva l'anno 2017 e Credit Suisse si trovava al centro di un'indagine della procura di Milano. L'ipotesi era che la banca avesse costruito un sistema di contabilità speciale attraverso cui permettere ai propri clienti di nascondere patrimoni all'estero.
Prima dell'inchiesta Suisse Secrets, dove Credit Suisse è accusata di aver concesso conti correnti a criminali, il secondo istituto bancario svizzero nella sua storia recente ha anche patteggiato per non aver impedito evasione fiscale e riciclaggio. L'indagine milanese ha portato alle perquisizioni degli uffici meneghini di Credit Suisse, locati in via Santa Margherita 3, dove sono stati ritrovati i nomi di circa 13 mila clienti.
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La Guardia di finanza sta ancora cercando di individuarne diversi: la collaborazione della Svizzera, fino ad oggi, è stata parziale. Secondo il patteggiamento, inoltre, negli uffici della banca sono stati trovati i nomi di 4 mila clienti che avrebbero sottoscritto polizze assicurative alle Bermuda. Polizze-mantello, le chiamano i finanzieri.
Sotto la veste di strumenti assicurativi, si celavano strumenti finanziari attraverso cui drenare soldi all'estero. Gli investimenti devono essere dichiarati nel quadro RW delle dichiarazioni dei redditi, le polizze assicurative no. Alle Bermuda un sottoscrittore di questo prodotto, Bidzina Ivanishvili - ex primo ministro della Georgia ritiratosi dalla politica, oggi ricco imprenditore di base in Francia - ha perso 400 milioni di dollari a causa di trading «fraudolenti e imprudenti».
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Nessuno di Credit Suisse gli avrebbe dato spiegazioni dell'ingente perdita, così è andato per vie legali. Il processo è ancora in corso a Hamilton. In Svizzera nel 2018 è stato arrestato il suo consulente, Patrice Lescaudron, che lavorava con oligarchi e uomini d'affari dell'Est Europa. Era accusato di essersi appropriato indebitamente di parte dei soldi dei suoi clienti.
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Nell'agosto 2020 Lescaurdon si è tolto la vita in carcere, scrive il Financial Times, che cita un report dell'autorità di vigilanza svizzera Finma secondo cui da parte della banca «ci sono stati anche tentativi di sorvolare sulle violazioni» del consulente. Negli uffici di Milano, oltre alle polizze-mantello, la Guardia di finanza ha trovato anche conti correnti cifrati e la proposta di un servizio di spallonaggio per far rientrare i soldi in Italia.
C'erano anche slide che suggerivano comportamenti per non dare nell'occhio ai consulenti di Credit Suisse. Questi elementi di prova avevano valore nel procedimento penale contro la banca conclusosi con il patteggiamento ma non ai fini delle verifiche fiscali.
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Non importa che, come scrive la Gip Chiara Valori, Credit Suisse non avesse adottato ed efficacemente attuato «modelli di organizzazione e gestione idonei a evitare la commissione di reati di riciclaggio di provenienza delittuosa realizzati nell'interesse non esclusivo degli autori degli stessi reati»: le verifiche fiscali si fanno caso per caso.
Maurizio Reggi è un dottore commercialista tributarista che si è trovato a difendere almeno una ventina di clienti di Credit Suisse con polizze-mantello. In primo e secondo grado di giudizio ha sempre ottenuto l'annullamento della verifica fiscale. Le polizze infatti sono state sottoscritte troppi anni fa (molte tra il 2005, 2006 e 2007) perché la verifica fosse ancora utile.
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In alcune tra le sentenze più recenti delle Commissioni tributarie, inoltre, si legge spesso che l'Agenzia delle entrate non è stata in grado nemmeno di produrre la polizza contestata. Perché queste difficoltà nell'identificare i clienti? Un motivo possibile, secondo un investigatore, è la poca collaborazione dell'istituto e delle autorità svizzere: le polizze assicurative infatti sono state sottoscritte in Svizzera. Sia le autorità fiscali elvetiche sia l'istituto di credito, rispondendo in blocco alle domande del consorzio Suisse Secrets, hanno dichiarato di essersi sempre adeguate agli standard di cooperazione internazionale.