Mauro Evangelisti per “il Messaggero”
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Trentasei positivi sullo stesso aereo. In media, un passeggero su 8, un dato altissimo. Alcuni, almeno una decina, avevano anche la febbre, segnale che quando sono saliti sull'aereo, a Dacca, capitale del Bangladesh, probabilmente avevano già i sintomi, ma nessuno li ha fermati, forse anche a causa dei falsi certificati di negatività rilasciati da alcune cliniche locali. L'operazione dei tamponi all'arrivo è senza precedenti nel nostro Paese. Decisa dalla Regione Lazio, per il volo speciale della Biman che lunedì ha riportato in Italia 258 adulti (tutti con residenza o permesso di lavoro nel nostro Paese), 15 minori e 3 neonati, è durata cinque ore; è stata complessa, con un dispendio di energie e risorse.
Ma se la procedura fosse stata quella usuale, dunque affidandosi al semplice isolamento domiciliare fiduciario, che spesso non viene rispettato, ora avremmo in giro per Roma (ma anche nel resto d'Italia) 36 nuove persone positive che avrebbero trasmesso il virus, rialimentando l'epidemia. Non solo: presa per buona la statistica di questo volo, chi si occupa di indagini epidemiologiche alla Regione Lazio calcola che nelle ultime settimane siano entrati circa 600 positivi in arrivo da Bangladesh e da altri Paesi ad alta circolazione del virus. Fantasmi.
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LO STOP
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha sospeso per una settimana tutti i voli speciali dal Bangladesh, decisione che alla Regione Lazio (con il fronte aperto dell'aeroporto internazionale) hanno giudicato necessaria, ma insufficiente, perché copre un arco temporale troppo breve. Va anche detto che Speranza, tra i ministri della Salute dei Paesi dell'Unione europea, è quello che ha scelto la linea più prudente, visto che ha mantenuto la quarantena anche per la lista di 15 nazioni extra Ue a cui sono state aperte le porte.
«Dopo tutti i sacrifici fatti - ha spiegato - non possiamo permetterci di importare contagi dall'estero». Ma dove andranno i 276 passeggeri del volo Biman atterrato lunedì? I 36 positivi sono stati ricoverati al Covid Hospital di Casal Palocco (quartiere alla periferia di Roma); tutti gli altri resteranno in isolamento per 14 giorni in hotel affittati dalla Regione (si è preferito un lungo periodo di quarantena, perché anche se il tampone è negativo, la positività potrebbe svilupparsi nelle prossime ore).
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Solo a quattro è stato concesso di isolarsi nella proprio casa, dopo i controlli della Asl, perché avevano le condizioni logistiche per farlo e non rischiavano di contagiare dei conviventi. La maggioranza dei passeggeri ha come destinazione finale Roma e il Lazio, ma una parte è invece diretta in Romagna, in riviera, per lavorare nei ristoranti e negli hotel, settore nel quale questa comunità è molto apprezzata anche nella Capitale. Folto poi anche il gruppo dei commercianti.
ESAMI
Roma sta tentando anche di individuare coloro che, sempre all'interno della comunità del Bangladesh, possono essere stati contagiati in precedenza. Non solo chi è tornato da Dacca, ma anche chi ha avuto contatti con i positivi. I numeri: ad oggi i casi di rientro bangladesi sono 77, potrebbero avere frequentato connazionali; magari abitano in case insieme ad altri immigrati. Uno dei più recenti focolai, quello del ristorante di Fiumicino, è esploso proprio per un dipendente tornato dal Bangladesh.
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Per questo, d'intesa con l'associazione degli immigrati bangladesi e con i leader religiosi delle comunità, è partita una campagna di tamponi nei drive in dell'Asl Roma 2. Lentamente si stanno presentando i primi cittadini del Paese asiatico, nella speranza che il numero salga rapidamente. Va anche detto che i casi d'importazione, a Roma e nel resto del Lazio, hanno interessato, nelle ultime settimane, anche arrivi dall'India (ieri una signora), dal Brasile, dal Messico, dal Perù e dagli Usa.
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