Luca Telese per ''La Verità''
L'Italia vola a 5.724 contagi (non malati) al giorno, e gli unici dati certi, dunque, sono un numero e un mistero. Il numero che continua a salire sempre di più è quello dei tamponi: ieri 133.000. Il mistero è il famoso piano di Andrea Crisanti: commissionato dal ministro della Salute il 28 agosto, elaborato in pochi giorni, presentato e poi scomparso. Il progetto in realtà era semplice: moltiplicare per dieci il cosiddetto «modello Veneto». Utilizzando un particolare macchinario già adottato dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, con la possibilità di enormi risparmi di costo e di prestazioni.
crisanti
Quando chiamo Crisanti per chiedergli la soluzione del giallo avverto in lui un certo disagio, perché non ha intenzione di sollevare polemiche: «Lei non dovrebbe fare questa domanda a me, ma a chi ha ricevuto quel progetto». Pur rimanendo su un registro formalmente impeccabile dice frasi attente, ma cariche di significato e di potenziale polemico: «Io posso fare due cose. Spiegarle quanto costava quel progetto, quanto faceva risparmiare, e spiegarle quanto stiamo spendendo ora».
Il professore romano trapiantato in Veneto spiega: «Questa estate ho fatto quattro calcoli su di un foglio e ho ipotizzato una cifra: contando la velocità del contagio e soprattutto valutando l'enorme impatto di mobilità prodotto dalla scuola ho messo in fila le cifre, e mi sono ritrovato davanti un numero enorme: 400.000». Di che? «Il fabbisogno di tamponi per combattere la campagna d'inverno senza essere sopraffatti dal contagio».
coronavirus tampone bambina
Crisanti teorizza da tempo che la via maestra per contenere l'epidemia sia una sola: tamponi e tracciamenti. Ma la logica vuole che se non hai i primi non si possano fare i secondi. E qui c'è il primo problema. Il professore lancia il suo allarme in tv ad agosto, poi in un'intervista di prima pagina sul Fatto. Non lo prendono sul serio: in quelle settimane si fanno cinquantamila tamponi al giorno quando è tanto, il super commissario e il Comitato tecnico scientifico, che assistono il ministero della salute giurano e spergiurano che il fabbisogno è abbondantemente coperto. L'allarme di Crisanti, fra l'altro, cade mentre è in corso una guerra santa tra scienziati sulla decisione di sdoganare o meno i «test rapidi», su cui (come ormai è noto) il Cts ha forti resistenze.
Così la richiesta al professore di elaborare il piano viene vista come una mossa mediatica, non necessaria, prodotta più dalla necessità di una operazione-immagine virtuale, che da una vera necessità. «Possiamo arrivare tranquillamente fino a 100.000 test al giorno, se serve», assicurano gli esperti. Come avvenga questo dibattito è difficile capire, perché è uno dei temi non pubblici. Per capire cosa accada nelle riservate stanze del Cts bisogna affidarsi a fonti riservate o anonime, e restò famosa una risposta al sottosegretario Pierpaolo Sileri che durante il lockdown, dopo aver chiesto per primo di accedere ai verbali delle riunioni, si sentì rispondere: «Sono secretati».
Però se c'è una cosa in cui Crisanti è efficace sono i calcoli: «Le faccio i conti della serva: 100.000 tamponi al giorno, a 30 euro l'uno fanno tre milioni di euro. Ma siccome stiamo andando rapidamente verso i 150.000, lei deve immaginare che stiamo già arrivando ad una dimensione di spesa di 4 milioni al giorno, tutti a carico del sistema sanitario. Le pare poco?».
No, affatto. Ed ecco cosa immaginava Crisanti: moltiplicare per dieci il «modello Veneto» avrebbe avuto «un costo di impianto relativamente alto, e un costo di gestione irrisorio». Ecco perché: Crisanti calcolando tutti gli annessi e i connessi ha costruito un modello per cui ogni macchina, e il personale che serve per farlo funzionare, cuba in totale 1,5 milioni di euro.
tamponi drive in
Da quel momento in poi, però, ogni tampone costa solo 2,5 euro di reagenti, con l'incredibile vantaggio che possono essere prodotti in casa. Ed ecco il bello: «Ognuna di queste macchine - aggiunge Crisanti - diventa un laboratorio capace di sostenere tra 10.000 e 15.000 test al giorno». Questo significa che in meno di una settimana la macchina azzera tutto l'investimento, più il costo dei reagenti, e dal quel momento in poi produce referti a 2,5 euro l'uno, eliminando ogni problema di scarsità. Provo allora a chiedere a due membri del Cts cosa non andasse in questo piano. Il primo dei due quasi trasecola: «Quale piano? Crisanti ha presentato forse due paginette: ne abbiamo parlato in una delle seicento riunioni».
E l'altro: «Ma secondo lei siamo in un film, che una macchina da 100.000 tamponi al giorno si cambia e si si sostituisce così, in corsa?». Cosa non andava in quel progetto, chiedo: «Mah, non lo so», mi risponde la fonte, «ci sono tanti piani, tante idee, questa era una di quelle. Prima di fare un investimento così bisognava capire se funzionava, non pensa?». Resto stupito, perché il Veneto, con quel metodo, ha prodotto il maggior numero di tamponi per abitanti di tutta la crisi.
Quale test in più serviva? Torno al professore, lo tormento, e alla fine lui allarga le braccia, amarissimo: «Cosa vuole che le dica? I miei numeri sono a disposizione di tutti. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. L'unica cosa certa è che quando un sistema industriale produce una spesa da tre/quattro milioni di euro al giorno, per qualcuno diventa, come per tanti aspetti di questa crisi, anche un affare, e per giunta molto ghiotto. Se è evidente il mio progetto faceva risparmiare, è altrettanto evidente che forse qualcuno questo risparmio non lo vuole fare. Che dire?», conclude Crisanti, «mi dispiace. Ma non per me. Ma per chi in queste ore resta senza tampone».