• Dagospia

    MANGIA, GODI E NON SPRECARE CON CRISTIANA LAURO - DENTRO E FUORI L'EMERGENZA CORONAVIRUS, CONTINUA LA BATTAGLIA CONTRO GLI SPRECHI ALIMENTARI. MENTRE CI SONO RESSE AI SUPERMERCATI E SIAMO CHIUSI IN CASA, IL VALORE DEL CIBO SI Può IMPARARE ANCHE DAGLI CHEF STELLATI COME BOTTURA (E IL SUO FOOD FOR SOULS), O DIEGO ROSSI DI ''TRIPPA'': RECUPERO DEGLI AVANZI, FOOD BAG, UTILIZZO DI MATERIE PRIME CONSIDERATE POVERE

     


     
    Guarda la fotogallery

    cristiana lauro cristiana lauro

    Cristiana Lauro per Dagospia

     

    Visto che siamo chiusi in casa per fare fronte all’emergenza di un’epidemia - ed è bene evitare di commettere imprudenze - fra le reazioni più adeguate c’è quella di non starsene lì a frignare con la faccia rammaricata da accuse tardive. Meglio sarebbe affrontare, nell’ordine: senso pratico e previsione degli scenari futuri, possibilmente trovando anche il modo di godersi un momento di pausa, benché a ‘ste condizioni, ce lo saremmo risparmiato volentieri tutti quanti. Ma siccome così è - anche se non vi pare - questi sono i fatti, e la genetica spiega meglio di me come l’evoluzione delle specie sia la diretta conseguenza delle capacità di adattamento all’ambiente. Si chiama intelligenza, tutto qua.

     

    A proposito di senso pratico, ci sono i conti che devono tornare e uno degli aspetti che vanno tenuti d’occhio è quello della lotta agli sprechi alimentari, al di là dell’attuale contingenza che prendo solo come spunto per una riflessione che parte da più lontano.

    Alcuni noti chef italiani si occupano da tempo del problema degli sprechi, uno su tutti Massimo Bottura di Osteria Francescana a Modena, fondatore di Food for Souls e testimonial universale di un pensiero condiviso da molti suoi colleghi. Carlo Petrini con Terra Madre è stato un po’ un apripista in Italia, toccando questi temi già diversi anni fa in piena frivolezza alimentare.

    massimo bottura il suono della lasagna di yuri ancarani 4 massimo bottura il suono della lasagna di yuri ancarani 4

     

    Diego Rossi del noto ristorante Trippa a Milano, deve buona parte del successo alla sua capacità di esercitare l’indiscusso talento attraverso una spinta etica, fondamentale, che predilige materie considerate meno nobili di altre (se non addirittura di scarto) per fare una cucina buona, concreta e appagante sia dal punto di vista gustativo che nutrizionale.

     

    La cucina di Diego Rossi si spinge fino all’utilizzo di parti dell’animale non proprio ortodosse come il membro di toro, giusto per sorridere. Ma è uno dei più alti esempi, in Italia e nel mondo, di cucina d’autore basata su ottime materie prime che molti suoi colleghi avrebbero scartato, conformandosi a richieste di mercato che oggi non hanno più senso. Non dico che dobbiamo diventare tutti quanti vegetariani all’improvviso, ma compiremmo un grande passo in avanti se la smettessimo di uccidere animali per nutrirci delle sue parti nobili.

     

    diego rossi diego rossi

    Ma esiste anche il punto di vista del cliente sulla lotta agli sprechi alimentari.

    Richiedere all’uscita del ristorante il doggy bag in Italia è considerato dal 25% della popolazione un gesto maleducato e da straccioni, ma è assolutamente legale ed è un diritto stabilito da una sentenza della Corte di Cassazione nel 2014. Consiste nell’asporto del cibo ordinato e non consumato da mangiare successivamente a casa o, comunque, fuori del ristorante. Insomma se non hai finito il piatto, il ristoratore ti incarta gli avanzi e te li mangi dove e quando ti pare.

     

    Il Festival del Giornalismo Alimentare si è fatto promotore di una petizione a favore della food bag, che ha l’obiettivo di arrivare a una proposta di legge del Parlamento per introdurre l’obbligo di consegnare al cliente in uscita un contenitore conforme alle norme igienico-sanitarie, adatto al trasporto degli avanzi della tavola, con allegato un vademecum per imparare la corretta conservazione dei cibi.

     

    https://www.festivalgiornalismoalimentare.it/petizione

     

    CARLO PETRINI CARLO PETRINI

    Credo che rendere l’uso della food bag un gesto obbligatorio da parte del personale di servizio di sala non sia la strada migliore in quanto produrrebbe disagio nei clienti che preferiscono all’uscita liberarsi dell’impaccio, oltre al conseguente sperpero del cibo e del contenitore. Casomai sarebbe più utile sensibilizzare tutti quanti alle corrette norme anti spreco, cosa che si può fare solo dando valore al cibo. Devono farlo gli chef (e come abbiamo visto, alcuni lo stanno facendo) ma dobbiamo farlo anche noi.

     

    Per dare un valore al cibo possiamo partire dalle nostre case e in questo momento dovrebbe riuscirci più naturale. La cucina regionale italiana è la migliore del mondo - non lo dico solo io, ma anche tutti gli altri che partono da casa loro per venire a provarla - e nasce dalla nostra produzione di ottime materie prime (formaggi, salumi, ortaggi, frutta, olio, grano), unita alla capacità, unica, di arrangiarci anche con tre ingredienti nel frigo. Ridando vita a un piatto di spaghetti con una bella frittata o a un risotto alla milanese avanzato la sera prima che diventa più buono al salto, tanto per fare qualche esempio.

     

    DECALOGO CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE DECALOGO CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

    Massimo Bottura qualche tempo fa si è messo a fare una pasta al forno con gli avanzi della cottura dei tortellini. Avete presente tutti quei pezzettini di sfoglia artigianale che si perdono in pentola durante la cottura e finiscono nella raccolta differenziata dell’umido? Bene, lo chef del ristorante numero uno al mondo decise di farne una lasagna che pubblicò su Instagram allo scopo di sensibilizzare sempre più persone al tema della lotta agli sprechi alimentari. Quella teglia di lasagne era assolutamente convocante, da leccarsi i baffi. Eppure non mancarono gli stolti, coi loro interventi idioti. Quei commenti da social usato male e per fare del male.

     

     I mezzi non sono concepiti per fare danni, è chi li utilizza che non si rende conto degli effetti collaterali derivati dall’uso del metodo un po’ sciocchino.

    Di solito al ristorante ordino la bottiglia che mi va di bere. Quello che resta di quella bottiglia me lo porto via e lo finisco nei giorni seguenti, oppure lo faccio provare ad amici che, come me, non si vergognano a compiere lo stesso gesto. Serve a bere bene senza bere troppo, a combattere gli sprechi alimentari e a rendere grazie a uno dei prodotti bandiera dell’Italia.

     

     

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport