DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell'articolo di Giacomo Fasola per www.corriere.it
Negli anni Ottanta, in Inghilterra, girava questa frase: «Chiunque possieda dei gioielli d’oro acquistati dopo il 1983, possiede un po’ dell’oro di Brink’s Mat». Ma cos’è Brink’s Mat? Per capirlo bisogna ricostruire la storia di quella che fu definita, e all’epoca numeri alla mano lo era davvero, la «rapina del secolo». Se nel frattempo altre le hanno rubato il primato, fuori dal Regno Unito, Brink’s Mat rimane senza dubbio la rapina «casuale» più ricca della storia.
Una vicenda che a 40 anni esatti di distanza da quel 26 novembre 1983 rimane per molti versi ancora oscura. Che ha lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue (si parlò, in proposito, della «maledizione di Brink’s Mat»). E che è tornata d’attualità nel 2015, quando i Panama Papers svelarono dov’era finita una parte dei 6.840 lingotti d’oro sottratti da un deposito nei pressi dell’aeroporto di Heathrow. Lingotti che in quel deposito non dovevano nemmeno esserci, e che se non fosse stato per i rapinatori sarebbero partiti il giorno successivo per Amsterdam.
CAPITOLO 1: La rapina
Alle 6.20 del 26 novembre 1983, un sabato, sei rapinatori armati e con il volto coperto entrano nel deposito 7 dell’Heathrow International Trading Estate, a poca distanza dall’aeroporto londinese. Sanno che nel caveau del deposito di massima sicurezza sono custodite pesetas spagnole per un valore di un milione di sterline. Quello che non sanno, e che scopriranno a breve, è che fuori dal caveau sono stati temporaneamente depositati 6.840 lingotti di oro puro.
Il giorno prima Brink’s Mat, una società che gestisce il trasporto di merci di valore, dalle pietre preziose all’antiquariato, ha scaricato nel deposito tre tonnellate d’oro di proprietà della Johnson Mattey Bankers Limited. Appena atterrati a Heathrow, i lingotti sono pronti per essere trasportati ad Amsterdam, ma siccome all’interno del caveau non c’è spazio a sufficienza vengono «parcheggiati» fuori.
I rapinatori prendono tutto quello che trovano. Oltre all’oro caricano sul Ford Transit blu posteggiato fuori dal deposito 20 chili di platino, diamanti, banconote e 250.000 dollari in traveller’s cheque. Valore totale della refurtiva: 26 milioni di sterline (circa 60 miliardi di lire dell’epoca , pari a 115 milioni di euro di oggi). È la rapina più ricca della storia: la «rapina del secolo», come viene subito ribattezzata dai giornali.
CAPITOLO 2: Le indagini
La polizia sembra partire col piede giusto. Del resto – pensano gli investigatori – i ladri non sapevano che dentro il deposito c’era tutto quell’oro; e quindi non si sono organizzati né per nascondere i lingotti in un posto sicuro, né per reimmetterli sul mercato e trasformarli in denaro (un’operazione, come vedremo, niente affatto semplice).
Il 7 dicembre, a dieci giorni dalla rapina, Brian Robinson viene arrestato nel suo appartamento di Rotherhite, Sud-Est di Londra. Il «Colonnello» Robinson, già noto alle forze dell’ordine per aver partecipato a numerose rapine, è il cognato di Anthony Black, che lavora come guardia giurata proprio nel deposito 7 dell’Heathrow International Trading Estate. Alla polizia è bastato fare due più due.
Lo stesso giorno a Herne Hill, distante meno di dieci chilometri da Rotherhite, viene arrestato anche Mickey McAvoy. Il problema, però, è che degli altri quattro rapinatori non c’è traccia. E soprattutto non c’è traccia dell’oro , già finito nelle mani dei ricettatori che si occuperanno di riciclarlo. [...]
CAPITOLO 3: Come trasformare i lingotti in soldi
Reimmettere sul mercato tre tonnellate di oro purissimo non è un’impresa banale. Per prima cosa occorre cancellare dai lingotti i numeri seriali che permettono di identificarli. Poi, bisogna comprare altri lingotti e ottenere una ricevuta, in modo da poter spostare un po’ alla volta l’oro rubato. A questo punto mancano due figure: un mercante d’oro che camuffi i lingotti fondendoli con piccole quantità di rame o altri metalli meno preziosi; e un importatore che certifichi con dei documenti falsi la provenienza dell’oro.
I rapinatori affidano l’incarico del riciclaggio a Kenneth Noye. Trentasette anni, qualche piccolo precedente, Noye è l’uomo giusto per almeno due ragioni. È Gran Maestro della loggia massonica di Hammersmith, il che gli consente di avere protezioni anche dentro la polizia. E poi abita in una grande casa del Kent, circondata da terreni dove durante la guerra furono scavati dei tunnel: il luogo ideale dove nascondere 6.840 lingotti d’oro.
Noye si rivolge a sua volta a John Palmer, che con la sua Scadlynn fornisce oro e gioielli a importanti ditte di preziosi. Nemmeno lui ha la fedina penale immacolata: nel 1980 è stato condannato con la condizionale per truffa. [...]
CAPITOLO 4: Il crac e le condanne
La storia di Brink’s Mat è come una matrioska all’incontrario: strato dopo strato, la faccenda si fa sempre più grossa. La prima conseguenza della rapina è il crac della Johnson Matthey Bankers Limited, proprietaria dell’oro rubato, che nel 1984 costringe la Banca d’Inghilterra a una complessa operazione di salvataggio. La stessa Johnson Matthey, che commerciava oro e argento, nei mesi successivi ricompra senza saperlo una buona parte dei lingotti rubati e poi fusi: oltre al danno, la beffa.
Nel frattempo arrivano anche le prime sentenze. Brian Robinson, considerato il capo della gang di South London che ha pianificato e realizzato il colpo, viene condannato a 25 anni di carcere. Stessa sorte per l’ex soldato Mickey «Mad» McAvoy, l’unico membro della banda arrestato oltre a Robinson.
Bisognerà attendere altri due anni per Kenneth Noye, il «grande tessitore» che ha gestito la trasformazione dei lingotti rubati in soldi. Dopo una prima assoluzione, Noye viene condannato a 14 anni per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di merce rubata. Celebre la frase che l’imputato rivolse alla giuria dopo la condanna: «Spero che muoriate tutti di cancro».
Sempre nel 1986 John Palmer, soprannominato «Goldfinger» come il celebre antagonista di James Bond, viene deportato dal Brasile e processato: ammette di aver fuso l’oro, ma nega di aver saputo che provenisse da una rapina e viene assolto. Due anni dopo arrivano le condanne di altre nove persone. Tra loro c’è l’avvocato Michael Relton, accusato di aver nascosto 7,5 milioni di sterline nelle banche di Svizzera e Liechtenstein.
Un ruolo simile a quello di Relton lo ebbe Gordon Parry, promotore immobiliare viene arrestato in Spagna perché sospettato di aver riciclato 1 6 milioni di sterline. La condanna arriva nel 1992: 10 anni di prigione. Il nome di Parry tornerà a distanza di anni nei Panama Papers [...]
CAPITOLO 5: La maledizione di Brink’s Mat
Se i processi legati a Brink’s Mat coprono un decennio, la scia di sangue lasciata dalla «rapina del secolo» è molto più lunga. Il primo a farne le spese è Charlie Wilson, ritenuto uno dei membri della banda che il 26 novembre 1983 entrò nel deposito 7 dell’Heathrow International Trading Estate (la sua partecipazione non fu mai dimostrata). Nel 1990 un giovane si presenta nella sua casa di Marbella, suona il campanello, lo uccide e se ne va in sella a una bicicletta gialla. [...]
Tra fine anni Novanta e inizio Duemila, altre tre sparatorie vengono collegate a Brink’s Mat. Tra i morti eccellenti Brian Perry, già condannato a 10 anni per aver fatto da tramite fra i rapinatori di Brink’s Mat e i ricettatori; Nick Whiting, milionario, ex pilota da corsa e grande amico di Kenneth Noye ; Keith Hedley, un altro sodale di Noye, ucciso sul suo yacht attraccato a Corfù; e l’investigatore privato Daniel Morgan, trovato nel parcheggio di un pub con un’ascia conficcata nel cranio. La gran parte di questi omicidi non ha ancora un colpevole.
Chiude la scia di sangue John Palmer, salito nell’Olimpo dei criminali britannici grazie a una serie di truffe. I suoi soldi, «Goldfinger» li aveva investiti a Tenerife, creando un impero turistico e accumulando ricchezze: pare che la sua fortuna ammontasse a 400 milioni di sterline, un patrimonio simile a quello dell’allora Regina Elisabetta II. Il 24 giugno del 2015 «Goldfinger» viene trovato morto nel cortile della sua casa nell’Essex, ucciso da sei colpi d’arma da fuoco.
CAPITOLO 6: I Panama Papers e i Docklands
[...] I file ricostruiscono il metodo utilizzato per ripulire l’oro rubato. Dodici mesi dopo la rapina, una società di intermediazione finanziaria offshore del Jersey chiede a Mossack Fonseca di costituire una società panamense. In questo modo, utilizzando come tramite banche svizzere, del Liechtenstein e dell’Isola di Man, Parry trasferisce oltre 10 milioni di sterline da Panama ad altre società di copertura.
E dove finiscono i soldi? Secondo i Panama Papers, Parry usa i proventi della rapina per acquistare dei terreni nei Docklands di Londra, un college privato femminile nel Gloucestershire, una fattoria nel Kent per l’amante di Mickey McAvoy e una villa nel Kent per sé. Proprio il fruttuoso investimento nei Docklands, l’area sulle rive del Tamigi dove un tempo sorgeva il porto di Londra e oggi sorge il distretto finanziario di Canary Wharf, farà lievitare il bottino di Brink’s Mat.
protagonisti della rapina brink s mat
EPILOGO: L’oro sepolto e il «mito» di Brink’s Mat
Dei 6.840 lingotti rubati nel deposito della periferia londinese ne sono stati ritrovati soltanto 11, sotterrati nel giardino dei vicini di casa di Kenneth Noye. Molti altri sono stati fusi. Secondo l’Independent, però, soltanto metà dell’oro rubato 40 anni fa è stato reimmesso sul mercato: l’altra metà è semplicemente scomparsa, e per quello che se ne sa potrebbe essere ancora sepolta da qualche parte. [...]
john palmer goldfinger 1rapina brink s mat 2lingotti trovati rapina brink s mat
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