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LASCIATEMI QUI, CON L’AUGELLO AL VENTO - UN 34ENNE DI SERENO E’ RIMASTO PER DUE GIORNI COMPLETAMENTE NUDO IN VETTA ALLA GRIGNA MERIDIONALE, A 2184 METRI DI ALTEZZA - I SOCCORRITORI: “IN OSPEDALE NON CI VOLEVA ANDARE, VOLEVA RESTARE LÌ, NUDO, NON CI È RIMASTO CHE CHIAMARE I CARABINIERI…”
Barbara Gerosa per www.corriere.it
Quando l’elisoccorso lo ha raggiunto, dopo che la sua presenza era stata segnalata al 118 da alcuni alpinisti, ha cercato di dileguarsi. Fermo da un paio di giorni sotto la cresta Cermenati, vicino alle catene che portano in vetta alla Grigna Meridionale, a 2.184 metri di quota. Di essere aiutato non ne voleva sapere, nonostante si trovasse sulla parete rocciosa da più di 48 ore e fosse completamente nudo.
Ha dell’incredibile quanto accaduto giovedì sera su una delle più note montagne lecchesi. Un 34enne di Seregno è stato soccorso dopo aver vagato in tenuta adamitica tra i sentieri della Grignetta. Se si sia spogliato dopo essere arrivato quasi in cima o abbia raggiunto la vetta senza abiti non è dato sapere.
«Ho pensato fosse uno scherzo — spiega Giuseppe Rocchi, capostazione di Lecco del Soccorso Alpino —. Poi la conferma dell’equipaggio dell’elicottero. Non voleva scendere, allora abbiamo mandato una squadra con un medico. Uno dei miei uomini ha portato anche una delle nostre tute per coprirlo. Nel frattempo gli alpinisti presenti in zona lo hanno fermato e convinto a iniziare la discesa: era disidratato e debilitato. Lo abbiamo raggiunto dopo un paio di ore di cammino e accompagnato fino al rifugio Porta ai Piani Resinelli, dove lo attendeva l’ambulanza». Il brianzolo ha però detto no a qualsiasi aiuto. «In ospedale non ci voleva andare, voleva restare lì, nudo, non mi è rimasto che chiamare i carabinieri», racconta Rocchi.
I militari hanno identificato l’alpinista naturista e inoltrato la segnalazione, si sta valutando l’eventuale ipotesi di reato. L’uomo invece, dopo aver rifiutato le cure, ha trascorso la notte, vestito, al rifugio Porta. «Se ne è andato in mattinata. Stava bene. Non ha voluto spiegare le ragioni del suo comportamento», conferma il gestore. «Non lo si poteva portare via a forza e i medici non hanno ritenuto di sottoporlo a trattamento sanitario obbligatorio. Ci tengo a sottolineare che i miei uomini ancora una volta hanno rischiato la vita per l’imprudenza di chi va in montagna», allarga le braccia il capo della XIX delegazione lariana del Soccorso Alpino, Alberto Redaelli.
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